Libretto di Grazio Braccioli e successivi ampi interventi di anonimo
Musica di Antonio Vivaldi

RV 728  prima assoluta Venezia, Teatro Sant’Angelo, Autunno 1727

Nuova edizione critica a cura di Federico Maria Sardelli e Alessandro Borin, Ricordi 2023

Orlando   Yuriy Mynenko
Angelica   Arianna Vendittelli
Alcina    Sonia Prina
Bradamante    Loriana Castellano
Medoro    Chiara Brunello
Ruggiero    Filippo Mineccia
Astolfo    Mauro Borgioni

Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo
Direttore   Federico Maria Sardelli
Maestri al cembalo  Lorenzo Feder, Alberto Maron
Coro Accademia dello Spirito Santo
Direttore del coro Francesco Pinamonti
Regia Marco Bellussi
Regia video Fabio Massimo Iaquone
Scene Matteo Paoletti Franzato
Costumi Elisa Cobello
Luci Marco Cazzola

produzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Modena,
Bayreuth Baroque Opera Festival, Daegu Opera House (Corea del Sud)

Bisogna fare un poco di chiarezza nella storia di quest’opera. Nel 1713 va in scena con enorme successo l’Orlando Furioso musica di Giovanni Alberto Ristori e libretto di Grazio Braccioli promosso dall’impresario Antonio Vivaldi che iniziò nelle repliche a fare interventi sulla partitura. Nel 1714 compare quindi una seconda versione, recentemente ricondotta a Vivaldi e a suo padre: sono sopravissuti solo 2 dei 3 atti e sono stati incisi da Sardelli per Naïve (RV 819) Orlando 1714, così denominato. Contemporaneamente Vivaldi si cimenta con Orlando finto pazzo (RV 727) nuovo libretto di Braccioli ma tratto non da Ariosto ma dall’Orlando innamorato del Boiardo.

Ma veniamo a noi. Nel 1727 il primo libretto venne ripreso da un anonimo e ampiamente rimaneggiato cambiando il testo di quasi tutte le arie, con musica tutta nuova di Antonio Vivaldi e con il titolo di Orlando. E’ questa la versione più famosa che dagli anni ’70 del ‘900 ha portato alla Vivaldi Renaissance. La versione di Scimone era ancora acerba, piena di cambiamenti e tagli oggi invece possiamo contare sull’edizione critica dello stesso Sardelli. La fortunata edizione Ceresa/Fasolis che ha avuto successo in questi ultimi 7 anni aveva delle ampie modifiche nel terzo atto per ampliare la parte di Orlando. Sardelli invece rispetta il libretto originario e la successione degli eventi e delle arie. Gli atti a Ferrara durano così: Atto I 65 minuti, Atto II 55 minuti, Atto III 35. L’ultimo atto ha avuto purtroppo tanti tagli sia di sezioni di “da capo” che di intere arie e la cosa ci ha fatto dispiacere visto che avevamo a disposizione l’edizione critica, anche se vari tagli sono in effetti indicati sulla partitura. Saremmo rimasti a teatro volentieri altri 20 minuti per ascoltare tutta la musica del Prete Rosso. L’incisione di Sardelli nel 2008 dura la bellezza di 3 ore e 15 minuti.

Ariosto scrive la vicenda di questa opera proprio a Ferrara per la famiglia d’Este. Il paladino protagonista è follemente innamorato di Angelica che però ama Medoro. Ruggiero invece è  vittima dei sortilegi della maga Alcina colei che tesse la tela di tutta la vicenda. Ci troviamo proprio sull’isola incantata di Alcina che il regista e i suoi collaboratori immaginano come spazio ampio tutto specchiante, con molte valide proiezioni per ampliare ancora di più la profondità della scena. Medoro è riportato in vita dai magici poteri di Alcina e i due amanti possono celebrare il proprio matrimonio con l’intervento anche del coro usato con parsimonia in questa opera (Vivaldi stesso doveva pagarlo!). Angelica e Medoro scrivono i loro due nomi uno accanto all’altro e ciò porta alla gelosia e alla follia di Orlando che conclude il secondo atto con due ariosi modernissimi.  La maga è invaghita di Ruggiero ma Bradamante (in vesti maschili e sotto falso nome) libera l’amato dall’incantesimo e dopo alcune difficoltà si ricongiungono. Orlando uccide il guardiano del tempio (che il regista purtroppo non ha “visualizzato”) e rotto l’incantesimo fa sparire il regno di Alcina. Grazie ad Astolfo, Orlando recupera la ragione all’ultimo momento e perdona Angelica e Medoro. L’opera termina con la riconciliazione generale dopo tutte queste intricate vicende.

Orlando alla prima assoluta fu il contralto Lucia Lancetti, in un ruolo en travesti. Saredelli lo affida ad un controtenore. Medoro e Ruggiero all’epoca di Vivaldi erano due uomini contraltisti: Sardelli affida Medoro ad un contralto donna e Ruggiero ad un controtenore. Astolfo è basso mentre tutti gli altri ruoli sono affidati a donne. Vivaldi utilizzava giovani castrati poiché non si poteva permettere le grandi stelle essendo lui l’impresario di se stesso. Spesso usava donne en travesti per i ruoli più importanti. Händel era molto più fortunato nella scelta del cast potendo contare di star di primordine per tutta la sua carriera.

Orlando è il controtenore ucraino Yuriy Mynenko, che partecipò al mitico spettacolo dell’Artaserse di Vinci con 5 controtenori. Le qualità vocali sono altissime e fin dalla prima aria “Nel profondo cieco mondo” mostra una coloratura nitidissima e omogeneità nella discesa verso il grave. A metà del secondo atto è vivido il suo recitativo che descrive la presenza di un mostro, la pronuncia italiana perfetta. Termina il secondo atto con una grande scena di pazzia giustamente famosa: “Ho cento vanni al tergo” coniuga recitar cantando e una vera propria aria in un effetto inedito e drammatico. Difficili nel terzo atto gli interventi in lingua francese a cui Mynenko dà invece piena credibilità.
Angelica è Arianna Vendittelli che abbiamo recentemente recensito come Giovanna Seymour nella Anna Bolena di Piacenza. E’ l’unico soprano della compagnia. “Un raggio di speme” che apre l’opera è ben articolato e la voce limpida e cristallina. “Tu sei degli occhi miei” si sviluppa su un ritmo brioso con leggere progressioni. “Chiara al par di lucida stella” ha un ritmo più disteso e cullante.
Alcina è la veterana Sonia Prina dotata di una ampia parrucca bianco/grigia. La recitazione è sopra le righe e la Prina descrive una maga sia passionale sia comica con i suoi atteggiamenti esagerati. Vocalmente la cantante scava sempre di più nel suo registro pienamente contraltile. “Alza in quegl’occhi” e “Vorresti amor da me?” sono espressi con un canto caricato e tornito. Termina il primo atto con una sensuale doccia! Due ariosi nel terzo atto sono ben spiccati e il personaggio risulta scolpito a tuttotondo.

   


Bradamante e Ruggiero sono vestiti entrambi di rosso: Loriana Castellano è una intelligente Bradamante,un mezzosoprano pastoso in “Asconderò il mio sdegno”. “Taci, non ti lagnar” viene purtroppo tagliata e solo la prima sezione sopravvive. La Castellano descrive bene il suo personaggio, con le schermaglie verso Alcina e l’amore sofferto verso Ruggiero.
Medoro è la bravissima Chiara Brunello in un ruolo en travesti. Un vero contralto dotato di note gravi e linea di canto molto omogenea. “Rompo i ceppi e in lacci io torno” e “Qual candido fiore” sono due interessanti arie dove la cantante esegue delicate variazioni nei da capo. In generale non abbiamo però notato che Sardelli si sia impegnato a predisporre le variazioni per ogni aria di Vivaldi: avremmo preferito più varietà nelle sezioni di da capo.
Ruggiero è l’esperto Filippo Mineccia a cui è affidata l’aria più bella dell’opera accompagnata dal traversiere. “Sol da te, mio dolce amore” è una aria che non finiamo mai d’ascoltare come “Vedrò con mio diletto”. Mineccia la esegue ottimamente con il suo registro acuto ma senza alcuna asprezza. Il dialogo tra flauto e la sua voce flautata è perfettamente omogeneo. Diverso l’approccio a l’aria “Che bel morirti in sen” con un andamento bucolico e quasi danzante.
Astolfo è il valido basso Mauro Borgioni che concentra i suoi interventi sempre ad inizio di ogni atto. “Costanza tu m’insegni” “Benché nasconda” “Dove il valor combatte” sono le tre arie ben svolte da Borgioni con ritmi veloci e baldanzosi. Solo la seconda viene eseguita integralmente.
Il coro (fin troppo numeroso) interviene durante l’unione tra Angelica e Medoro e al termine dell’opera con interventi puntuali. L’ensemble comprende due perfetti cembali e una orchestra d’archi. Spiace che Vivaldi non preveda per tutta l’opera flauti e oboi. Risalta però così di più l’intervento del traversiere con Ruggiero e corni e trombe alla fine del secondo atto nel tripudio di Angelica e Medoro.
Come dicevamo, lo spettacolo di Marco Bellussi  dona un lettura sobria all’opera, con un bosco visto durante le varie stagioni grazie ai video di Fabio Massimo Iaquone. Talvolta delle parole particolarmente significative vengono moltiplicate e proiettate con effetto molto azzeccato. Eleganti i costumi di Elisa Cobello che rimandano ad un ipotetico ‘500 senza essere troppo calligrafici. Teatro al gran completo per questa prima che girerà per Modena, Bayreuth e Corea del Sud. Un notevole Orlando di Vivaldi eseguito nella sua terra “natia”.

Fabio Tranchida

Foto Crediti: Marco Caselli Nirmal.