Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria Piave

Ernani Francesco Meli
Don Carlo Luca Salsi
Don Ruy Ildar Abdrazakov
Elvira Ailyn Pérez
Giovanna Daria Chernyi
Don Riccardo Matteo Desole
Jago Alessandro Spina
Direttore  Ádám Fischer
Regia  Sven-Eric Bechtolf
Scene  Julian Crouch
Costumi Kevin Pollard
Luci Marco Filibeck
Video Designer Filippo Marta
Coreografia Lara Montanaro

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova Produzione del Teatro alla Scala

L’Ernani di Verdi mancava davvero da troppo tempo sul palcoscenico scaligero, essendo l’ultima produzione del 1982 con Muti sul podio e un quartetto di voci stellari. Si tratta di una opera degli anni di galera, i primi anni di successo di Verdi quando era obbligato a scrivere con una certa celerità per accontentare i teatri di tutta la penisola. Francesco Maria Piave era l’ubbidiente librettista che fin da questa prima collaborazione doveva chinare la testa e seguire strettamente le condizioni del compositore molto attento alla drammaturgia e al taglio del libretto. Abbiamo alcune lettere tra i due nel periodo di scrittura del libretto e spiegano che Verdi volevo pochissimo recitativo prima dei pezzi musicali e vietava il rondò finale alla protagonista per terminare con un modernissimo e concentrato terzetto.La tensione dell’opera è sempre ai massimi livelli e i numerosi pezzi d’assieme concatenati fra loro rispecchiano i conflitti dei tre uomini che amano la stessa donna, Elvira.
La lunga attesa per un nuovo Ernani alla Scala è finalmente giunta la termine e ne diamo conto analizzando la seconda recita: positivo il giudizio sulle 4 voci e alcune perplessità sulla regia.
Sven-Eric Bechtolf è un regista che gioca con lo spettatore infatti durante il preludio tutti i cantanti in abiti dell’800 entrano in un teatro dalle quinte vuote e si preparano alla recita. All’inizio di ogni atto vediamo la scena completarsi lentamente mentre gli attori sono ancora intenti a sistemarsi e truccarsi. Questo gioco metateatrale che può piacere all’inizio diventa col procedere dell’opera un poco stucchevole e inoltre abbassa non poco la temperatura drammatica. Il modo di porsi del regista sarebbe stato più appropriato se riferito ad una opera comica o di mezzocarattere e non seria e tragica come Ernani.

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Francesco Meli è un protagonista particolarmente adatto alla parte grazie ad uno squillo sonoro e rotondo, alla bellezza di una voce virile, capace di ampie cavate. Non teme di allargare le frasi per aumentare la tensione drammatica e ci dona acuti dalla lunghissima durata come esemplato in “Come rugiada al cespite” e nella baldanzosa cabaletta “O tu che l’alma adora”. Una generosità premiata dal pubblico con numerosi applausi.
Ildar Abdrazakov è un formidabile basso che descrive con la giusta severità l’anziano Don Ruy che non si fa scrupoli nel distruggere la felicità di Ernani e Elvira novelli sposi.
“Infelice! e tuo credevi” viene cantata con la giusta sofferenza che si tramuta in brama di vendetta nella cabaletta aggiunta “Infin che un brando vincide” composta inizialmente per una ripresa di Oberto conte di San Bonifiacio. Ildar Abdrazakov ha una voce particolarmente ampia capace delle discese più gravi. Virulente le parole “Dov’è l’ispano onore, spergiuro mentitore” che vengono proferite al termine dell’opera: tutto gioca sul concetto cavalleresco dell’onore spagnolo. Il costume troppo colorato e appesantito sminuiva in parte l’austerità del personaggio così ben trattata nella voce.
Luca Salsi impegnato in questi giorni anche nel Macbeth di Parma si ascolta sempre con piacere grazie ad un timbro ricco di colore ed ad un volume davvero eccezionale. La caratura di questo baritono lo rendono adattissimo ai ruoli verdiano (ma vorremmo sentirlo anche nei ruoli donizettiani come Israele (Marin Faliero), Torquato Tasso, Cardenio, Don Pedro (Maria Padilla contemporanea di Ernani) e molti altri. Bellissima la scena che apre il terzo atto ad Aquisgrana con un recitativo molto teso per poi distendersi nel cantabile “Oh de’ verd’anni miei” dove la voce di Salsi a modo di esprimere la ricchezza e introspezione del brano. Donizettiana è anche la cabaletta “Vieni meco, sol di rose” che giustamente il cantante stacca con un tempo molto moderato pieno di passione vera.

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Ailyn Pérez, soprano messicano debutta in questa occasione proprio in questo difficile ruolo che risolve con grande abilità.  Tutti l’aspettavamo al varco dell’aria “Ernani!Ernani, involami!” cantata con notevole coinvolgimento grazie una voce con la giusta scurezza, con due ottave perfettamente controllate. Segue poco dopo “Tutto sprezzo che d’Ernani” con un piglio ritmico notevole e buona intensità. Concentrata la frase “Ogni cor serba un mistero” nella scena prima del duetto con Carlo, dove Ailyn Pérez mostra di conoscere a fondo il personaggio di Elvira combattuta tra sentimenti contrastanti. Verdi non volle scrivere l’aria finale per la cantante Loewe (già prima Maria Padilla dove figura appunto una scena tutta dedicata a lei) ma fa comunque cantare il soprano nell’ampio terzetto finale, dove Ailyn Pérez cerca inutilmente di intercedere per Ernani. Non abbiamo affatto capito le contestazioni alla prima recita in quanto la cantante ha svolto con precisione e intensità la parte.
Tra i comprimari notevole Don Riccardo interpretato da Matteo Desole con un ghigno sempre perfido e il giusto accento. Ádám Fischer dirige con i giusti tempi incalzanti in una partitura spesso ancora poco raffinata nella orchestrazione. I ritmi spesso baldanzosi e spagnoleggianti sono ben espressi da una sonora orchestra che fa fluire il sangue e la linfa vitale in questa musica. Coro ben preparato che ha gran parte nella riuscita dell’opera, negli episodi ad esso riservati e nei concertati. Perfetto “Si ridesti il Leon di Castiglia” che ai veneziani suonava come Leon di San Marco. Nel 1848 a Napoli si sarebbe invece riferito l’inno a Ferdinando II e si pubblicò come Inno nazionale – La Patria. Rispetto la prima le due ballerine di can can hanno ridotto la loro parte eliminando l’episodio burlesco nel cambio scena tra terzo e quarto atto insopportabile per una tragedia verdiana.
In complesso un Ernani da vedere e rivedere e sopratutto da ascoltare con attenzione.

Fabio Tranchida