Conte Bandiera Patrick Kabongo
Contessa Bandiera Francesca Longari
Blasio Benjamin Cho
Ernestina Eleonora Bellocci
Lumaca Qianming Dou
Carlotta Ana Pitts
Il Tenente Manuel Amati

Direttore Giovanni Battista Rigon
Regia Italo Nunziata
Orchestra I Virtuosi Italiani di Verona
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Disegno luci Marco Giusti

 

Domenica 20 Novembre abbiamo assistito presso il Teatro Marrucino di Chieti all’unica recita programmata de “La scuola de’ gelosi”, dramma giocoso in due atti di Caterino Mazzolà musicato da Antonio Salieri. L’opera fu rappresentata per la prima volta il 27 dicembre 1778 per la stagione di carnevale del Teatro San Moisè di Venezia, teatro dedito alla rappresentazione di opere buffe, ottenendo uno straordinario successo che si riflettè nelle almeno altre 50 rappresentazioni  in altre città italiane ed in Europa (Vienna, Parigi, Londra,ectc.) fino alla fine del ‘700. L’opera scomparve poi dai palcoscenici ed è stata riproposta solo ora per la prima volta in tempi moderni grazie ad una coproduzione tra la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, il Teatro Ristori di Verona, la Deputazione Teatrale Teatro Marrucino e la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino, su iniziativa della Fondazione Antonio Salieri di Legnago e l’adesione della Fondazione Teatri delle Dolomiti di Belluno. La realizzazione musicale invece è stata affidata all’orchestra I Virtuosi Italiani e ai cantanti allievi dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino.

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La trama è semplicissima, a metà quasi fra un Falstaff ed un Barbiere di Siviglia: un marito oltremodo geloso senza motivo (Blasio), vuole rinchiudere in casa sotto lucchetto la moglie (Ernestina), la quale, stanca dei continui sospetti e dei vacui timori del marito, decide di fargliela pagare. Spettatori delle zuffe fra i due sono i due servi Lumaca e Carlotta, la quale ha preso licenza per andare a servire la Contessa di Bandiera. Quest’ultima lamenta l’incostanza del marito, dal quale si sente trascurata. Il marito (il Conte di Bandiera) è invece stufo della solita vita famigliare ed è alla ricerca di nuove avventure sentimentali; in confidenza con l’arguto Tenente, un mix fra Don Alfonso del Così fan tutte ed Figaro del Barbiere di Siviglia, dichiara di voler conquistare la moglie di geloso: Ernestina. Grazie ad uno sciogli lucchetto Ernestina esce di casa col Conte di nascosto dal marito, il quale, venuto a sapere del fatto, corre travestito da moro a spiare i due, ignari appunto della sua presenza; idem fa la Contessa travestita da astrologa. Venuti tutti allo scoperto scoppia l’ira di Blasio e della Contessa, mentre Ernestina e il Conte se la ridono. Placatisi gli animi, il Conte e la Contessa decidono di fare coppia aperta. Sotto consiglio del Tenente la Contessa invita Ernestina a palazzo per controllare il marito. Intanto Blasio si fa convincere dal Tenente a simulare amore per una certa Lisetta e a lasciare che la moglie sia libera col Conte onde si provochi l’ira d’Ernestina giacché “Indifferenza, se volete che v’ami necessario è il mostrar”. Il piano ha l’effetto sperato: Ernestina inizia a vacillare e quando Blasio fa preparare la carrozza vuole seguirlo ed il Conte mette a disposizione la sua per starle ancora stretto. In un bosco le due coppie si ritrovano: Ernestina cerca il marito per dichiarargli il suo amore, Blasio si finge l’eco del bosco, il Conte seppure attratto da Ernestina è ingelosito perché pare che la Contessa si sia innamorata del Tenente. L’intreccio si scoglie con l’arrivo di Carlotta e del Tenente che dichiarano che l’indifferenza e le cotte fossero solo degli espedienti per mettere alla prova i consorti. I mariti possono allora tornare con le rispettive mogli. Morale: “Ah non v’è piacer perfetto più di quello di due sposi, se gli stringe un dolce affetto, non incerta fedeltà”.

Realizzato dunque dagli allievi dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino, lo spettacolo è stato una specie di recita accademica con alcuni pregi e sicuramente qualche difetto da parte del cast, ma dopotutto “son giovani, si faranno”. Spicca sul versante maschile la prestazione del baritono sudcoreano Byongick Cho: la voce è molto bella e ben emessa in un ruolo forse un pochino grave che tuttavia gli permette di sfoggiare alcuni acuti decisamente buoni, la pronuncia è ottima e naturale e sul palcoscenico si muove con brio e spigliatezza. Non tanto si può dire per  l’altro baritono cinese nei panni di Lumaca Qianming Dou, il quale né brilla per pronuncia, né per voce con inizio fioco e quasi afono. Nel corso della recitata ha potuto mettere al fuoco il suo strumento anche se si sospetta una certa angolatura. Buona presenza in palcoscenico. Meglio nella pronuncia ma molto macchinosa il congolese Patrick Kabongo nei panni del Conte di Bandiera: si muove bene, forse con lieve legnosità, ma la voce è piccola e gli acuti suonano indietro. Anche la voce dell’altro tenore Manuel Amati che rivestiva i panni del Tenente è abbastanza piccola: certo gustosa e piacevole nei recitativi, ma chiaramente coperta nelle arie nonostante un’orchestra da camera a sostenerla. Bella, fresca e spontanea la sua recitazione. Sul versante femminile è particolarmente lodabile la prova di Ana Victoria Pitts nei panni della serva Carlotta: la voce è matura e calda, forse con qualche centro un poco gonfiato artificialmente, ed è buona attrice. Francesca Longari era la Contessa Bandiera e la sua prova è stata inficiata da un iniziale vibrato prepotente, difetto che nel corso della recita è progressivamente quasi scomparso. Spettavano a lei probabilmente le arie più difficili dell’opera, quelle di matrice tragica, che, seppure risolte senza infamia e senza lode, hanno reso evidenti alcuni difetti (lacune nel registro di petto che risulta tutto ingolato e durezza sulle note di passaggio). Elenora Bellocci era Ernestina. Un comunicato ha informato il pubblico ad inizio spettacolo della sua indisposizione. Il parere sarà dunque approssimativo: voce gentile e graziosa, solo a tratti tendente al pigolio; molto spigliata sul palcoscenico.  Maestro concertatore e direttore, Giovanni Battista Rigon, il quale, oltre ad accompagnare i recitativi al piano, ha esaltato in modo piacevole il fuoco e la vivacità dell’opera, ma riuscendo allo stesso tempo ad evidenziarne i tratti più languidi e malinconici. La regia, affidata a Italo Nunziata, era semplice e funzionale; le scenografia era di Andrea Belli ed è parsa forse un po’ spoglia con tre pannelli movibili che parevano quei libri per bambini con immagini tridimensionale; belli i costumi di Valeria Donata Bettella, in particolare per il colore delle stoffe utilizzate. Grandi applausi hanno accolto i cantanti ed il direttore; il teatro risultava mezzo pieno (forse o per la rarità dell’opera o per la contemporanea rappresentazione di Aida a Sulmona).

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L’opera è risultata una bellissima scoperta e spiccano sicuramente gli interessanti concertati di fine atto, in particolare il secondo a metà fra il melanconico ed il gaio, il quintetto del secondo atto che pare quasi anticipare i concerti del Rossini buffo e l’aria “Ah sia già de’ miei sospiri” della Contessa, che può competere per bellezza e per difficoltà con le migliori arie da concerto per soprano di Mozart, che forse aveva nelle orecchie quest’opera: alcuni battute parevano ricordare momenti di sue opere degli anni ‘80 ’90, ipotesi in un certo senso avallata anche dal direttore d’orchestra, il quale accompagnando i recitativi al pianoforte ha citato alcuni momenti mozartiani.

Questa produzione potrà essere ancora vista tra fine novembre e marzo a Belluno, Verona, Jesi ed infine Firenze; un’altra e nuova produzione sarà invece realizzata fra maggio e giugno dal Theater an der Wien di Vienna.

 

Gianmarco Rossi

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