Dramma giocoso in due atti | |
Libretto di | Domenico Gilardoni |
Musica di | Gaetano Donizetti |
Personaggi | Interpreti |
Daria Garbinati, primadonna | Scilla Cristiano |
Procolo, marito della primadonna | Giorgio Valerio |
Biscroma Strappaviscere, maestro di cappella | Devis Longo |
Agata, madre di | Fabio Mario La Mattina |
Luigia, seconda donna | Anna Rita Mignardi |
Guglielmo Antolstoinoff, primo tenore | Michel Anner |
Pipetto, primo musico | ShinobuKikuchi |
Cesare Salsapariglia, droghiere e poeta | Matteo Preiti |
Impresario / Direttore del palcoscenico | Sergio Dos Santos |
Concertatore al pianoforte | Damiano Maria Cassironi |
Regia | Valerio Lopane |
Costumi e accessori | Franz Cancelli |
Attrezzerie | Calauce |
Scene | EMFG |
in collaborazione con | Danilo Formaggia |
Le convenienze ed inconvenienze teatrali è un’opera buffa in due atti di Gaetano Donizetti, debuttata al Teatro Nuovo di Napoli il 21 novembre 1827 come “farsa in un atto” e ampliata a opera in due atti per il Teatro della Canobbiana di Milano il 20 aprile 1831.
Il libretto è di Domenico Gilardoni (Napoli, 1798 – 1831), poeta ufficiale del Teatro San Carlo che dona al maestro bergamasco i libretti per Otto mesi in due ore e Il borgomastro di Saardam (1827, insieme a Le convenienze), L’esule di Roma e Gianni di Calais (1828), Il paria e Il giovedì grasso (1829), Il diluvio universale e I pazzi per progetto (1830), Francesca di Foix e La romanzesca e l’uomo nero (1831) e, infine, Fausta (1832).
Per Le convenienze il Gilardoni utilizza come fonte d’ispirazione letteraria due commedie in un atto di Antonio Simeone Sografi (Padova, 1759 – 1819), appunto Le convenienze teatrali (1794) e Le inconvenienze teatrali (1800); sempre per Donizetti, anche Jacopo Ferretti desume un libretto da una commedia del Sografi, l’Olivo e Pasquale che debutta al Teatro Valle di Roma nel 1827.
L’opera, ambientata all’interno di un teatro durante la messa in scena di un nuovo dramma per musica ispirato al Romolo ed Ersilia del Metastasio, mostra gli ambienti teatrali tratteggiati dai vari personaggi che li animano: si ha una capricciosa primadonna accompagnata dal marito sbruffone, un fragile tenore, una seconda donna con l’ingombrante madre, un contralto insofferente; si aggiungono il maestro compositore, il poeta e l’impresario che tentano invano di far collaborare fra loro i bizzarri artisti.
In questa occasione il Prof. Valerio Lopanein collaborazione con Danilo Formaggia riporta integralmente la versione del Teatro Real (Madrid, 2021) espuntandosolamente le arie di baule del secondo atto del tenore e della seconda donna; l’accompagnamento al pianoforte del maestro Damiano Maria Carissoni non ci ha tanto fatto sentire l’assenza dell’orchestra.
La rappresentazione, già di per sé frizzante e comica, è stata adattata per l’Auditorium Boccaleone e per un pubblico poco abituato a sentire l’opera lirica: i recitativi erano parlati e hanno permesso la comprensione anche a coloro che non conoscono l’opera e garantito l’efficacia dei vivacissimi numeri musicali.
Nessuno degli allievi di Danilo Formaggia ci delude, anzi danno prova di sapersi destreggiare in ruoli caricati e buffi solo apparentemente più semplici.
Daria, la bisbetica primadonna, è stata impersonata da Scilla Cristiano, soprano elegante e affascinante, eccellente nelle frasi più languide ma dotata di una buona agilità; si conferma morbida e voluttuosa nella sua cavatina “E puoi goder, tiranno” inserita nell’Introduzione I, si distingue nei concertati, si diverte sinceramente nel duetto con mamm’Agata e dà ottima prova di sé nell’aria di baule: per la serata è stata cantata la difficile “Quando rapita in estasi” dalla Lucia di Lammermoor.
A sorprendere e a far sempre ridere tutti è stato il di lei consorte, il Procolo di Giorgio Valerio: sgargiante nei suoi occhialoni rossi, è stato molto puntuale nei pezzi d’insieme e ha dimostrato grande padronanza nell’aria “Che credete che mia moglie” eseguita nella versione integrale (i pochi tagli hanno coinvolto prevalentemente la coda).
Il grande ruolo en travesti di mamm’Agata è stato ben affrontato da Fabio Mario La Mattina, che non ha stupito per l’ampiezza vocale ma ha dimostrato grandi prove attoriali: alternando versi in napoletano e in italiano (“Lazzarune, scauzacane / più creanza e più rispetto”, ad esempio), affronta la sua impegnativa aria col giusto piglio e si fa sentire nel duetto con la primadonna e nel terzetto. Il giovane baritono mette in campo tutta la sua vis comica imponendosi finalmente come protagonista nella splendida scena “Assisa a piè d’un sacco… Quando son vicina a te” e nel recitativo che anticipa il Finale II, in cui lo si vede vittima sacrificale.

Parti troppo piccole quelle di Pipetto e di Luigia per mostrare le doti di Shinobu Kikuchi e Anna Rita Mignardi che tuttavia convincono nella stretta dell’Introduzione I e nel Finale I: il contralto sfoggia il suo vigore nel pertichino e ricompare travestito da ninja in vece delle guardie mentre il giovane soprano si è ben distinta in tutti i pezzi d’insieme per la chiarezza del timbro.
Michel Anner è stato un ottimo Guglielmo, tenore tedesco dal “diabolico cognome”: partecipa brillantemente all’Introduzione e al terzetto “Per lei non trovo calma” e ci dona una simpaticissima parodia di “Ah, che mi vuoi” dell’Elvida, in cui sbaglia molto accuratamente le cadenze facendo trapelare una buona sicurezza e soprattutto una notevole e interessante potenza.
Eccellente, infine, la prova dei tre bassi: Devis Longo fa un maestro Biscroma piemontese che sembra dirigere e in qualche modo rassicurare i più giovani; ci strappa un sorriso mentre, lasciandosi trascinare dalla musica della cavatina della primadonna, si lancia con le prime note di “Come Paride vezzoso” (L’elisir d’amore) prima di essere ripreso dall’intera compagnia. Matteo Preiti è un poeta Cesare Salsapariglia calabrese puntuale e preciso e Sergio Dos Santos, solidissimo nel suo doppio ruolo di impresario e direttore, possiede sicuramente una delle voci più stentoree.
La regia di Valerio Lopane è semplicissima ma estremamente d’effetto: sul palco solo alcune sedie, un tavolo e un leggio, sullo sfondo si cambiano pochi ma ben studiati fondali. Da menzionare quello ideato per la scena di mamm’Agata, in cui è mostrata il quadro de La Venere del Botticelli: l’immagine della dea viene rimossa e lascia spazio sulla conchiglia al basso, vera diva della rappresentazione.
Complessivamente lo spettacolo è stato estremamente godibile e ha suscitato in tutto il pubblico presente sincere risate e sospiri d’approvazione sia nelle scene parlate che nei movimenti extratestuali che negli sfolgoranti pezzi musicali.