Opéra en quatre actes di Luigi Balochi e Étienne de Jouy
Musica di Gioachino Rossini
Edizione Casa Ricordi
Moïse ROBERTO TAGLIAVINI
Pharaon ERWIN SCHROTT
Aménophis ANDREW OWENS
Éliézer ALEXEY TATARINTSEV
Osiride / Voix mystérieuse (La voce di Dio) NICOLÒ DONINI
Aufide MATTEO ROMA
Sinaïde VASILISA BERZHANSKAYA
Anaï ELEONORA BURATTO
Marie MONICA BACELLI
Direttore GIACOMO SAGRIPANTI
Regia, Scene e Costumi PIER LUIGI PIZZI
Regista collaboratore e Luci MASSIMO GASPARON
Coreografie GHEORGHE IANCU
CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
Primi Ballerini GIOACCHINO STARACE e MARIA CELESTE LOSA
Il Rossini Opera Festival ha vinto una sfida incredibile, allestire in tempo di pandemia un grand opéra portando in scena masse corali, ballerini, mimi e ben 9 solisti. Rossini era già stato rivoluzionario (solo in musica, in realtà temeva le vere rivoluzioni) con il suo Mosè in Egitto, proponendo un inizio dell’opera in media res tra spesse tenebre, esaltando i pezzi d’assieme e trascurando le arie solistiche. Per una ripresa, sempre a Napoli, compose l’immortale preghiera “Dal tuo stellato soglio” ristrutturando tutto il finale III. Per il suo terzo importante appuntamento parigino, dopo il nuovissimo Viaggio a Reims e la riscrittura del Maometto II, decide di espandere il Mosè in Egitto in Moïse (questo il titolo usato a Parigi). Per la prima volta scriveva una opera in 4 atti e le dimensioni delle partiture divenivano sempre più mastodontiche, un processo già nato negli anni napoletani per culminare con Semiramide che sebbene in 2 atti dura quanto il Guillame Tell in 4. Il primo atto è una composizione ex novo, a parte un duetto, ed esprime al meglio la nuova “maniera” rossiniana. L’atto è un unico, ampio arco, con molteplici accadimenti concatenati, con un coro sempre protagonista, con aspetti spettacolari e danzanti.
Come a Napoli si aggiunse in un secondo momento la Preghiera, a Parigi venne aggiunto dopo la chiusura del Mar Rosso un Cantique: sembra che già alle prime recite venne eliminato (probabilmente per questioni scenotecniche). Pochi mesi dopo in un opuscolo per la mise en scene lo scenografo parla del Cantique come parte integrante dell’opera. Qui a Pesaro venne eseguito per la prima volta nel 1997, protagonista dell’opera Michele Pertusi. Anche al festival di Bad Wildbad è stato eseguito in anni recenti. Il direttore Giacomo Sagripanti lo considera, giustamente, parte integrante dell’opera, una degna conclusione ad una composizione così ampia. Nella stessa Bibbia è presente l’episodio del Cantico di ringraziamento una volta attraversato il liquido elemento.
Pier Luigi Pizzi aiutato da Massimo Gasparon ci offre un spettacolo geometrico ed essenziale tutto giocato sulle luci e colori contrastanti. Il popolo ebraico ha colore bianco e beige mentre gli egizi viola e azzurro. I movimenti dei cori sono volutamente ridotti al minimo dando sacralità ai loro interventi. Gli eventi soprannaturali vengono da Rossini sempre sottolineati da musica imitativa ed evocativa di rara sensibilità. La loro realizzazione in questo spettacolo risulta essere troppo semplificata, con effetti video che sarebbero dovuti essere più sviluppati.
Moïse è la nobile voce di Roberto Tragliavini, assiduo frequentatore di Rossini. Rossini non prescrive per Moïse alcuna aria, rendendo il personaggio motore della vicenda senza alcuna staticità. Tagliavini riempie l’enorme spazio dell’arena con la Preghiera “Dieu de la paix” nel primo atto. Esorta con il suo timbro di velluto il popolo ebraico e termina l’opera con Preghiera e Cantique sonori.
Pharaon è uruguayano Erwin Schrott uno dei più grandi bassi a livello internazionale. Il cantante è famoso per il suo carattere esuberante e volitivo. Il volume sonoro è straripante, gli accenti sempre chiaroscurati, le frasi varie. Sul palcoscenico andando oltre le indicazioni di Pizzi rende il suo personaggio mobilissimo, sempre in dialogo con gli altri e legato amorevolmente alla regina che ossequia di tanto in tanto. Si distingue per vitalità e per un mercurio nelle vene rompendo la statica composizione di Pizzi.
Schiaccia inesorabilmente il tenore, suo figlio Aménophis, impersonato di Andrew Owens nel duetto proveniente dalla versione napoletana. Il tenore in difficoltà nelle prime due recite ha perso la voce proprio dopo il Re sovracuto, per la prima volta eseguito. In estremo affanno il duetto è stato monopolizzato da Schrott con la sua voce simile ad una colata lavica senza argini per frenarla. Il tenore timidamente ha cantato le note centrali del duetto con Anaï. Eleonora Buratto ci sorprende dopo averla ascoltata in 100 Bohémè in questo repertorio di puro belcantismo. Voce limpida, sicurissima nella sua aria del IV atto dove Rossini supera se stesso creando una scena complessa e varia. Le puntature della Buratto sono adamantine creando una positiva tensione prima della Preghiera. Rossini torna al suo linguaggio apollineo nel duetto di lei con Marie, una ragguardevole Monica Bacelli che ha arricchito con la sua voce mezzosopranile scura e ben pesata i numerosi insiemi che costellano la partitura.
Éliézer è Alexey Tatarintsev, che svolge la sua poco gratificante parte di tenore con professionalità. Drammatico il lungo recitativo iniziale e buoni gli interventi nei falsi canoni e concertati.
Sinaïde è la strabiliante Vasilisa Berzhansk applauditissima al Bolshoi. La sua grande aria che chiude il II atto è un miracolo di dizione, accento e volume. Un mezzosoprano granitico che esprime nei vari momenti tutti gli affetti di una madre premurosa. La ripresa in pianissimo dell’ultimo episodio crea grande concentrazione. Verdi sicuramente vide le potenzialità di un mezzosoprano in questo ruolo di donna egizia e le emulò in Amneris sebbene lei sia di altro carattere.
Osiride, la Voix mystérieuse (La voce di Dio) è il basso Nicolò Donini che svolge il ruolo a dovere sebbene manchi un poco di profondità ma non per colpa sua ma poiché il confronto con Schrott nel terzo atto gli toglie il primato delle note più gravi.
Puntuali gli interventi di Aufide, Matteo Roma.
Le danze del primo atto vanno a creare una carola mistica in una vasca, auspice un rito battesimale. Importanti i 20 minuti di balletto diviso in tre tempi dove Rossini si rivela maestro nei ritmi, melodie ed orchestrazione. Gioacchino Starace, scolpito da Prassitele; agisce per quasi tutto il balletto. La tensione maggiore la raggiunge nel secondo tempo dove il tema e variazioni proposto da Rossini permette una flessibilità incredibile a Starace, gloria del Teatro alla Scala. Maria Celeste Losa è degna compagna e spesso domina la scena issata sopra il corpo di ballo. 2 i primi ballerini, 4 i ballerini solisti più gli 8 mimi che vanno ad animare la scena nel terzo tempo denominato in partitura “La caccia”. I 2 anni di studio della musica di Mosè e di Moïse da parte di Giacomo Sagripanti gli permettono una direzione, sicura, ampia e maestosa in linea con la ieracità imposta dal regista. L’entr’acte del IV risulta vaporoso e ondeggiante come i celebri ingressi di Tancredi od Arsace. Il coro piceno è vero protagonista, dotato di volume e compattezza. Uno spettacolo raffinato che non si perde in utili orpelli e lascia fluire la musica di Rossini con tutta la sua ricchezza e magniloquenza.
Una importante inaugurazione per questo festival sempre in grado di rinnovarsi, chiamando il meglio dei cantanti, direttori e registi.
Fabio Tranchida
Bello!!!
Bello, interessante. Ben scritto