Medea in Corinto
Melodramma tragico di Felice Romani
Musica di Giovanni Simone Mayr
Prima esecuzione: Napoli, Real Teatro di San Carlo, 28 novembre 1813
Edizione critica della versione di Bergamo (1821) a cura di Paolo Rossini © Casa Ricordi, Berlino
Creonte Roberto Lorenzi
Egeo Michele Angelini
Medea Carmela Remigio
Giasone Juan Francisco Gatell
Creusa Marta Torbidoni
Ismene Caterina Di Tonno
Tideo Marcello Nardis
Direttore Jonathan Brandani
Regia Francesco Micheli
Scene Edoardo Sanchi
Costumi Giada Masi
Lighting design Alessandro AndreoliDrammaturgo Davide Pascarella
Assistente alla regia Tommaso Franchin
Assistente alle scene Chiara Taiocchi
Orchestra Donizetti Opera
Maestro al fortepiano Hana Lee
Coro Donizetti Opera
Maestro del coro Fabio Tartari
Creonte Roberto Lorenzi
Egeo Michele Angelini
Medea Carmela Remigio
Giasone Juan Francisco Gatell
Creusa Marta Torbidoni
Ismene Caterina Di Tonno
Tideo Marcello Nardis
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti
Giovanni Simona Mayr (1763-1845) è un compositore nato in Baviera, ma bergamasco d’adozione. Il maestro di Gaetano Donizetti aveva istituito le Lezioni caritatevoli proprio per insegnare musica a chi non poteva permetterselo: in quegli anni Mayr era maestro di cappella in Santa Maria Maggiore. Mayr dal 1794 al 1823 compone una cinquantina di opere molto apprezzate all’epoca in tutta Europa.
Al Festival Donizetti di Bergamo si è sempre attenti a questa figura che è sepolta insieme al suo più illustre allievo proprio in Santa Maria Maggiore in città alta a Bergamo. Negli anni passati è stato eseguito per esempio Amor ingegnoso, Ginevra di Scozia, Che originali (in una interessante edizione che recuperava la prima assoluta veneziana).
Richiesto da Gioachino Murat a Napoli in una corte francesizzata, Mayr rifiuta di trasferirsi stabilmente nella città partenopea ma scrive Medea in Corinto proprio per il San Carlo. Dopo due anni arriverà a Napoli, passata sotto i Borboni, un certo Gioachino Rossini che rivoluzionò la musica lirica.
Medea in Corinto è stato considerato fin da subito uno dei capolavori di Mayr, più stimato che eseguito in effetti. Felice Romani, genovese, aveva da poco esordito come librettista con La rosa bianca e la rosa rossa sempre per Mayr. Il libretto è esso stesso un capolavoro frutto di una elaborazione da numerose fonti essendo il soggetto molto sfruttato. La Médée di Cherubini vista probabilmente da entrambi a Parigi, la Vendetta di Medea di Gaetano Marinelli, le tragedie di Francesco Gambara, di Giovanni Battista Niccolini, e di Domenico Morosini, quest’ultima fonte importante per Romani.
Medea di Mayr ebbe numerose riprese in tutta Europa e fu talvolta adattata dallo stesso compositore. Nel 1821 Mayr ne fece una versione per Teatro Sociale di Bergamo a cui era molto legato, rielaborando diverse parti dell’opera.

I cambiamenti principali riguardono 7 numeri musicali dell’opera che vengono riscritti parzialmente modificando le parti di Creusa e di Egeo. Vengono eliminati i cori femminili che introducono le arie di Creusa poiché a Bergamo non erano disponibili. I recitativi sono recitativi secchi differentemente dai recitativi accompagnati realizzati per Napoli sulla moda francese.
Il Festival con Pigmalione di Donizetti ha iniziato ad eseguire le opere esattamente nell’anniversario di 200 anni dopo dalla prima esecuzione. Nel 1821 Donizetti non scrive nessuna opera e quindi l’anniversario passa a Mayr che nel 1821 fa la nuova versione per il Sociale.
L’edizione critica della versione di Bergamo è stata realizzata da Paolo Rossini che nel programma di sala spiega con accuratezza la versione bergamasca.
“Medea in Corinto” è diretta da Jonathan Brandani, che l’ha diretta negli Stati Uniti, e nel programma di sala si racconta intervistato da Alberto Mattioli.
La regia di Francesco Micheli, direttore artistico del Festival, approfondisce il rapporta a 4 delle due coppie che si scompongono e ricompongono continuamente in ambienti privati anni ’70. Nella sinfonia ci sono salti temporali dal 1959 in Colchida, 1960 in Tessaglia e nel 2021 a Corinto. Il preparato coro maschile introduce l’aria di Creusa che Mayr riscrive influenzato dal nuovo stile rossiniano. Creusa è Marta Torbidoni che affronta con puntualità la difficile scrittura virtuosistica con salite verso l’acuto, e gorgheggi fioriti nella ampia coda che conclude l’ampia introduzione con “Ah! Splendi propizio bel giorno di pace”. Ampio il coro militare che introduce Giasone come eroe vincitore. Juan Francisco Gatell orna la parola “Volai” del verso “Di gloria all’invito tra l’armi volai”. Tessitura acuta e tesa che non crea problemi all’esperto tenore che affronta una parte scritta per Andrea Nozzari. Nella XII scena dell’atto II ecco la messa di voce del motto “Amor” in “Amor per te penai”. Sospensione poco dopo con il verso “Dove sono? Chi mi desta?”.Gatell rende il ruolo credibile, ammorbidendo le aspre linee vocali creando un tenore amorevole vittima delle trame di Medea.

La parte della protagonista necessita sia di una grande cantante che una grande attrice. Giuditta Pasta si appropriò del ruolo negli anni ’20 e ’30 dell’800. Carmela Remigio ha successo sia dal punto di vista vocale che da quello scenico e è ormai una beniamina del pubblico del Festival, dopo la sua Borgia e il Castello di Kenilworth. La robusta voce della Remigio è perfetta per indagare a fondo i recitativi come quello accompagnato che porta la duetto N°4 con Giasone. Gli accenti sono ben messi a fuoco e ne esce una donna spoglia di ogni orpello e vittima delle sue passioni. L’aria del secondo atto con il coro dalle tenebre è il vertice della partitura. Bene anche l’Egeo Michele Angelini che l’anno scorso era indisposto durante il Marin Faliero. “Io ti lasciai piangendo” e “Ma se mi lacera” vengono ben svolte dal tenore, con una voce chiara e intonata. L’acuto finale non viene perfettamente messo a fuoco. Nel secondo atto Angelini prosegue la sua bella prova con l’aria “I dolci contenti” e il duetto “Se, il sangue la vita”.

Creonte è il formidabile basso Roberto Lorenzi conosciuto come Don Profondo al ROF di alcuni anni fa a Pesaro. Due anni fa svolge alla perfezione la parte di Don Gaspar nella nuovissima L’ange de Nisida. Lorenzi è vestito da sacerdote greco bizantino, l’unico ad essere in costume “antico”. La sua è una presenza ieratica e la voce morbida e ampia di Lorenzi ne descrive un personaggio credibilissimo fondamentale per esempio nei due ampi finali d’atto.
Uno degli spettacoli più interessanti del festival da vedere più volte quando verrà disponibile il DVD per comprendere il grande lavoro della regia.

Il prossimo festival consisterà nell’esecuzione de La favorite, L’ajo nell’imbarazzo e Chiara e Serafina ossia I Pirati.
Fabio Tranchida