Mitridate Michael Spyres
Aspasia  Vlada Borovko
Sifare  Salome Jicia
Farnace Bejun Mehta
Ismene Lucy Crowe
Marzio Andrew Tortise
Arbate Jennifer Davis
Regia Graham Vick
Scenografie Paul Brown
Luci Nick Chelton
Coreografie Ron Howell
Concert Master Vasko Vassilev
Direttore Christophe Rousset
Orchestra della Royal Opera House

Mozart intraprese il primo viaggio in Italia a 14 anni, nel 1770, tornandoci poi per i due anni successivi. La città che più gli rimase nel cuore fu certo Milano, che lo accolse nel primo viaggio, nel convento degli agostiniani di San Marco. Fu proprio qui che il ragazzo compose gran parte del Mitridate re di Ponto, la sua prima opera milanese, suonando anche l’organo che tuttora troneggia nella chiesa.

Il libretto di Vittorio Amedeo Cigna-Santi deriva dalla traduzione che l’abate Parini (peraltro futuro autore del libretto dell’Ascanio in Alba) fece del dramma Mithridate di Jean Racine. Mozart fu attentissimo a diversificare il più possibile la successione delle arie scegliendo ritmi, tonalità e strumenti concertanti molto variegati: possediamo ben cinque arie nella prima versione che furono poi riscritte (caso unico in tutta la letteratura mozartiana) e anche il duetto che chiude il secondo atto esiste in due forme differenti. Ciò ci permette di capire quale lavoro da perfezionista fu fatto dal quattordicenne Mozart, che conosceva bene le potenzialità di carriera che gli offriva il Teatro Regio Ducale di Milano, allora importante città asburgica. Il successo del Mitridate gli garantirà in effetti due ulteriori commissioni, nel 1771 il già citato Ascanio in Alba e nel 1972 il capolavoro Lucio Silla. In seguito le porte dell’Italia si chiusero per Mozart che, all’età di 16 anni, lasciò il Bel Paese per sempre.

Bagaglio importante della sua esperienza italiana fu senza dubbio il lavoro sulle voci. Nel primo cast del Mitridate ebbe a che fare con ben tre castrati: due soprani (il Sifare di Pietro Benedetti e l’Arbace di Pietro Muschietti) e un importante contralto (Carlo Cicognani come Farnace). Quest’ultimo fu così entusiasta del duetto del secondo atto da chiosare che, se esso non fosse piaciuto, si sarebbe fatto castrare una seconda volta! Ci sembra giusto quindi iniziare il nostro resoconto dell’allestimento londinese dal cast vocale, dimostratosi di alto livello nonostante l’indisposizione del soprano Albina Shagimuratova.

La sua sostituta, Vlada Borovko, ha mostrato alcune incertezze nei recitativi ma, sorprendentemente, le arie ci hanno rivelato un’interprete che ha piena consapevolezza della sua voce, non ampia ma efficace nelle complesse colorature (con variazioni e riprese degne della Regina della Notte). Nel secondo atto l’aria “Nel grave tormento” insisteva ad esempio in insidiosi picchiettati molto ben risolti dalla Borovko.

Ottimo successo anche per l’Ismene di Lucy Crowe, in abiti indiani e dalle movenze orientaleggianti: voce estremamente duttile capace senza alcuno sforzo di sviluppare l’insidiosa scrittura mozartiana.

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Fondamentale per il successo dell’opera è tuttavia Michael Spyres, protagonista nella seconda parte del primo atto con la vertiginosa “Se di lauri il crine adorno”, inaccessibile alla maggior parte degli interpreti per le salite e le repentine discese. Notevole anche la ripresa in pianissimo con un effetto di grande intensità. Il tenore americano è insomma un Mitridate autorevole, sicuro in tutta la sua ampissima estensione vocale, pieno di energia e saldo nel dominare la situazione politica e familiare.

Grande competenza anche per Salome Jicia, protagonista l’anno scorso ne La donna del lago al Rossini Opera Festival e qui impegnata nel ruolo di Sifare, che fu originariamente del sopranista “star” del cast. La voce è limpida, chiara e l’emissione del tutto priva di sforzo, ma le armi in più di questa cantante sono il fraseggio ben spiccato, la facilità in acuto e l’ottima mimica. Ne sia esempio l’aria del secondo atto, con una cadenza in dialogo con il corno solista di estrema difficoltà.

Anche il comandante delle truppe di Ponto, Arbace, è interpretato en travesti dall’intonata e precisa Jennifer Davis.

Dei tre castrati della prima assoluta rimane dunque come controtenore il solo Farnace di Bejun Mehta, specialista in questi ruoli ma non del tutto convincente. Il timbro è bello e interessante, sopratutto per l’ambiguità insita nella voce controtenorile, ma nell’ultima, lunghissima aria nel terzo atto “Già dagli occhi il velo è tolto” l’intonazione va incrinandosi, indebolendo una linea di canto che avrebbe dovuto essere più ferma. Ci ha sorpreso invece la cadenza dell’aria “Va, l’error mio palese”, con un effetto comico di imitazione del pianto. Il controtenore ha in ogni caso trovato molto consenso tra il pubblico. Bejun Mehta è impegnato in questi giorni a Milano nel ruolo di Tamerlano nell’omonima opera di Händel.

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Chiude il cast il Marzio di Andrew Tortise, capo delle truppe romane, impegnato in una singola aria ma non priva di difficoltà, in particolare per gli attacchi delle frasi in acuto. Prova ampiamente superata, con una caratterizzazione grottesca senza dubbio ricercata e voluta anche dal regista.

Veniamo così a Graham Vick, che ha firmato nel 1991 questo immaginifico allestimento arrivato alla sua seconda ripresa. I protagonisti maschili indossano enormi gonne decorate e armature in stile giapponese mentre le donne hanno costumi molto ricercati anche se meno spettacolari. Dominano la scena i fondali rosso vivo che aprendosi e chiudendosi creano spazi sempre diversi. Pochi elementi ma ben giocati danno così vita ad uno spettacolo sontuoso ed elegante, sempre comprensibile nella drammaturgia.

I recitativi un poco scorciati sono accompagnati al cembalo dal direttore Christophe Rousset che conosce bene l’opera avendola incisa anni fa. Ci siamo stupiti dell’ampiezza dell’orchestra, con molti archi (che hanno scandito tutta l’opera con figurazioni rapide e definite) e addirittura quattro corni, ma ancor di più ci siamo stupiti dell’assenza dei clarinetti, strumenti molto amati da Mozart ma evidentemente non presenti alla prima milanese.

Concludiamo quindi con un generale plauso per questo spettacolo che ci ha sorpreso per una musica genuina e immacolata, per degli interpreti tutti di alto livello e per le scene e i costumi di notevole inventiva.

 

La recensione si riferisce alla recita del 29 Giugno 2017.

Fabio Tranchida