Musica di Giuseppe Verdi
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Francesco Maria Piave
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Macbeth | Luca Salsi |
Banco | Ildar Abdrazakov |
Lady Macbeth | Anna Netrebko |
Dama di Lady Macbeth | Chiara Isotton |
Macduff | Francesco Meli |
Malcolm | Iván Ayón Rivas |
Medico | Andrea Pellegrini |
Domestico | Leonardo Galeazzi |
Sicario | Guillermo Bussolini |
Direttore | Riccardo Chailly |
Regia | Davide Livermore |
Scene | Giò Forma |
Costumi | Gianluca Falaschi |
Luci | Antonio Castro |
Video | D-Wok |
Coreografia | Daniel Ezralow |
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Già il MacBeth fiorentino del 1847 è un capolavoro a tutti gli effetti, con la figura del baritono portata alle estreme conseguenze, un protagonista assoluto. Verdi poteva contare sul carismatico Felice Varesi, poi Rigoletto e poi Germont. La riforma imposta dal nuovo palcoscenico francese nel 1865 migliorò ulteriormente la partitura con squarci armonicamente più sperimentali, con l’aria introspettiva “La luce langue”, col nuovo Coro “Patria oppressa” e 20 minuti di balletti che cercavano di copiare il balletto “caratteristico” e stregato del Robert le Diable. Proprio Meyerbeer, sebene spirato da poco, fu il nemico numero uno poiché negli stessi giorni della premiere francese di MacBeth ecco eseguire all’Opéra la prima mondiale de L’Africaine con enorme ed universale successo. Una partitura a cui Meyerbeer aveva dedicato 30 anni di vita seppur saltuariamente. Dopo un mese di recite con poco pubblico MacBeth in Francia dovette chiudere i battenti e in Italia si continuò per lungo tempo ad eseguire la prima versione non riformata. E’ la terza volta che la Scala inaugura con MacBeth e ancora ci ricordiamo il grande successo della versione Muti/Bruson/Guleghina, la versione del CUBO per intenderci. Il direttore musicale Riccardo Chailly con questo 7 dicembre prosegue l’indagine del Verdi giovanile un complesso percorso iniziato con Giovanna d’Arco (7 dicembre 2015) e proseguito con Attila (7 dicembre 2018) con la regia di Livermore. Davide Livermore per questa nuova prova pensa ai milioni di telespettatori collegati il 7 dicembre e un po’ meno ai 1800 spettatori in sala. Una bellissima e moderna regia pensata per il piccolo schermo con tanti “effetti speciali” ambientata in una città futuribile. L’ispirazione è il film Inception come da lui stesso dichiarato. Ma in questa città e in questi saloni decò possiamo trovare dei dettagli della produzione grafica di Piero Portaluppi grande architetto milanese. Livermore è al suo quarto spettacolo inaugurale e non sbaglia mai un colpo insieme agli scenografi di Giò Forma e al mirabile costumista Gianluca Falaschi.

Abbiamo sentito tre recite dal vivo di questo MacBeth e nelle ultime recite tutto il cast ha dato il meglio mentre inizialmente forse troppa era la tensione e la concentrazione. Le ultime performance della Lady di Anna Netrebko hanno reso al massimo. Ferina nella prima aria con cabaletta (ma avremmo fatto leggere a lei tutta la lettera), introspettiva ne “La luce langue” un piccolo capolavoro tripartito ma fulmineo. Ottimo il sonnambulismo sospesa su un cornicione: mezze voci, pianissimi hanno creato effetti raggelanti. Il MacBeth di Luca Salsi è un personaggio complesso. Il canto di Salsi è espressionista nel senso che enfatizza l’espressione in ogni frase. Ogni inciso melodico è tornito a dovere per ottenere un effetto. Mirabile “Mi si affaccia un pugnal”, piene di giusto eccesso le due declamazioni alla vista dello spettro di Banco (entrambe riscritte nel 1865). Chailly reinserisce la morte di MacBeth completando così tutte le facce di questo personaggio sublime nella sua efferatezza. Il Macduff di Francesco Meli è un nobilissimo tenore che sembra quasi indifferente alla vicenda, superiore a tutti gli orrori. “La paterna mano” porta ad acclamazioni sempre sentite da parte del pubblico, ma anche i suoi interventi nei vari ensemble sono sempre ben definiti e ben udibili.
Potente il Banco di Ildar Abdrazakov preciso nel duetto e nella breve aria: spiace non canti di più ma un recente recital di canto alla Scala ha compensato a ciò. La Dama di Lady Macbeth è una dama di lusso, si tratta di Chiara Isotton che canta il do acuto sola soletta senza la “complicità” della Lady. Abbiamo sempre sentito nelle nostre tre recite il Sicario di Guillermo Bussolini artista del coro che spesso è promosso solista e anche nella ripresa televisiva veniva omaggiato da molti primi piani. Eccellente il coro scaligero nei numerosi passi in cui impegnato fino al potente coro patriottico con cui inizia il 4° atto. Chailly ha fatto un grande lavoro con l’orchestra. Le prime recite a dire il vero erano un po’ troppo lente e concentrate sopratutte nei primi due atti mentre nelle recite successive il disegno complessivo è prevalso. Un MacBeth da vedere e rivedere.
Fabio Tranchida