Libretto  di Giovanni Schmidt da Torquato Tasso
Musica di Gioachino Rossini

Armida    ​​​Elisa Balbo
Rinaldo​​    Nico Darmanin
Gernando e Ubaldo    Anle Gou
Goffredo e Carlo    ​​Cliff Zammit Stevens
Eustazio   Eduardo Hurtado Rampoldi
Idraote​​​  Albert Buttigieg

Direttore Davide Levi
Regia Paul Carr
Scene Adrian Mamo
Costumi Luke Azzopardi

Malta Philharmonic Orchestra
Coro KorMalta
Mimi e danzatori Moveo Dance Company

Un terribile incendio devastò il Teatro San Carlo (così chiamato in onore del Santo protettore di Carlo di Borbone) di Napoli nel 1816. Napoli era una tra le più importanti capitali d’Europa e la capitale della musica anche se i 4 conservatori erano stati ormai ridotti ad uno solo. L’Otello di Rossini dovette essere prodotto al Teatro del Fondo (oggi Mercadante) e lì ebbe grande successo. Per la riapertura del Teatro, ricostruito in pochi mesi, si scelse una opera celebrativa in tre atti con un grande balletto per sfruttare tutte le maestranze del San Carlo. Il secondo atto risulta abbastanza statico drammaturgicamente ma contiene il balletto. Gli altri due atti sono più dinamici e richiedono la bellezza di 7 tenori, dico 7! Già alla prima 2 tenori erano impiegati in 4 ruoli e così si è fatto a Malta dove l’opera non era mai stata rappresentata. L’opera ebbe successo ma non circolò più di tanto e divenne una cava di materiale per altre composizioni come Moïse (coro e parte del balletto), Cenerentola (crescendo nell’aria di Alidoro) e la Cantata al Sommo Pontefice Pio IX. Un tema della sinfonia riecheggia anche nella stretta dell’Introduzione de La gazza ladra. La qualità della musica è altissima e i tre duetti d’amore Rinaldo Armida sono ben differenziati con l’uso in uno di violoncello solista e in un altro di violino solista. La Colbran e Nozzari poterono mostrare così tutto il loro valore.
Il Teatro Manoel aprì le sue porte il 19 gennaio del 1732 e si tratta di uno dei più antichi teatri ancora in attività nella propria sede storica. A poca distanza della chiesa del Carmelo (ricostruita nel dopoguerra con una grande cupola) e il Palazzo dei Grandi Maestri, è un gioiello di Malta. Il teatro ottocentesco di Malta molto più ampio fu distrutto durante la seconda guerra e ora vi è stato allestito un auditorium all’aperto tra le colonne che rimangono dell’edificio.
E’ stata una sfida allestire una opera così rara e imponente nel piccolo teatro della Valletta ma la sfida è stata vinta grazie una cast affiatato, una buona direzione e uno spettacolo bello da vedere con tante idee ed eleganti movimenti.
Il giovane direttore Davide Levi, ascoltato a Pesaro nel Viaggio a Reims, ha disposizione una orchestra ridotta, un po’ come succede a Busseto durante il Festival Verdi. L’orchestra è stata abbastanza precisa fin dalla marcia della Sinfonia che si conclude con un movimento vivace, il suono rimane piuttosto asciutto senza alcun riverbero. Bene i fiati a cui Rossini da impegni notevoli. Ottimi il violoncello e il violino solisti nei due duetti prima citati. In partitura Rossini prescrive i fantomatici “sistri” per dare all’orchestra e alla banda un suono turchesco ed esotico. I tempi ci sono sembrati sempre corretti. Ci spiace per i numerosi tagli a cui è stata soggetta la partitura: mancavano all’appello la conclusione dell’Introduzione con Goffredo e parte della stretta del Quartetto successivo. Queste lacune sono state in qualche modo percepite dal pubblico che non ha applaudito i singoli brani. Se i brani vengono eseguiti integralmente l’architettura musicale di Rossini non sbaglia mai e porta ad un parossismo che gratifica l’orecchio.  Il secondo atto è stato ridotto a solo due scene mancando la gran scena del basso Astarotte (ruolo solitamente cantato dal basso che impersona Idraote confinato qui solo al quartetto) con il doppio orrorifico coro, e il balletto di 15 minuti. Comprendiamo e accettiamo il taglio del balletto ma ci dispiace per gli altri tagli che ledono le architetture musicali del pesarese. Terzo atto integrale. Lo spettacolo è stato diviso in due e così facendo nella seconda parte Armida si è espressa quasi subito con il Rondò “D’amor al dolce impero” e si è concluso l’opera con l’altra sua grande aria questa volta molto drammatica. I tagli hanno portato in questo caso un vantaggio e hanno fatto emergere la centralità del ruolo di Armida.


Armida, la seducente maga, è il soprano ​​​Elisa Balbo che abbiamo già avuto modo di ascoltare a Bad Wildbad. Senza di lei non si sarebbe potuto avviare questo progetto su una opera così peculiare di Rossini. Il soprano fin dal primo impegnativo quartetto ha mostrato stoffa da vendere, complicando la parte con variazioni verso l’acuto appena le è stato possibile. Seducente con il chiaro timbro nel successivo duetto “Amor possente amor” che si conclude con “i palpiti” suggeriti in orchestra dagli archi pizzicati. Il Rondò “D’amor al dolce impero” è un banco di prova felicemente superato da Elisa Balbo che arroventa sempre più le frasi, che si complicano nelle tre esposizioni. Nella lunga aria finale (già Rossini aveva dato prova di se nell’aria di Desdemona l’anno precedente ad Armida) il dramma si fa cocente, il senso di annullamento che prova la maga ai piedi di Rinaldo è percepibile. Conclude l’opera la rabbia e il senso di vendetta dove il soprano è capace di superare in volume sia il coro di demoni che orchestra in un finale al cardiopalma (visivamente anche molto ben studiato con i mimi seminudi e il coro in fondo alla scena).
Rinaldo​​ è il tenore maltese Nico Darmanin, specialista di Rossini, ha cantato infatti in Cenerentola, Viaggio a Reims, La comte Ory, Otello, La donna del lago, L’italiana in Algeri e anche la magnifica e davalorizzare La gazzetta presso Salisburgo. La sua prova è stata molto buona non temendo gli acuti scritti per Andrea Nozzari e le frasi sempre caratterizzate da estrema difficoltà e spericolato belcanto. Nei duetti con Armida il canto si amalgama bene con la voce della maga seduttrice in momenti estatici e atemporali. Nel terzo atto ripete tre volte la frase “Rammento che son Rinaldo” momento importante poiché rivoluzione la trama dell’opera: Darmanin si lancia in questa frase scolpendola in un fortissimo che cattura tutta la nostra attenzione.


Gernando e Ubaldo sono cantanti dal tenore cinese Anle Gou che ci sorprende nell’aria del primo atto di Gernando: certo la voce non è amplissima ma è certamente ben educata e il tenore esegue tutta la coloratura con estrema precisione ripetendo per fortuna la cabaletta due volte come prescritto.
Goffredo e Carlo sono cantanti dal tenore ​​Cliff Zammit Stevens unico elemento debole del cast, purtroppo. L’aria di Goffredo incastonata nell’introduzione è stata svolta con molte difficoltà, con un timbro infelice, sfocato che probabilmente ha costretto il tenore a non ripetere la stretta dell’introduzione con la sua seconda ripetizione prescritta. Il tenore era molto in difficoltà negli acuti e la parte di Carlo è stata svolta un poco meglio poiché non così esposta.
Eustazio, che ha un ruolo breve nel quartetto è il valido italiano-peruviano Eduardo Hurtado Rampoldi ennesimo tenore di questa opera.  
Idraote​​​ è il basso maltese Albert Buttigieg che canta nel quartetto e a cui purtroppo è stata soffiata l’aria che apre il secondo atto in un momento importante per le forze oscure.
Interessante la regia di Paul Carr che ambienta i tre atti in un “museo” e sfrutta la componente meta teatrale con il coro vestito elegantemente e i personaggi che sembrano prendere spunto per le loro parti dai programmi di sala che hanno in mano. Si sono usati 3 scenari della ditta Costanti Magni di Milano realizzati per il Teatro Manoel nei primi del ‘900 e recentemente restaurati. Se la prima scena aveva poco senso con l’opera rappresentando un paesaggio con casette, gli altri due, un bosco e una architettura, erano più attinenti.

Stupendi i 4 costumi di Luke Azzopardi per la protagonista: l’artista si è sbizzarrito con 4 diversi costumi uno più sensuale dell’altro che hanno dato ad Elisa Balbo modo di far emergere tutto il suo protagonismo, tra veli, guepiere, maschere e piume. Eccellenti i 6 mimi che con le loro numerose coreografie riempivano la scena con movimenti studiatissimi e anch’essi carichi di erotismo. 2 mimi replicavano gli amplessi durante il primo duetto d’amore, mentre due mimi hanno fatto esercizi quasi contorsionistici durante il duetto Carlo Ublado, con una tensione continua. Alla fine Armida sale sopra la schiena dei mimi e sembra uccidere Rinaldo in una scena di grande potenza. Buona la prova del Coro KorMalta sia nel versante maschile che nelle 8 cantanti donne.
Siamo usciti da teatro molto contenti poiché lo spettacolo aveva una sua coerenza interna ed è stato molto bello nel suo complesso. Nel 2020 vie era stato eseguito Otello e l’anno prossimo ci sarà Barbiere sempre a marzo, quindi anche La Valletta conta molto su Gioachino Rossini di cui si è appena festeggiato il compleanno il 29 febbraio.   

Fabio Tranchida