Musica di Antonio Vivaldi
Poesia di Pietro Metastasio
Edizione critica a cura di BTE – Bernardo Ticci Edizioni
Catone Valentino Buzza
Cesare Arianna Vendittelli
Emilia Miriam Albano
Marzia Valeria Girardello
Fulvio Chiara Brunello
Arbace Valeria La Grotta
Direttore Federico Maria Sardelli
Regia Marco Bellussi
Scene Matteo Paoletti Franzato
Costumi Elisa Cobello
Luci Marco Cazzola
Video Creativite
Produzione Fondazione Teatro Comunale di Ferrara
L’anno scorso è stato eseguito a Ferrara, nella mirabile cornice del teatro settecentesco ora dedicato a Claudio Abbado, il Farnace. Il Farnace ebbe particolare successo vivente Vivaldi che creò diverse versioni dell’opera, e una apposita per Ferrara. Ma il vescovo della città proibì l’ingresso in città di Vivaldi, accusato di intrattenere rapporti non consentiti con la sua cantante favorita Anna Girò, molto presente nelle sue produzioni. Vivaldi chiese con insistenza di entrare in città, dichiarandosi completamente innocente, ma ciò non bastò e l’opera non venne eseguita portando il Prete rosso ad un tracollo economico. Scelse successivamente di lasciare l’Italia e recarsi a Vienna sperando nella protezione di Carlo VI d’Asburgo ma una volta giunto in città, pronto per allestire L’oracolo di Messenia, l’imperatore morì. Povero e affranto anche Vivaldi morì in una casa dove ora sorge il famoso Hotel Sacher: si trovava lì poiché nei pressi sorgeva il Teatro di Porta Carinzia dove immaginava di allestire L’oracolo. Per la cronaca il Teatro di Porta Carinzia ospitò la ricca stagione viennese di Rossini diretto poi a Parigi. Ospitò le prime assolute della Maria di Rohan e Linda di Chamounix di Donizetti entrambe accolte con incredibile successo. Ferrara sembra quindi con questi nuovi allestimenti riparare ad un grave torto subito da Vivaldi. Quest’anno propone Catone in Utica eseguito la prima volta a Verona nel 1737. Verona possedeva un teatro nuovissimo realizzato dal grande Francesco Galli da Bibbiena che il 6 gennaio del 1732 fu inaugurato da Vivaldi stesso con la mirabile Fida Ninfa. Nel 1945 il teatro fu ridotto in macerie dai bombardamenti, salvandosi solo la zona del foyer e la facciata seicentesca. Ci vollero 30 anni per la riapertura con una ricostruzione lontana dall’armonia del Bibbiena.

Federico Maria Sardelli è il grande demiurgo di questa operazione a Ferrara. Il mese scorso ha tenuto un corso di 5 giorni su Vivaldi presso la Fondazione Cini di Venezia centro propulsore della ricerca sul compositore veneziano. E’ il massimo esperto italiano e in grado di comporre musica “vivaldiana” che esegue nei suoi concerti a corollario di altre musiche. A Ferrara dirige l’Orchestra Barocca Accademia dello Spirito Santo che segue con attenzione la sua gestualità così precisa. L’organico scelto da Vivaldi per questa opera non è molto ampio (scordate gli strumenti rari dal Giustino e della Juditha) e si limita agli archi, corni naturali che suonano in due arie e il basso continuo. Vivaldi era spesso impresario di se stesso e doveva talvolta limitare l’organico orchestrale e cancellare la presenza del coro. Händel non ebbe mai questi problemi anzi poteva scegliere i migliori cantanti sulla piazza, tra cui gli idolatrati castrati. Come il Farnace ferrarese, orbo del terzo atto, anche il Catone in Utica è giunto a noi incompleto: è andato perso il primo atto e Sardelli decide dopo una sinfonia giustapposta di partire dal secondo atto. Noi non siamo d’accordo con questa scelta così drastica. In passate esecuzioni e registrazioni si è ricostruito il primo atto essendo sopravissuto il libretto completo. Non è operazione difficile musicare i recitativi originali ed inserire alcune arie di quelle perdute. Capisco che sia una operazione discutibile, ma conoscendo le varie opere pasticcio di Vivaldi, è un lavoro che si può portare avanti. Sardelli inoltre compone musica e avrebbe il gusto di stendere recitativi pertinenti e scegliere le migliori arie per offrire al pubblico uno spettacolo completo. Malgoire e Curtis lo hanno fatto con ottimi risultati. L’opera così sarebbe completa a livello drammaturgico e il rapporto arie/personaggi sarebbe equilibrato. Rispettiamo comunque la scelta filologica di Sardelli.

Vivaldi mise in musica pochissimi lavori del grande Pietro Metastasio: la vicenda si svolge durante l’epoca pompeiana con i contrasti tra Cesare (tenore) a Catone (soprano castrato). Cesare sta per conquistare Utica, ultimo possesso di Catone. Metastasio sviluppa inoltre le trame amorose con Marzia, figlia di Catone amante del nemico Cesare. Arbace (soprano castrato) ama anch’esso Marzia (soprano, la famosa Anna Girò prediletta da Vivaldi) ma lei sente un sentimento troppo forte per Cesare. Emerge la figura di Emilia (soprano) che vuole vendicare la morte di Pompeo, suo marito, uccidendo Cesare e tramando contro lui in maniera sleale. Di lei è innamorato Fulvio (contralto, en travesti) ma in questo caso la storia amorosa rimane un po’ in secondo piano. La regia immagina una sontuosa casa in stile pompeiano ritiro privato di Emilia, vedova di Pompeo, figura chiave nell’economia dell’opera. E’ astuta e vendicativa e tutto il suo odio si concentra verso Cesare. Alla fine il suicidio di Catone non verrà attuato per scelta auto censoria di Vivaldi.
L’impianto scenografico di Matteo Paoletti Franzato, di rara eleganza e ampia profondità, seppur giocato con pochi elementi, e i costumi di Elisa Cobello riescono ad esprimere a costruire uno spazio scenico perfetto per lo sviluppo dell’augusta vicenda. I sentimenti privati e gli sviluppi politici sono ben concatenati.
Catone è Valentino Buzza, tenore che ha una frequentazione vivaldiana importante, infatti ha già cantato al Malibran di Venezia sia l’Ottone in villa che il Farnace diretti da Diego Fasolis. Nel secondo atto canta la virulenta “Dovea svenarti allora” con un frenetico accompagnamento degli archi. Buzza ben scandisce le frasi che vengo letteralmente scolpite. Eloquenti i silenzi, brevi pause che aumentano la concentrazione d’ira della pagina. Contrastante la sezione B dell’aria. Nel terzo atto canta “Fuggi dal guardo mio” dove la voce tenorile è impiegata in un registro centrale mentre Marzia, quasi in forma d’eco, ripete alcune parole sdegnate del padre.
Avremmo voluto nel ruolo di Cesare ed Arbace dei sopranisti per non utilizzare troppo il registro di soprano troppo uniforme nella scelta del cast odierno. Ciò non toglie che Arianna Vendittelli sia stata bravissima nel ruolo di Cesare, la quale canta l’aria più bella dell’opera “Se mai senti” dall’andamento pacato e dolce. Otto minuti amorosi con languide salite verso l’acuto molto espressive. La Venditelli è molto precisa nelle minute colorature sulla parola “langue”. Poco più movimentata risulta essere “sarebbe un bel diletto” dal ritmo quasi di danza. Metastasio e Vivaldi descrivono Cesare più come un eroe amoroso che un generale bellicoso.
Emilia è la vera scoperta della serata, si tratta di Miriam Albano che chiude il secondo atto con la difficilissima “Come invano il mare irato” sette minuti di aria di tempesta. Il soprano non teme le fitte colorature che non lasciano respiro. La voce è adamantina e precisissima. Con una daga colpisce una scacchiera mandando in frantumi i pezzi simbolo della sfida tra lei e Cesare. Nella seconda aria la presenza dei corni naturali, ben suonati in orchestra, aumenta la sfida vocale con “Nella foresta”, una aria che richiede anche note gravi discretamente emesse. Miriam Albano risulta la più applaudita della serata poiché le sue due difficili arie hanno messo in luce le sue doti.

Marzia è la brava Valeria Girardello che canta una aria danzante priva di difficoltà essendo costruita sulle doti di Anna Girò che non eccelleva nella coloratura ma preferiva arie dai motti spezzati. Medesima tecnica nella seconda aria “Se parto, se resto” che in questa dicotomia evidenzia lo stato d’animo di Marzia divisa tra amore e dovere. Piacevole il timbro della Girardello, molto brava anche nei lunghi recitativi.
Fulvio è Chiara Brunello che esordisce nel secondo atto con una “aria d’ombra”: si nota subito la bellezza del timbro scuro della cantante che fa da contrasto con i cantanti sopranominati. Purtroppo non ha neanche una aria nel corto terzo atto. Incisivi i suoi interventi nei recitativi.
Arbace è Valeria La Grotta, di cui abbiamo già parlato varie volte su queste pagine. Canta la prima aria “S’andrà senza pastore” su ritmo danzante e cullante. Bello il chiaro timbro che si espande sulle frasi che acquistano via via più intensità. La sezione B mantiene l’atmosfera della sezione A ma con divagazione armoniche interessanti.
Una opera quindi eseguita a Ferrara con estrema perfezione sia dal punto di vista orchestrale che nelle interessanti voci ottimamente educate a questo genere di repertorio che dovrebbe essere sempre più indagato nei teatri italiani. Molti i giovani in platea che hanno assistito con interesse lo spettacolo della durata di due ore e dieci minuti. La prossima opera a Ferrara sarà le Nozze di Figaro con un allestimento particolare che vi invitiamo a scoprire dal vivo.
Fabio Tranchida