Farnace | Raffaele Pe |
Gilade | Francesca Lombardi Mazzulli |
Tamiri | Chiara Brunello |
Berenice | Elena Biscuola |
Pompeo | Leonardo Cortellazzi |
Selinda | Silvia Alice Gianolla |
Aquilio | Mauro Borgioni |
direttore | Federico Maria Sardelli |
regia | Marco Belussi |
scene | Matteo Paoletti Franzato |
costumi | Carlos Tieppo |
luci | Marco Cazzola |
video | CREATIVITE |
Orchestra e Coro Accademia dello Spirito Santo | |
maestro del coro | Francesco Pinamonti |
Libretto di Antonio Maria Lucchini
Musica di Antonio Vivladi
Farnace (RV 711) è sicuramente una delle opere su cui Antonio Lucio Vivaldi si è concentrato, vantando ben sei versioni differenti regolarmente eseguite dal 1727 al 1737; a queste se ne aggiunge un’ultima, del 1738, destinata al Teatro Bonaccorsi di Ferrara che però non venne rappresentata (le differenze fra le varie versioni sono state riportate nella tabella in calce).
L’allora legato pontificio in Romagna, Card. T. Ruffo, riuscì infatti a impedire l’accesso alla città di Ferrara al compositore che dovette ripiegare in Austria dove morì pochi anni dopo.
L’ostilità della Chiesa nei confronti del Prete Rosso nasce primariamente dall’esenzione che Vivaldi ottenne a dispensare la messa e poi dalla condotta, ritenuta immorale, che si vociferava fosse solito intrattenere con le cantanti.
In particolare la sig.ra Anna Girò, nata a Mantova, 1710 circa, aveva fatto parlare del compositore: giovanissima, aveva debuttato nel 1723 a Treviso (ne La ninfa infelice e fortunata di Giuseppe Boniventi) e l’anno dopo arrivava a Venezia (inizialmente per la Laodice di Albinoni); nel 1726 canta per la prima volta in un’opera di Vivaldi (sostiene il ruolo dell’infelice Eudamia nella Dorilla in Tempe). La collaborazione che ne nasce fu prolifica e felice: essa fu la prima donna del compositore da qui alla fine della carriera di Vivaldi al punto che le notizie biografiche sul suo conto scompaiono dopo il 1748, pochi anni dopo la morte del veneziano. Le prime vivaldiane in cui la Girò compare come primadonna sono almeno sedici: Farnace (Tamiri), Orlando Furioso (Alcina), Rosilena e Oronta (Oronta); L’Atenaide (Pulcheria); Semiramide (ruolo del titolo); Motezuma (Mitrane); L’Adelaide (rdt); Tamerlano, ovvero Bajazet (Asteria); Griselda (rdt); Ginevra regina di Scozia (rdt); Alessandro nell’Indie (Cleofide); Catone in Utica (Marzia); L’oracolo in Messenia (Merope); Armida al campo d’Egitto (rdt); Rosmira (rdt ed Eurimene); Siroe, re di Persia (Emira).
Nonostante Vivaldi avesse in più occasioni ribadito il rapporto esclusivamente professionale che lo legava alla primadonna (nelll’epistolario col suo protettore in Ferrara, il marchese Guido Bentivoglio, si legge di una sua giustificazione nel 1737) le voci, che la vedevano assistere al compositore anche come cameriera e infermiera personale, diedero man forte al legato Ruffo.

In questa sede il Maestro Sardelli ci regala un’occasione unica, essendo riuscito a riscoprire e a rappresentare due dei tre atti dell’opera nella versione ferrarese, mai eseguita finora ma incisa in album dal Maestro Fasolis – un confronto appare inevitabile. Il cd del Maestro Fasolis è ricostruito inserendo, assieme ai due atti riscoperti, l’ouverture e il terzo atto delle precedenti versioni attestate; qui, il Maestro Sardelli vuole omaggiare il compositore eliminando il terzo atto, di cui non si trovata sufficiente documentazione, per proporre una versione filologicamente rigorosa e spettacolarmente rischiosa (un avventore esterno, magari non preparatissimo sulle vicende biografiche del compositore, si ritrova di fronte a uno spettacolo monco del finale, a una storia che termina senza soluzioni nell’apice dell’intreccio); lascia allora adito a richieste di spiegazioni la sostituzione dell’ouverture con quella del Tamerlano: per rigore di ricerca avevano da rappresentarsi solamente i due atti recuperati, per acquiescenza degli spettatori meno pratici si potevano inserire un’ouverture e un atto finale di recupero ma sempre dal Farnace, non da altre opere. Si confonde un po’, così facendo, l’intento filologico.
Sulla resa, ovviamente, niente da dire: il Maestro Sardelli si riconferma come garanzia di spettacoli perfettamente riusciti, piacevoli e mai banali. Eccezionali i cantanti scelti: ha efficacemente convinto il grande controtenore Raffaele Pe, raffinato interprete del Barocco (lo ricordiamo soprattutto per le sue interpretazioni delle handeliane Giulio Cesare, Serse e Rinaldo, per indicarne solo alcune), virtuoso ed agile nella prima aria “Ricordati che sei” e languido e struggente nella seconda “Perdona, o figlio amato” facendoci quasi dimenticare della celeberrima Gelido in ogni vena che la precedeva. Splendida e magnificamente eseguita anche l’agile “Fremo in un punto e gemo, una delle sei arie assenti nelle versioni precedenti RV 711 a-f.
Una nota di merito alla primadonna, la Tamiri di Chiara Brunello, puntuale e travolgente sia nella pugnace “Combattono quest’alma” sia nell’Andante del “Dividete, o giusti dei” ma soprattutto molto valevole nella recitazione nei recitativi, troppo spesso sottovalutati. Una menzione di merito anche alla spietata Berenice di Elena Biscuola che ha saputo ben sostenere il ruolo furioso nonostante un’indisposizione che l’ha costretta a evitare l’esecuzione della terza aria, “Amorosa e men irata”.

Molto ben sostenuta è stata la parte del virile Aquilio da parte del baritono barocco Mauro Borgioni, particolarmente abile soprattutto nella seconda aria, “Alle minacce di fiera belva” e nel leggiadrissimo duetto con la deliziosa morbidezza della bella Selinda, interpretata dalla altrettanto amabile e vellutata Silvia Alice Gianolla. L’amoroso soprano en travesti Gilade, interpretato da Francesca Lombardi Mazzulli(se ne consiglia l’ascolto de La scuola dei gelosi di Salieri, edito da Deutsche Harmonia Mundi), ha espresso con la giusta agilità soprattutto la prima aria, “Nell’intimo del petto”.
La regia, semplicissima, basata sul moderno gioco di pannelli, proiezioni e sfondi luminosi, e i costumi non storicizzati ma ben identificativi del personaggio all’interno della vicenda (la fiera Berenice col suo mantello maculato da giaguaro o le leggerissime ed evanescenti vesti della sfuggente Selinda) cercano di rievocare quelle storie senza tempo e senza luogo, che si svincolano dall’hic et nunc in cui sono ambientate ed eternano parole, musiche e sentimenti. Un Farnace, tanti Farnace come potete vedere dallo schema. Il Farnace presentato a Piacenza ha avuto i suoi motivi di interesse e il pubblico ha apprezzato molto l capolavoro vivaldiano. Torneremo a Piacenza ad ottobre per Mefistofele e vene ne daremo pronta notizia.
A) Venezia, 1727 | B) Venezia, 27 | C) Praga, 30 | D) Pavia, 31 | E) Mantova, 32 | F) Treviso, 37 | G) Ferrara, 38 |
Atto Primo | ||||||
Ricordati che sei (F) | = | = | = | = | = | Ricordati che sei (F) |
Combattono quest’alma (T) | = | = | = | = | = | Combattono quest’alma (T) |
Dell’Eusino con aura seconda (Ch) | = | Contro al corso dell’onda profonda (B) | = | = | = | Dell’Eusino con aura seconda (Ch) |
Su campioni, su guerrieri (Ch) | = | = | = | = | = | Su campioni, su guerrieri (Ch) |
Nell’intimo del petto (G) | = | = | = | = | Nell’intimo del petto (G) | |
Penso che begl’occhi io penserò (A) | = | = | = | Penso che begl’occhi io penserò (A) | ||
Al vezzeggiar d’un volto (S) | = | = | = | = | = | |
Da quel ferro ch’ha svenato (B) | = | = | = | = | = | Da quel ferro ch’ha svenato (B) |
Non trova mai riposo (T) | = | = | Leon feroce (T) | Eroi del Tebro (T) | Non trova mai riposo (T) | O di Roma forti eroi (T) |
Occhio, che il sol rimira (P) | = | Sorge l’irato nembo (P) | La Sorte incostante (P) | Occhio, che il sol rimira (P) | Non temer senza stella (P) | |
Quella lupa maledetta (Gr) | ||||||
Secondo Atto | ||||||
Lascia di sospirar (S) | = | Spogli pur l’ingiusta Roma (F) | Lascia di sospirar (S) | = | Lascia di sospirar (S) | |
Talor due pupillette (A) | Mi sento nel petto (A) | Allor io ti dirò (S) | Alle minacce di fiera belva (A) | |||
Langue misero quel valore (B) | = | = | = | = | = | Al tribunal d’amore (B) |
S’alza un vapor al ciel (G) | Arsa dai rai cocenti (G) | Di quelle pupillette (G) | E un dolce furore (G) | = | Quell’usignolo (G) | |
Perdona, o figlio amato (F) | = | = | Gelido in ogni vena (F) | Perdona, o figlio amato (F) | = | Perdona, o figlio amato (F) |
Dividete, o giusti dei (T) | = | = | Arsa dai rai cocenti (T) | La madre, lo sposo (T) | Dividete, o giusti dei (T) | Dividete, o giusti dei (T) |
Quel tuo ciglio languidetto (G) | Chi mi spoglia (Gr) | Quel tuo ciglio languidetto (G) | Scherza l’aura lusinghiera (G) | Quel tuo ciglio languidetto (G) | Quel tuo ciglio languidetto (G) | |
Spogli pur l’ingiusta Roma (F) | = | = | = | = | Gemo in un punto e fremo (F) | |
Roma invitta ma clemente (P) | Leon feroce (P) | = | Roma invitta ma clemente (P) | = | = | Roma invitta ma clemente (P) |
Lascerò d’esser spietata (B) | Pensando allo sposo (B) | Lascerò d’esser spietata (B) | Amorosa e men irata (B) | Lascerò d’esser spietata (B) | Amorosa e men irata (B) | |
Io sento nel petto (A, S) | = | = | = | = | Io sento nel petto (A, S) |
In tabella sono riportati i numeri musicali delle sette versioni del Farnace (RV 711 a-g); fra parentesi l’iniziale del personaggio che interpreta l’aria; sono indicate, in grassetto, le sei arie inserite appositamente per questa versione del 1738.
Matteo Oscar Poccioni
