Johann Sebastian Bach
Passione secondo Giovanni per soli, coro e orchestra BWV 245

Sopranista: Paolo Lopez
Contraltista: David Hansen
Tenore (Arie): Randall Bills
Tenore (Evangelista): Makoto Sakurada
Basso (Arie): Christian Senn
Basso (Gesù): Thomas Tatzl

Orchestra Sinfonica e coro di Milano Giuseppe Verdi
Direttore Ruben Jais
Maestro del coro: Erina Gambarini 


La prima esecuzione della Passione secondo Giovanni di Johann Sebastian Bach avvenne nella chiesa si San Nicola il Venerdì Santo del 1724. Solenne ricorrenza dunque, dato che l’esecuzione odierna si è tenuta proprio di Venerdì Santo, quasi 300 anni dopo la “prima”, e seguendo una partitura quasi sicuramente differente. Ci è infatti rimasta di quest’opera soltanto una revisione del 1738, parzialmente autografa, di cui peraltro non abbiamo documentazione sull’effettiva esecuzione ai tempi dell’autore.


Johann Sebastian Bach
J.S. Bach (1685–1750)

Già dal 1717 si era instaurata nel nord Europa la tradizione delle Passioni interamente cantate. Bach non era l’unico maestro di questi ampi affreschi musicali: in quegli stessi anni seguivano infatti questa tradizione altri compositori come Reinhard Kaiser, Georg Philipp Telemann o Johann Heinrich Graun. Sarebbe molto interessante poter ascoltare oggi anche queste partiture cadute in oblio per vederne i punti di contatto con il grande Bach e poter contestualizzare maggiormente le uniche sue due passioni giunte fino a noi (in realtà una terza Passione, secondo Marco, esiste come libretto ed è stata recentemente musicata da Ton Koopman). Questa contingenza ha portato spesso a mettere a confronto le due Passioni, producendo l’idea diffusa che la Passione secondo Giovanni sia in qualche modo una sorella minore della più nota secondo Matteo. Ciò sarebbe giustificato solo se ci si limitasse a giudicare le dimensioni delle due partiture, ma la Passione secondo Giovanni non ha, sul fronte musicale, nulla da invidiare all’altro capolavoro bachiano. In entrambe le Passioni la qualità della partitura è altissima, grandi i mezzi espressivi e interessanti le pause liriche. In particolare nella Passione secondo Giovanni vi è una aderenza maggiore al testo evangelico, con la musica che indugia meno nel lirismo diventando talvolta, oseremmo dire, quasi scabra. Tutto ciò è sorretto e coadiuvato da una drammaturgia che privilegia una scansione ravvicinata delle varie scene fino alla crocefissione di Cristo.

Il coro è indubbiamente il grande protagonista di questa composizione pasquale e si presenta in tre diverse vesti: il coro vero e proprio, il corale e la turba.

  1. Il coro, ad esempio quello (giustamente celebre) d’apertura (ascolta), è solitamente preceduto da una introduzione strumentale più o meno estesa. Le linee melodiche delle quattro voci che costituiscono il coro sono in questo caso utilizzate con grande libertà sia ritmica che melodica intrecciando con l’orchestra al suo completo mirabili contrappunti.
  2. Il corale è invece tipico del canto liturgico della Chiesa Luterana. Lo stesso Martin Lutero per allontanarsi dalla complessa polifonia della Chiesa Romana, che rendeva intellegibili i testi sacri, promosse la redazione di corali anche su melodie popolari, affinché il popolo potesse partecipare attivamente alla liturgia. I corali vennero da Bach armonizzati a quattro voci con grande originalità.
  3. La turba è un breve coro solitamente in tempo Allegro di breve durata dove le varie voci si sovrappongono solo apparentemente in maniera caotica per dare un grande effetto drammatico e includere il coro nell’azione vera e propria (generalmente assumendo il ruolo del “popolo”: ascolta un esempio).

Il compito di scandire l’azione e’ affidato alla voce del tenore (nel nostro caso il bravo Makoto Sakurada) che interpreta l’evangelista. Il canto è accompagnato solo dal basso continuo per rendere il discorso perfettamente intellegibile dall’assemblea. In due soli punti la scansione sillabica delle parole si interrompe in un’oasi musicale: quando viene cantato “weinete bitterlich” (pianse amaramente) e “dass er gekreuziget wurde” (perché fosse crocifisso). Solo qui l’evangelista sospende la sua voce in drammatici vocalizzi, quasi un lamento, per sottolineare due momenti topici della via al Calvario.

J. Tintoretto, Crocefissione (1565), Scuola Grande di San Rocco, Venezia
J. Tintoretto, Crocefissione (1565), Scuola Grande di San Rocco, Venezia

Nel procedere del dramma vi sono quattro arie, originariamente composte per voci bianche, affidate nella nostra esecuzione al contraltista David Hansen, che ritorna dopo la meravigliosa prova del Rinaldo di dicembre, ed al sopranista italiano Paolo Lopez, che essendo indisposto non ha potuto portare a termine la recita. Il bravo David Hansen, di origina australiana, ha mostrato il suo talento vocale e scenico soprattutto nella prima aria (“Von den Stricken meiner Sünden”: ascolta), dove la grande originalità dell’orchestrazione bachiana lo fa dialogare solo con l’oboe e l’organo. Ciò permette una perfetta sinergia tra voce e oboe, creando una filigrana iridescente ed una tipica soave sonorità barocca, non lontana dalle arie operistiche create in quegli stessi anni per i protagonisti maschili delle opere di Händel. Non a caso anche la struttura di molte arie in quest’opera è tripartita (A-B-A’), ricalcando lo stilema delle arie operistiche col da capo. Altrettanto notevole è la seconda aria del contraltista (“Es ist vollbracht!”: ascolta) sia per il canto di Hansen che per l’organico, ora ridotto a viola da gamba, organo e liuto, anche qui per esaltare la voce (dobbiamo immaginare originariamente la voce di un ragazzo). La posizione di quest’aria non è casuale, “Es ist vollbracht!” (Tutto è compiuto)  è la frase che annuncia la morte di Cristo, una sezione più mossa con tutta l’orchestra e un minima ripresa del tempo iniziale di poche battute, per solennizzare l’episodio drammatico.

Ruben Jais
Ruben Jais

Ultimo grande protagonista da citare è il maestro Ruben Jais, che conosce questa partitura ormai a memoria. La sua mano è stata apprezzabile soprattutto in alcuni cori e corali (merito come sempre anche alla preparazione di Erina Gambarini) dove inaspettatamente introduce un pianissimo nelle voci che solo progressivamente recuperano sonorità, dando un effetto di forte propulsione dinamica. L’orchestra era sicuramente al suo meglio ed i singolari effetti di organico a cui si accennava sono stati cesellati con grande perizia. Grande colpo di scena sulle parole “Und die Erde erbebete” (La terra tremò, ascolta): un tremolo degli archi raggelante che tramuta le parole in realtà, toccandoci nell’intimo, come ci tocca l’invocazione finale.


Tobia da Franchi

LINK per l’ascolto: Harnoncourt / Vienna Concentus Musicus 
LINK per la partitura: archivio IMSLP