M. Mussorgsky: Quadri di un’esposizione
Pianista: Mikhaïl Rudy 

M. Mussorgsky: Una notte sul Monte Calvo (orchestrazione Rimsky-Korsakov)
M. Mussorgsky: Quadri di un’esposizione (orchestrazione Ravel)

Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Jader Bignamini

A Milano arrivano i venti freddi del Nord, ed anche all’Auditorium in largo Mahler si respira aria di Russia. Protagonista assoluto è Modest Mussorgsky, uomo dal talento (melodico) smisurato, eguagliato soltanto dalla trascuratezza della sua condotta di vita nonché della tecnica compositiva. Inevitabile dunque avere dei co-protagonisti: da una parte Rimsky-Korsakov e Ravel, che hanno ripreso in mano le sue due opere oggi più celebri riorganizzandole e riorchestrandole, dall’altra la grande sorpresa della serata: un film d’animazione che recupera l’accompagnamento teatrale che Kandisky preparò per i Quadri di un’esposizione nel 1928.

V. Kandinsky, Quadri di un'esposizione
Il progetto di Kandinsky

La picciola presentazione spero abbia reso l’idea della quantità di intrecci musicali e non che la serata ha offerto ad un pubblico straordinariamente numeroso e caloroso. Per prima cosa è stata presentata la versione originale dei Quadri di un’esposizione, composta da Mussorgsky per pianoforte nel 1874 in omaggio al defunto amico Hartmann, autore dei “quadri” da cui la composizione trae ispirazione. Non conosciamo la qualità di questi quadri, ma conosciamo la qualità della musica che ne è scaturita. La versione originale per il solo pianoforte ci restituisce inoltre con vividezza le particolarità armoniche e le spigolature caratteristiche che l’orchestrazione tende a coprire. Citiamo come primo esempio l’armonia de il vecchio castello, con la mano sinistra impegnata in una serie di quinte vuote arcaizzanti che accompagnano una melodia nobile e solitaria, distante, fino al suo spezzarsi nel finale. Ancor più interessante è tuttavia la presenza di un elemento strutturale piuttosto atipico: la settima diminuita. Questo accordo, costituito da 3 intervalli identici di terza minore, è noto per essere funzionale alle modulazioni (ogni suo rivolto è una settima diminuita su altre fondamentali) e alla risoluzione sulla dominante. Qui invece (con una intuizione d’avanguardia) esso è utilizzato addirittura come colonna portante dell’accompagnamento armonico (soprattutto in Gnomus, Bydlo e Baba Yaga) per generare atmosfere metamorfiche ed esotiche, sempre instabili (ed infatti ritroviamo la settima diminuita nella scena dell’incoronazione del Boris Godunov, presaga di sventure). Collocando questa operazione artistica nel suo contesto possiamo forse comprenderla ulteriormente: Mussorgsky (col “Gruppo dei Cinque”), così come Hartmann, erano ossessionati dalla necessità di distinguere l’arte russa dalla tradizione europea. Discorso analogo è quello che permea l’impostazione teorica di altro grande russo, Vassily Kandinsky, che tradurrà l’opposizione come esigenza di ritrovare lo “spirituale” nell’arte. Alle angolosità del pianismo di Mussorgsky corrisponderanno quindi i sistemi astratti di punti-linee-superfici, proiettati per l’occasione sul palco dell’Auditorium. Grande merito per la rinascita di questa sintesi va a Mikhaïl Rudy, che ha supervisionato la ri-creazione del progetto teatrale di Kandisky in un film d’animazione, eseguendo poi con (quasi) perfetta sincronia la partitura. L’interpretazione pianistica fa poi da “ponte” fra i due mondi paralleli, forzando gli staccati ed evitando i legati per leggere Mussorgsky  più espressionisticamente (quasi con in testa Schönberg, amico fra l’altro di Kandisnky) che romanticamente. Il misto di suite e variazioni si traduce in un dramma dai protagonisti astratti ed elementari (cerchi, quadrati, rettangoli, blu, rosso, nero, bianco). Il cerchio perfetto, rosso, apre e chiude la sequenza, variato nel corso delle promenades in tutte le declinazioni geometriche e cromatiche possibili. Dapprima si muta in quadrato, poi è fatto prigioniero nel rettangolo-torre fino ad essere invaso dall’orologio-freccia, infine trionfa come sole-luna nel finale della Grande Porte de Kiev, come la melodia delle promenades si trasfigura in gloria. Pochi semplici tratti che capitalizzano la tradizione iconica e spirituale della Russia, così come la sua anima sregolata e indomabile.

Modest Mussorgsky
Modest Mussorgsky

La seconda parte della serata ci riproporrà i Quadri, questa volta nell’orchestrazione di Ravel, ma prima, come a sandwich fra le due versioni, viene eseguito il poema sinfonico Una notte sul Monte Calvo. Anche in questo caso, come noto, l’orchestrazione non è dell’autore, ma è stata completata dopo la morte di Mussorgsky dal fedele Rimsky-Korsakov. La gestazione di questa composizione è curiosa: dapprima fu concepita per quello che era il primario interesse di Mussorgsky, l’opera, come incubo di Gritzko, protagonista dell’opera comica La fiera di Sorochintsy. Il materiale musicale è stato poi riadattato in svariate forme arrivando all’autonomia della musica di scena prima e del poema sinfonico poi. Dell’incubo originario rimane l’atmosfera da Sabbath e lo scioglimento della tregenda in un’alba risanatrice e pacificante, mentre vengono camuffati gli elementi più comici. Sarebbe stato interessante proporre durante la serata il paragone con la versione originale anche di questa composizione. Possiamo sopperire noi evidenziando come l’intervento di Rimsky-Korsakov non abbia soltanto arricchito orchestralmente il materiale lasciato da Mussorgsky ma l’abbia anche strutturalmente riorganizzato in una forma più “sinfonica” e tradizionale (con la simmetria di esposizione-sviluppo-ripresa e coda). Concludiamo quindi come abbiamo iniziato, tornando ai Quadri, ma portandoci dietro la questione dell’orchestrazione che abbiamo appena visto. La versione di Ravel (allievo peraltro proprio di Rimsky-Korsakov) è indubbiamente di enorme valore e genio per la capacità di ricalcare le linee pianistiche ed interpretare i timbri impliciti. In qualche modo, facendosi ancora stimolare dalla sovrapposizione con Kandinsky, è come se Ravel si impegnasse a dar corpo e figura alle forme essenziali di Mussorgsky. Se in alcuni casi il sostegno orchestrale rende il brano addirittura superfluo (la quinta promenade tagliata), in altri esso è assolutamente necessario, come per il gran finale in cui il pianoforte solitario risultava impotente a reggere il crescendo drammatico. Nel processo è come se dalle impressioni interiori, spirituali, si tornasse verso il quadro figurativo che le ha ispirate. Certamente il prezzo da pagare è ancora una volta l’ammorbidimento del radicalismo di Mussorgsky, l’integrazione nella tradizione europea del poema sinfonico “a programma”, ed in alcuni casi la banalizzazione. Non è totalmente esente da questo difetto la lettura del direttore Jader Bignamini, bravissimo a compattare il suono dell’orchestra nei “tutti” sfruttando così alla massima potenza l’effettistica roboante di Ravel, ma perdendo così il polso sul discorso musicale sottostante. Dall’analisi soprastante dovrebbe essere chiaro che questa scelta paga soprattutto per Una notte sul Monte Calvo (più vicino all’idea occidentale di poema sinfonico), mentre ne risulta sacrificata la profondità dei Quadri di un’esposizione. D’altro canto il pubblico ha apprezzato molto la brillantezza e saturazione sonora, e questa resta pur sempre la cosa più importante. Una menzione al merito infine per Massimiliano Crepaldi, che ha eseguito l’assolo di flauto nella Notte sul Monte Calvo.

Fachiro da Antib e Alberto Luchetti

LINK: ripresa di una performance di Rudy con la proiezione alle spalle
LINK: partitura di Quadri di un’esposizione
LINK: partitura di Una notte sul Monte Calvo