Traviata di Giuseppe Verdi (riduzione di un’ora e mezzo)

Violetta Valery – Francesca Manzo
Alfredo Germont – Haruo Kawakami
Giorgio Germont – Alfonso Michele Ciulla
Orchestra VoceAllOpera
riduzione drammaturgica e musicale Gianmaria Aliverta
riadattamento musicale e direttore d’orchestra Giacomo Mutigli
regia, scene, costumi e luci Alessandro Pasini*
assistente alla regia e costumi Andrea Carpene
assistente alle scene Francesca Donati

La Voix Humain di Francis Poulenc

Elle – Brigitte Keusch*
Orchestra VoceAllOpera

riadattamento musicale e direttore d’orchestra Sirio Scacchetti
regia, scene, costumi e luci Alessandro Pasini*
assistente alla regia e costumi Andrea Carpene
assistente alle scene Francesca Donati

*vincitori del Concorso lirico internazionale Giancarlo Aliverta

Termina l’estate, si affacciano le prime sensazioni d’autunno, e si ritorna allo SpazioTeatro89, nella vasta periferia milanese, per un inusuale dittico: La voix humaine di Poulenc, cui segue una riduzione, sia drammaturgica che musicale, della Traviata verdiana. Abbinamento azzardato, non lo si può negare, ma che tuttavia funziona nelle intenzioni fondanti di presentarci nuove voci, direttori e registi, in un progetto coerente, specialmente da un punto di vista strutturale e organizzativo: non sono pochi gli artisti coinvolti, e il susseguirsi di due opere come queste permette di riflettere su questioni sempre diverse del mondo teatrale.

Con La voix humaine il dilemma centrale si pone nella resa spaziale e vocale di una donna sola col proprio telefono, che non fa altro che parlare, soffrire e accrescere la propria ansia per quaranta minuti, permettendoci di comprendere chiaramente che dall’altra parte un immaginato fidanzato stia pian piano diventando un “ex”.
Alessandro Pasini, giovanissimo regista, vincitore del Concorso lirico internazionale Giancarlo Aliverta, non si spaventa, e fa compiere al soprano Brigitte Keusch delle assillanti circonvoluzioni attorno ad una struttura cui alcune foto sono legate – tracce di un passato del quale la protagonista reciderà i fili concreti con un taglierino, gettando a terra una dopo l’altra le memorie visive di un amore -. I movimenti, ossessivi e tipici di uno stato angoscioso crescente, sono banali, ma nel senso etimologico più stretto, perché appartengono a tutti, perché tutti noi li compiamo se parliamo al telefono, in piedi, magari all’aperto, e la pressione psicofisica sale drasticamente. Il vero punto di svolta si ha quando la scena recitata interseca la realtà e quel che si vede ci pare vero: in un contesto dove l’esiguità di mezzi è evidente (e quasi provocatoriamente decisiva) cogliere nel movimento, nell’espressione del volto, queste sensazioni comuni, rende il banale qualcosa di potente. Il merito, ovviamente, è da ricercarsi anche nella giovane cantante, profondamente coinvolta, che si esprime in un francese musicalissimo, con un impasto timbrico ricco, e una vocalità educata e ben amministrata nell’abbondanza di mezzi. La forza comunicativa, che sprigiona nella nuda interazione con uno smartphone, ha il fascino della contemporaneità che non si può ignorare.

E dallo smartphone, che in Traviata non “ascolta” ma riprende, passa anche la vita di una Violetta giovanissima, “dissoluta” e ricca per il costante impegno nell’accontentare ipotetici abbonati al suo OnlyFans, richiedenti sempre più foto e video hard per soddisfare la propria sessualità (loro pagano, la bella ragazza di turno esaudisce i desideri). Chi scrive ha trovato l’idea di cocente attualità, e non osa immaginare come deflagrerebbe in un “teatrone” blasonato. Su questa linea, Alfredo è un fotografo in erba che immortala la sensualità di Violetta, se ne innamora, e però deve fare i conti con un padre bigotto, del “partito della famiglia”, per il quale la ragazza del figlio, dio ce ne scampi, non può essere un’attrice porno. Il meccanismo funziona paurosamente e, come detto da Alberto Mattioli poco prima dello spettacolo, in occasione della presentazione del suo ultimo libro, questo l’opera deve fare, parlare col nostro linguaggio, cortocircuitare l’attualità e fare della puttana traviata una “puttana” agli occhi della nostra società (moltissimi ritengono, oggi, che chi vende la propria nudità e sessualità non sia degno di rispetto e amore).

Francesca Manzo, dopo la Mimi della scorsa stagione, mi si è rivelata ancora di più: le qualità vocali già apprezzate, ed ampiamente riconfermate, unite alle proprietà recitative, mi hanno convinto che sia pronta per fare il cosiddetto “salto” ed essere ascoltata anche altrove. Haruo Kawakami è un acerbo Alfredo, eppure la gradevolezza del timbro e la freschezza vocale compensano una spigliatezza tecnica e scenica che deve essere ancora raggiunta. Molto più espressivo, quasi inquietante nella sua implacabile patria potestà, il sonoro e vigoroso Giorgio di Alfonso Michele Ciulla.

La presenza di un organico orchestrale ridottissimo, praticamente da camera (forse anche da “cameretta”) ha forzatamente portato l’ascoltatore a cogliere ogni imperfezione, passata in secondo piano rispetto alla qualità complessiva degli esecutori, anche alla luce di certi interventi solistici di pregio. Un plauso, infine, ai due direttori: Sirio Scacchetti, drammatico e puntuale nella Voce Umana, e Giacomo Mutigli, preciso e vibrante nella Traviata, entrambi riadattatori musicali delle due opere, e quindi doppiamente artisti.

Dio ci preservi questi eventi. E Gianmaria Aliverta, vero maestro di bottega per gli artisti giovani e giovanissimi coinvolti.

Mattia Marino Merlo – SpazioTeatro89, Milano, 16 settembre 2023