Commedia lirica e giocosa in una parabasi e tre atti di Luigi Illica
Musica di 
Pietro Mascagni
Orchestra e Coro del Teatro Goldoni di Livorno
Direttore Mario Menicagli
Regia e scene Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi
Light designer Michele Rombolini
Maestro del coro Maurizio Preziosi
Nuovo allestimento e produzione del Teatro Goldoni di Livorno in collaborazione con Fondazione Carnevale di Viareggio

Personaggi e interpreti

Giocadio, impresario Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi (per bocca di Massimo Cavalletti)
Pantalone de’ Bisognosi, ricco proprietario Vladimir Alexandrovich
Rosaura, sua figlia Silvia Pantani
Florindo, giovane laureato, amante corrisposto di Rosaura Matteo Falcier
Dottor Graziano, uomo di legge Giacomo Medici
Colombina, sua domestica, confidente di Rosaura, promessa sposa di Brighella Rachele Barchi
Brighella, venditore ambulante, confidente di Florindo Marco Miglietta
Il Capitan Spavento, Balandrano di casa Balandrana Min Kim
Arlecchino Battocchio, suo servitore Didier Pieri
Tartaglia, domestico in casa di Pantalone Massimo Cavalletti

Si sa, Livorno è la terra di Mascagni, e qui lo amano e idolatrano come è giusto che sia. Sarebbe altrettanto giusto, però, che un pari successo, magari internazionale, si registrasse anche al di fuori della città che gli ha dato i natali -e non con la risaputa “Cavalleria Rusticana”, ma sforzandosi di andare oltre-. Perché la riproposizione costante del repertorio mascagnano, che il Teatro Goldoni di Livorno attua con risultati egregi, ha messo in evidenza anche questa volta quanto di meglio il “suo” compositore abbia da offrire: “Le Maschere”, infatti, sono un gioiello musicale di rara bellezza e raffinatezza. In quest’opera sui generis, anticipatrice dei personaggi alla ricerca di se stessi di pirandelliana memoria, Mascagni celebra la commedia dell’arte e l’opera buffa italiane, senza però prescindere da se stesso e dal proprio gusto musicale, anzi innestando echi dal passato -addirittura settecenteschi, con le danze “Pavana” e “Furlana”- sul proprio stile compositivo, e riproponendo una costruzione a numeri chiusi, ricca di duetti, terzetti, quartetti e ampi concertati, che portano in se stessi il marchio sbalorditivo dell’orchestrazione mascagnana, possente ma raffinata, colta ma dal potere attrattivo immediato.

Le foto sono di Trifiletti-Bizzi

Questa ricchezza e varietà è stata colta pienamente dal direttore Mario Menicagli, che ha saputo imprimere alla narrazione un passo ritmico e agogico mai banale o privo di mordente, a cominciare dall’ouverture, caleidoscopio di sentimenti, passando per le oasi liriche più sentimentali, fino ai pregevoli finali d’atto, coinvolgenti come pochi e di grande presa sul pubblico sempre attento e festante -tra l’altro composto per l’occasione da numerosi bambini e giovanissimi, partecipi e sinceramente divertiti-. Di grande pregio i sontuosi cori che costellano l’opera, specialmente quello dedicato a Rosaura, celebrata come novella “Poesia”, e quello finale, dedicato alla Maschera Italiana, che hanno giovato dello splendido apporto vocale del Coro, impegnato in una non facile partitura, e delle belle sonorità dell’Orchestra del Teatro Goldoni, alle prese con un’opera di apparente leggerezza, ma di notevole lavoro e sforzo esecutivi.

Ottima anche la compagnia di canto, estremamente variegata sia vocalmente che scenicamente, data la presenza di numerosi personaggi dalle spiccate connotazioni caratteriali: Massimo Cavalletti, nei doppi panni dell’impresario Giocadio a inizio opera, e di Tartaglia per il resto dello spettacolo, si è distinto da vero fuoriclasse per esperienza e vis interpretativa, mettendo il suo timbro personale e brunito a servizio del balbuziente personaggio, tutto giocato su sillabati turbinosi, perfettamente calibrati nel loro virtuosismo, e su un’estensione non indifferente, che il baritono ha saputo controllare sempre con abilità. Di grande eleganza e straniante raffinatezza l’Arlecchino delineato da Didier Pieri, grazie a un fraseggio scolpito in punta di bulino e in virtù di un timbro tenorile luminoso, dolce e piacevolissimo, tale da risultare giustamente trasognato e quasi uscito da un quadro novecentesco. Matteo Falcier, dal canto suo, ha tratteggiato un Florindo passionale -non senza la presenza di qualche smanceria, indispensabile a caratterizzare il personaggio-, dispiegando un timbro tenorile dalla linea di canto pulitissima e affascinante, con la giusta dose di squillo ed estrema cura del fraseggio, specialmente nella splendida serenata che lo vede protagonista. Ottimo il Capitan Spavento di Min Kim, dal timbro baritonale ampio, scuro e di bella sonorità, impegnato in una parte complessa che lo ha visto cambiare sentimenti con rapidità e astuzia, grazie a una facilità vocale non indifferente e a una presenza scenica in continuo crescendo. Perfettamente in parte anche il tenore Marco Miglietta, che ha impersonato Brighella, uscendo vincitore da una parte che insiste spesso sul registro acuto, senza che per questo abbia perso di vista la calibrazione dei volumi e l’attenzione al fraseggio, furfantesco e poetico insieme. Incisivi anche gli apporti di Giacomo Medici, nei panni del dottor Graziano, dall’appagante e schietta musicalità, e Vladimir Alexandrovich, basso nelle vesti di Pantalone, dalla perfettibile pronuncia, sì, ma dalla forza scenica indispensabile per arricchire le ampie parti corali che lo vedono tra i protagonisti.

Le due protagoniste femminili hanno tenuto testa con tenacia e successo a un tale parterre maschile: Silvia Pantani, nelle gentili vesti dell’innamorata Rosaura, ha messo la linea di canto fresca e pulita al servizio di un personaggio centrale nella narrazione, mostrandosi ora commovente, ora decisa a farsi valere, con fraseggio appropriato e gusto musicale delizioso. Molto bene anche la Colombina di Rachele Barchi, estremamente spigliata sia nel canto che nella recitazione, su cui ha costruito il vispo personaggio della domestica, tutta fatta di timbro e movenze brillanti e maliziose.

Questo folto cast, se non si fosse capito, ha avuto il gran pregio di essere totalmente in parte, sempre attento alla recitazione e così partecipe da aver restituito e amplificato la raffinata bellezza di un’opera così meritevole del successo ottenuto.

Al successo ha concorso in maniera decisiva anche l’idea registica e drammaturgica di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi: il classico audio in sala, che dà le solite indicazioni, questa volta ci annuncia che assisteremo a una rappresentazione di Cavalleria Rusticana. Il direttore attacca il preludio sinfonico, una sparuta Santuzza si aggira per il palco, con alle spalle uno stilizzato ambiente paesano, e si arriva perfino ai primi versi della “siciliana”. Poi le maschere italiane irrompono, tutto viene rovesciato, e Giocadio, alias Massimo Cavalletti, perora la causa della compagnia e costringe il direttore a cambiare programma e dirigere, appunto, “Le Maschere”. Inizia la sinfonia e a noi resta la piacevole e straniante sensazione di stare per assistere a qualcosa di magico. La scena è semplice, costituita da un palco con una pedana ruotata a mano, su cui via via si vedranno i cantanti interagire, apparire le sculture in cartapesta di Burlamacco e Ondina, maschere ufficiali del Carnevale di Viareggio, e alla fine prendere vita una sorta di carro allegorico vero e proprio, con tanto di mascherone che saluta il pubblico festante. Durante tutta l’opera, poi, il bellissimo fondale nudo del teatro e i giochi di luce notturni, ora spettrali, ora crepuscolari, contribuiscono a evidenziare i momenti più romantici e malinconici della partitura, alternati a quelli più comici e ridanciani, gestiti sempre con grande studio delle movenze e delle espressioni. Un allestimento, insomma, perfettamente riuscito, che lascia il solo ed unico rammarico di non poterlo più vedere, poiché si apprende che nessuna fondazione -ad esclusione della collaborazione di quella del Carnevale di Viareggio- ha voluto coprodurlo, probabilmente per mancanza di fiducia nel titolo. Mascagni e la sua arte meritano più produzioni di questo tipo, e le meriterebbero anche in altri teatri. Onore, quindi, a Livorno.

Mattia Marino Merlo – Teatro Goldoni di Livorno, 10 febbraio 2023