Musica di Gioachino Rossini
Libretto di Angelo Anelli revisionato da Gaetano Rossi
Mustafà Carlo Lepore
Elvira Enkeleda Kamani
Zulma Svetlina Stoyanova
Haly Giulio Mastrototaro
Lindoro Maxim Mironov
Isabella Gaëlle Arquez
Taddeo Roberto De Candia
Direttore Ottavio Dantone
Regia, scene e costumi Jean-Pierre Ponnelle
Ripresa della regia Grischa Asagaroff
Luci Marco Filibeck
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Produzione Teatro alla Scala
Presso il Teatro alla Scala prende vita un trittico buffo rossiniano, un autunno carico di comicità che inizia con la ripresa dell’Italiana in Algeri, diretta da Ottavio Dantone, nel paradigmatico allestimento di Jean-Pierre Ponnelle che ha avuto decine e decine di riprese dalla sera del 7 dicembre 1973. La nostra rivista ha dato ampio spazio alle 3 opere principali eseguite al Rossini Opera Festival 2021, dove siamo presenti dal 1995 ininterrottamente. Qui alla Scala possiamo godere di un festival rossiniano autunnale con tre gemme comiche, la ripresa di Italiana, il nuovissimo allestimento del Barbiere, e il Turco che ebbe una sola recita poco prima della pandemia in Italia.
Prima di parlare della performance di questa sera 13 settembre, vorremo trattare qualche aspetto sulle versioni de L’italiana in Algeri. Il titolo dell’articolo è stato scelto proprio per sottolineare che il librettista Angelo Anelli si ispirò ad un caso di cronaca dell’epoca: la milanese Antonietta Frapolli fu rapita nel 1805 e portata alla corte di Mustafà-ibn-Ibrahim, Bey d’Algeri. Una vicenda ben nota a tutti all’epoca che divenne opera di successo su musica di Luigi Mosca. Rossini conosceva direttamente la prima versione e ciò è testimoniato da citazioni di vari spunti tematici. Certo, la musica di Rossini è rivoluzionaria e travolgente rendendo la sua versione un capolavoro. L’opera di Rossini venne composta in brevissimo tempo, una ventina di giorni, per debuttare sul palcoscenico del Teatro San Benéto, San Benedetto, a pochi passi dalla Fenice. Ora il teatro trasformato in cinema multisala e supermercato (!) conserva dell’edificio solo le mura perimetrali. L’opera suscitò fanatismo ma Rossini curò ulteriori riprese fuori Venezia, mostrandosi sempre prodigo di cure e scrivendo musica nuova.
Per Vicenza pochi mesi dopo la prima del 22 maggio del 1813 scrisse per la sua amata Maria Marcolini l’aria “Cimentando i venti e l’onde” a sostituzione di “Cruda sorte” nel primo atto che non aveva suscitato unanimi consensi a Venezia. “Cimentando i venti e l’onde” si adattava meglio alle caratteristiche vocali della Marcolini e venne spesso cantata nelle performance ottocentesche. La Marcolini nel 1814 a Firenze sostituì ulteriormente l’aria con “Di tanti palpiti” di Tancredi.
L’opera fu ben accolta anche a Milano nel 1814 presso il piccolo Teatro Re, teatro privato che sorgeva pressappoco in uno degli isolati alle spalle della Galleria Vittorio Emanuele II verso piazza Duomo. Lindoro a Venezia cantava una breve cavatina nel secondo atto, probabilmente spuria: per Milano Rossini scrisse una ampia cavatina per Lindoro con clarinetto obbligato usando per la cabaletta una melodia che riutilizzò molte volte, un vero morceau favori. Oggigiorno viene perciò spesso eseguita “Concedi amor pietoso” in luogo della modesta “Oh come il cor di giubilo”. Interessante il lavoro di Rossini per rendere più raffinate le due cavatine di Isabella, entrambe mutate soprattutto nell’orchestrazione. “Per lui che adoro” ha un nuovo strumento obbligato non il violoncello di Venezia ma il flauto del Teatro Re. Queste due cavatine vengono dal 1814 eseguite in queste seconde versioni. A Napoli Rossini rappresentò L’italiana in Algeri presso il Teatro dei Fiorentini (ora squallida sala Bingo) che ospiterà a breve la bella Gazzetta. Per una questione politica, da poco era stato ucciso il napoleonico Gioachino Murat e i Borboni desideravano allontanare il più possibile nuovi moti rivoluzionari, “Pensa alla patria” di Isabella risultava fuori luogo in teatro così popolare. Rossini compose il politically correct “Sullo stil de’ viaggiatori” citando la fortunata sinfonia dell’opera.

Lo spettacolo della Scala è un classico che fin dagli anni ’70 è stato prodotto in tantissimi teatri. La regia, le scene e i costumi di Jean-Pierre Ponnelle sono senza tempo. La scena è unica per i due atti ma le aperture trilobate, la grande centrale e le 4 finestre, vengono di volta in volta chiusa da sipari diversi dando tanta varietà allo spettacolo. Le relazioni tra i personaggi sono studiate fin nei minimi particolari con un rispetto maniacale del libretto.
Mustafà cantato da Carlo Lepore è il protagonista maschile, che Rossini affidò alle cure di Filippo Galli, uno dei suoi cantanti feticcio. Lepore è uno specialista di questo ruolo e proprio nel 2003 all’Arcimboldi impersonò questo ruolo con la stessa regia. La sua sortita “Delle donne l’arroganza” è adorna dalle gustose e fragranti frasi che Lepore sa regalarci. Mirabile “Già d’insolito ardore nel petto” è una aria molto difficile ma Lepore, che la incise anche in un recital pianistico, sgrana ottimamente le infinite terzine. Altrettanto spassoso il Taddeo di Roberto de Candia anch’esso impegnato all’Arcimboldi nel 2003. Perennemente timoroso di essere impalato o di essere trasformato in un eunuco, De Candia ci propone un duetto con Isabella veramente teatrale, pieno di ammiccamenti sempre diversi “Ma quel Bey” dando realismo alla scena. Versatile nella sua aria con coro “Ho un gran peso sulla testa” molto dialogica con due personaggi, anche se loro non parlano. Nel giuramento dei Pappataci Lepore e De Candia fanno a gara a chi ha il sol acuto più brillante e sonoro con effetti comici.

Il Lindoro di Maxim Mironov, il grande tenore russo, è dotato di una voce morbida, gentile ed educatissima. Mironov è rotondo negli accenti in “Languir per una bella” nel primo atto. Rossini decise di non affidare nessun duetto alla coppia Isabella e Lindoro, sostituendo il duetto con una altra aria affidata ad un collaboratore. Purtroppo viene eseguita questa nelle produzioni con la regia di Ponelle: “Oh come il cor di giubilo” non è per niente facile sebbene sia in un unico movimento. Mironov riceve un caldo applauso anche dopo questa esibizione solistica. Certo da musicologi avremmo preferito che fosse reintegrata l’aria scritta proprio per Milano e completamente autografa “Concedi amor pietoso” che Mironov ha in repertorio e cantato mirabilmente a Pesaro nel 2006. Ascolteremo Mironov fra poco come Conte d’Almaviva nella prossima produzione scaligera e non mancherà di deliziarci con “Cessa di più resistere”. Ve ne daremo pronta notizia.

Haly è il divertente Giulio Mastrototaro che soprattutto al festival di Bad Wildbad ha impersonato quasi tutti i ruoli di basso buffo rossiniani. Haly personaggio secondario, diventa in bocca a Mastrototaro un vero protagonista, ben presente nell’introduzione e nel lungo finale primo. Le sue schermaglie con Taddeo infiorettano entrambi gli atti. “Le femmine d’Italia” viene cantato con eleganza e brio grazie alla sua calda voce da basso/baritono.
Delude l’Isabella della francese Gaëlle Arquez. Il canto è preciso, non c’è che dire ma manca una vera e proprio interpretazione. La coloratura dovrebbe essere a servizio dell’espressione ma in tutte e tre le arie si è limitata ad una lettura corretta. Elvira di Enkeleda Kamani doveva essere più incisiva nel concertato del finale I dove il suo canto è sovraesposto come soprano primo. Corretta la Zulma di Svetlina Stoyanova.
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Il direttore Ottavio Dantone, specialista di opera barocca, decide per una interpretazione leggera e ariosa della partitura restituita da Azio Corghi alla sua naturale vaporosità. Spesso le arie sono accompagnate dai soli archi con leggeri fiati di commento. Il corrispettivo serio, Tancredi, scritto poco prima, ha la stesso leggiadra poetica lontana dal fragore delle opere napoletane. Precisissima l’orchestra scaligera che segue dei tempi in alcuni casi leggermente più lenti della tradizione secondo noi per una precisa scelta del direttore. La sala del Piermarini risulta parecchio vuota sia per le assurde norme Covid: a Salisburgo il Festival è stato svolto col riempimento completo delle sale. Speriamo che presto queste norme vengano modificate e che i teatri italiani possano avere tutti i posti a disposizioni con grande vantaggio per prezzi di tutte le categorie. Promosso quindi il primo capitolo di questa trilogia buffa a Milano, appuntamento con Il Conte d’Almaviva ossia L’inutile precauzione.
Fabio Tranchida