Opera in quattro atti di Alphonse Royer e Gustave Vaëz
venerdì 20 ottobre 2017
Musica
GIUSEPPE VERDI
Edizione critica a cura di Jürgen Selk
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano
Personaggi | Interpreti |
Gaston, Vicomte de Béarn | RAMON VARGAS |
Le comte de Toulouse | PABLO GÁLVEZ |
Roger, son frère | MIRCO PALAZZI |
Hélène, fille du comte | SILVIA DALLA BENETTA |
Isaure, confidante d’Hélène | VALENTINA BOI |
Adhémar de Monteil, Légat | DEYAN VATCHKOV |
L’émir de Ramla | MASSIMILIANO CATELLANI |
Maestro concertatore e direttore DANIELE CALLEGARI
Regia, Scene, Costumi HUGO DE ANA
Projection Designer Ideogamma srl – SERGIO METALLI
Coreografie LEDA LOJODICE
Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con Opéra de Monte-Carlo
Sia Rossini che Donizetti affrontarono il palcoscenico dell’Opéra di Parigi inizialmente rimaneggiando lavori precedenti, come nel caso de Le siège de Corinthe e Moïse per Rossini, e Les Martyrs per il bergamasco. Allo stesso modo Verdi riutilizza gran parte de I Lombardi alla prima crociata con un lavoro certosino per apparire al pubblico parigino nella maniera più raffinata possibile. Ogni brano viene rielaborato e ri-orchestrato con la massima attenzione, la trama viene modificata quasi in ogni punto eliminando il complicato intreccio italiano ispirato ad una famoso poema di Tommaso Grossi, ignoto in Francia. Più di un’ora di musica è composta completamente ex novo tra cui la famosa scena della Degradazione di Gaston per far figurare al meglio il tenore Gilbert Duprez e i 30 minuti di balletto, primo tentativo di scrivere musica da ballo con risultati alquanto discreti che verranno migliorati mano a mano fino ai ballabili dell’Otello.
L’opera nel complesso è quindi abbastanza indipendente dall’omologa scaligera, un’opera che tenta in tutti i modi di rendersi internazionale. Il raffinato preludio che mischia un coro della degradazione con il famoso terzetto del IV atto, il duettino che segue davvero una piccola gemma, l’Ave Maria ( già eccellente nella prima versione) e il levar del sole creano un blocco originalissimo all’inizio del primo atto. La figura tenorile a Parigi è unica e affidata a Duprez, mentre a Milano era spartita tra Arvino e Oronte senza che nessuno di loro diventasse un personaggio completo ma solo abbozzato. Adesso Gaston canta dall’inizio alla fine con gran vantaggio per la parte. Molti i personaggi minori che sviluppano la vicenda e tra questi il Legato pontificio e il padre di Hélène un misto di sacralità e ottusità in questi due ruoli monodirezionali non omaggiati da arie ma ben inseriti nell’azione drammatica.
Il tenore messicano Ramon Vargas affronta con particolare piglio la parte sovraesposta di Gaston: nel secondo atto è bellissimo il fraseggio dell’aria “Je veux encor entendre” dove spicca una cadenza tutta pensata e elargita con penetrati acuti. Dolce il duetto con il soprano e molto intensa la scena della Degrazione, più volte nominata, dove convergono tutte le forze nella violenta cabaletta “Frappez bourreaux!” che con coro e pertichini, scena che diventa un’ottimo e drammatico finale terzo.
Interessante la prova di Silvia Della Benetta ascoltata qui a Parma due anni fa ne Il Corsaro. Difficile per un soprano esordire nel primo atto con l’Ave Maria tutta giocata in pianissimo: Silvia Della Benetta riesce perfettamente a cantare in mezzavoce in una preghiera intima e eterea. Squillo ben presente nella “polacca” del secondo atto “Quelle ivresse” dove vengono ben sottolineati tutti i sincopati per aumentare l’eccitazione febbrile. Il registro centrale ben calibrato del soprano le permettono di affrontare anche l’ultimo scoglio “Non… votre rage” dove ha importanza il declamato drammatico.
Roger il terzo protagonista è impersonato del bravo basso Mirco Palazzi che sostituisce in questa ultima recita il parmense Michele Pertusi. Mirco Palazzi nonostante qualche difficoltà nella cabaletta di Roger “Ah! Viens! Démon! Esprit du mal!” disegna un credibile Roger sulla via ell’espiazione. Molto intensa la prima scena del secondo atto con il lungo recitativo “Grâce! mon Dieu!” e l’aria più intima “Ô jour fatal!”. La voce è morbida e capace di discese verso le regioni più profonde senza alcuna difficoltà come nella precedente frase “Chercons un bras qui serve ma colèere” detta con la massima malignità prima di uscire di scena. Molto autorevole il basso profondo Deyan Vatchkov nei panni del Legato pontificio dalla voce ampia e dal physique du rôle adatto ad un ruolo di tale potere. Altrettanto credibile il padre di Hélène, le comte de Toulouse, Pablo Gálvez un baritono pieno di risorse.
Fondamentale per la riuscita dello spettacolo la presenza di Hugo De Ana che firma come suo solito regia, scena e costumi. Il primo atto è tutto giocato con proiezioni di vetrate medievali e oggetti preziosi che parzialmente illuminano la notte d’amore tra Gaston e Hélène. Gli altri tre atti sono ambientati in un oriente suggestivo che mischia le pareti altissime e rocciose di Petra, in Giordania, ai campi di battaglia nel deserto: cade dall’alto infatti in due riprese la sabbia che raggiunge quasi le prime file di platea. Preziosi i costumi, tutti lavorati con molta attenzione da quelli occidentali nel primo atto, a quelli orientali negli altri atti, dalle armature dell’esercito crociato fino ai fantastici colori dei costumi dell’Emiro e dei suoi sudditi. Il balletto sembra assorbire la tradizione turca con i famosi dervisci rotanti e le giovani ballerine in una danza comune che lascia poco spazzi agli assoli. Leda Lojodice in un mese ha preparato 30 minuti di balletto con notevole varietà di movimenti tra cui quelli originali con tre lunghi bastoni a imitare la caccia con l’arco nelle fasi finali del balletto.
Coro e orchestra in stato di grazia; il coro ha molti momenti solenni in cui è protagonista tra cui la versione francese dell’immortale “O Signore dal natio” e il coro altrettanto solenne “Jérusalem” nell’ultimo atto: Martino Faggiani ci regala un coro compatto, sonoro e capace di esprimere i sentimenti di un popolo. L’orchestra viene diretta da Daniele Callegari, maestro nel tenere insieme i complessi concertati del primo atto e rispettoso delle voci nelle importanti arie della partitura.
Un pieno successo per il Festival Verdi aver inaugurato con questa opera della durata di più di tre ore di musica, secondo l’edizione critica che ha fatto rispettare la giusta orchestrazione originale e alcuni brani dei ballabili spesso omessi. Grande successo di pubblico che ha esaurito la sala per tutte 4 le recite.
Fabio Tranchida