Libretto di Tobia Gorrio (Arrigo Boito)

Musica di Amilcare Ponchielli

CAST
La GiocondaIrina Churilova
Laura AdornoDaniela Barcellona
Alvise BadoèroErwin Schrott
La CiecaAnna Maria Chiuri
Enzo GrimaldoStefano La Colla
BarnabaRoberto Frontali
ZuàneFabrizio Beggi
Un cantore / Un pilotaJosé Morillo Hoyt 
IsèpoFrancesco Pittari 
Un barnabottoAlessandro Senes 
DirettoreFrédéric Chaslin
RegiaDavide Livermore
SceneGiò Forma
CostumiMariana Fracasso
LuciAntonio Castro
Video DesignerD-WOK
CoreografiaFrédéric Olivieri
Maestro del CoroAlberto Malazzi

Nuova produzione Teatro alla Scala

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Coro di Voci Bianche e Allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala

Il libretto de La Gioconda è un vero capolavoro letterario tratto da un dramma a fosche tinte di Victor Hugo, Angel, tyran de Padoue. Arrigo Boito, nato a Padova, il luogo del dramma originario, rielabora il dramma spostando l’azione in una Venezia carica di suggestioni tra regate e carnevale, dalla Ca’ d’oro alla Giudecca. Il linguaggio poetico è forbito e arricchito di termini desueti e rime rare. Boito gioca con questi preziosismi per tessere un arazzo dai colori plumbei e decadenti. E’ evidente che sia la poesia  che la  struttura dell’opera sia ipertrofica tanto che La Gioconda del 1876 durava molto di pù della versione attuale che corrisponde alla quarta e definitiva versione. Sarebbe interessante una volta, eseguire la prima versione per apprezzare la prima idea di Ponchielli e Boito. Le parti diverse sono molte e vengono qui brevemente riassunte.

  • Il Finale I è costituito da un recitativo di Gioconda e del coro festivo della Cuccagna
  • Il Duetto Enzo Laura è molto sviluppato, completamente diverso da quello attuale
  • Dopo il duetto Laura e Gioconda la partitura differisce completamente: un recitativo porta ad un terzetto Laura, Gioconda e Alvise e al finale d’atto con l’incendio
  • L’Atto III può iniziare nella prima versione con una ampia scena di Alvise oppure nella seconda e terza versione con una aria di Laura
  • L’aria attuale di Alvise (atto III scena IV) è in realtà la terza versione: la seconda ricorda un poco il credo di Jago dell’Otello verdiano.
  • Tutto il Finale III è differente con un concertato lento diverso e una ampia stretta.
  • L’atto IV coincide in tutte le 4 versioni.

Alcune scene dell’opera anticipano il Grand Guignol che sarà istituito solo nel 1897. Il dramma di Hugo viene profondamente rielaborato e la madre di Gioconda solo citata da Hugo diventa reale in Boito. Addirittura è uno dei personaggi più in interessanti del dramma. La Cieca che “ci guarda e ci vede” rimane indelebile nella nostra memoria.

Ponchielli compose circa 14 opere e La Gioconda si colloca verso la fina della sua carriera. Purtroppo visse solo 51 anni e, visto i successi de Il figliuol prodigo e Marion Delorme, avremmo avuto nuovi capolavori se la morte non l’avesse portato via così presto. Anche I Liutuani sarebbero da riproporre al pubblico moderno.


Il sempre geniale Davide Livermore non eccelle in questa regia con molte idee ma poco omogenea. Il ponte di Rialto, palazzo ducale e la Ca’ d’oro utilizzano le stesse scene che si aprono e si chiudono per ricreare spazi più ampi o più intimi. La presenza di un angelo dal cielo è alquanto stucchevole mentre sorprende il brigantino dalmata dalle dimensioni davvero inusitate, dando importanza a tutto il concitato secondo atto. Il soffitto di palazzo Grimani a Venezia (luogo di recente apertura al pubblico vicino a Santa Maria Formosa) viene proiettato fin dall’inizio a tutta scena inquadrando una cornice dove durante il preludio viene riassunta tutta l’opera. Il soffitto viene riproposto una ultima volta nel IV atto subendo una trasformazione prospettica divenendo quasi un labirinto vorticoso. Proprio nel finale dell’opera assistiamo ad una “invenzione” di Livermore: Gioconda non si uccide (oppure su uccide ma vive il suo doppio) e anche la Cieca come fantasima ossessiona Barnaba. La sua ultima risata grottesca, prevista in partitura, diviene un grido di paura alla vista della Cieca e Barnaba scappa nell’oscurità. Un bel colpo di scena dopo tutto. Anche il finale di Tosca il 7 dicembre di qualche anno fa era stato “manipolato” creando un vespaio di polemiche. Molto belli i costumi proposti in questa edizione, realizzati da Mariana Fracasso.

 


Il 14 giugno abbiamo ascoltato nel ruolo del titolo Irina Churilova, russa di Novosibirsk, sul fiumo Ob. Era la sua prima recita in questo ruolo nella produzione scaligera. Sicuramente la sua voce ha una certa potenza e spesso, a livello drammatico, le sue zampate leonine erano visibili. Ma il grande temperamento non poteva nascondere un registro grave carente ed acuti sbilanciati e stonati. L’aria “Suicidio” è affrontata all’inizio con sicurezza ma poi viene indebolita da varie insicurezze e la frase “Enzo pietà di me” è un fallimento completo. Discreto terzetto iniziale con la madre e Barnaba, bene il duetto con Laura una magnifica Daniela Barcellona che da troppo tempo mancava sul palcoscenico scaligero. “L’amo come il fulgor del creato” è sviluppato dal mezzosoprano con una voce dal giusto càlibro, di perfetta intonazione e dal caldo timbro. Medesima qualità viene espressa nella breve preghiera precedente “Stella del marinar”.  


Prova eccellente per Erwin Schrott nel ruolo di Alvise Badoèro, basso/baritono che non delude mai. Si muove con disinvoltura sulla scena e con autorità canta “Là turbini e farnetichi” terza versione dell’aria di Alvise. Mentre altri cantanti scrutano il direttore, il suggeritore e gli schermi tv con le indicazioni metronimiche, Schrott è tutto concentrato sulla scena per agire nel modo più “fluido” possibile, baciando la mano alle maschere, agendo con impeto verso Laura, dialogando in segreto con Barnaba. Il timbro della sua voce è nobilissimo e ricco.
Roberto Frontali sta vivendo una nuova giovinezza. Nel dicembre 2019 cantò degli ottimi Vespri Siciliani a Roma, un Guy de Montfort di riferimento. Ora la potenza vocale non è da meno, dalla fila J di platea la sua voce era davvero trasbordante. Certo mancavano alcune raffinatezze ma il ruolo di Barnaba è alquanto ruvido quindi viene reso al meglio anche così. Gli ottoni introducono “O monumento” (il palazzo Ducale) e la grande scena è particolarmente convincente per la veemenza del canto. Più morbida la voce in “Pescator affonda l’esca” con coro al seguito. Frontali disegna un villain perfetto, truce e cattivo al massimo.  
Enzo Grimaldo è Stefano La Colla che ha sostituito in extremis Fabio Sartori. Probabilmente ha avuto poco tempo per ripassare la parte poiché il canto risulta abbastanza monotono e senza colori. Il timbro non è male, gli acuti affrontati con caparbietà ma le due strofe di “Cielo e mar” risultano troppo omogenee e senza colori. Bene il duetto con Barnaba dove la luminosa tonalità di Do maggiore permette al tenore una melodia ampia e chiara “O grido di quest’anima”. La sua sortita nel primo atto alla fine di una lunga scena corale che incita all’uccisione della Cieca ricorda la sortita di alcuni anni dopo dell’Otello verdiano. Confrontate quindi “Assassini!” e “Vituperio!” con l’ ”Esultate” verdiano.


La Cieca è Anna Maria Chiuri notevole mezzosoprano/contralto più volte apprezzata in scena. Delle volte ha impersonato anche il ruolo di Laura. La Chiuri ci ipnotizza che “Voce di donna” e “A te questo rosario”. Brunita la sua voce nel terzetto iniziale con Gioconda e Barnaba, un terzetto dal ritmo cullante.
Dopo varie critiche alla direzione di Frédéric Chaslin mosse durante le prime recite sembra che ci sia più sintonia tra voci e orchestra. L’orchestra risulta vivida e variopinta in”Feste e pane” e nel Carnevale a fine Atto I. Il colore cupo e plumbeo è mantenuto invece alla presenza dei sei solisti sempre intenti a qualche macchinazione. Lo squarcio lirico che chiude il terzo atto (composto da Ponchielli una volta eliminata la tumultuosa stretta) è ben realizzato. Come nelle regia però anche nella direzione manca un disegno unitario e tutta l’opera sembra fatta di scene giustapposte.  Il coro, in gran forma, è quasi sempre protagonista con cori su ritmi danzanti. Nutrito il coro di voci bianche, gli scoiattoli del mar, che animano l’inizio del secondo atto. La danza ha importanza nel primo atto e soprattutto durante la festa dell’atto III. La danza delle Ore viene realizzata dall’Accademia di Danza della Scala, con ballerine in tutù bianco, 5 ballerine in veste scura di lamé a rappresentare Laura e un giovane ballerino ad impersonare Alvise. Ne risulta un balletto molto vario con la presenza di due figure sospese in aria e il sofà dove Laura è condannata a morte, inserendo così il balletto nella vicenda.
Speriamo che nelle prossime recite ci sia più unità in questa Gioconda che ha avuto sicuramente in questa rappresentazione luci ed ombre. Ottimo il programma di sala ricco di informazioni sulla genesi dell’opera e corredato da una ricca iconografia con molti figurini e bozzetti dell’opera. Il programma è disponibile anche online sul sito della Scala. Buona lettura e buon ascolto.

Fabio Tranchida