Sylvia musica di Léo Delibes

Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Coproduzione del Teatro alla Scala e Wiener Staatsballet

Domenica 29 dicembre

Sylvia Martina Arduino
Aminta Claudio Coviello
Orione Christian Fagetti
Eros Nicola Del Freo
Diana Maria Celeste Losa
Endimione Gabriele Corrado
Un fauno Federico Fresi
Una naiade Vittoria Valerio
Una contadina Antonella Albano
Un contadino Mattia Semperboni
Un  pastorello Valerio Lunadei
Due cacciatrici Gaia Andreanò, Alessandra Vassallo
Due schiave nubiane Vittoria Valerio, Alessia Auriemma

Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala

Coreografia Manuel Legris
da Louis Mérante e altri
Drammaturgia e libretto Manuel Legris e Jean-François Vazelle
da Jules Barbier e barone Jacques de Reinach
Direttore Kevin Rhodes
Scene e costumi Luisa Spinatelli
Assistente alle scene e costumi Monia Torchia
Luci Jacques Giovanangeli

 

Il balletto Sylvia è di rara esecuzione e la sua riproposta da parte del Corpo di Ballo della Scala va accolta con grande favore. Sylvia fu creato espressamente da Léo Delibes per l’appena costruito Palais Garnier, l’Opéra. Il Palais Garnier fu formalmente inaugurato il 15 gennaio 1875, con all’esecuzione di estratti da opere di Meyerbeer e Halevy: inoltre il corpo di ballo parigino presentò grazie al maestro di ballo Luigi Merante la scena de Le Jardin Animé, tratta dal riformato Le Corsaire alla presenza del Presidente della Repubblica Mac Mahon. Le Jardin Animé è un brano delizioso composto da Delibes per rivitalizzare Le Corsaire. Visto il successo di questa scena Delibes fu subito incaricato di realizzare un nuovo balletto che fosse da contraltare al precedente successo di Coppelia del 1870, l’anno della disfatta francese di Sedan. La prima ballerina che aveva portato al successo Coppelia morì di stenti pochi mesi dopo, durante l’assedio di Parigi a causa della guerra. Delibes nel 1876 realizzò con grande abilità una partitura raffinatissima, compatta con tanti leitmotiv che ritornano durante il balletto. Famosi divennero il Valse lente e i Pizzicati una partitura della qualità musicale di Coppelia. Secondo noi Sylvia non raggiunse il duraturo successo della sorella a causa di un libretto un poco farraginoso e diseguale con una storia d’amore che tarda ad essere esplicita. Vi sono molti personaggi che non vengono ben sviluppati. Alla Scala ci fu solo una occasione di ascoltarla, 12 rappresentazioni del 1894 e poi il silenzio.
Manuel Legris, ballerino e ora coreografo, ha creato Le Corsaire e Sylvia (2018) per Vienna e questa ultima è stata una coproduzione proprio con la Scala.  Manuel Legris si è ispirato al tardo balletto romantico nei passi senza introdurre niente di “moderno” o di “neoclassico” ma cercando di rendere fresca e nuova tutta la complessa coreografia che lascia poco spazio alla pantomina e delega tutto alla danza pura. Il risultato è una vorticosa fantasmagoria di passi e movimenti che non lasciano fiato.

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La trama viene rispettata in ogni punto con l’aggiunta del prologo danzato da Diana e Endimione, una licenza che permette di approfondire l’aspetto di questi due personaggi che avranno peso nel finale del balletto. La Diana di Maria Celeste Losa e l’Endimione di Gabriele Corrado realizzano un preciso pas de deux intrecciando il rosso dell’abito di Diana con l’argento del suo spasimante. Dopo una danza di ninfe e fauni ecco comparire Claudio Coviello, Aminta, nella sua statuaria bellezza. Elegante nei semplici passi iniziali, emoziona nella sua invocazione verso il dio Eros grazie all’intensità di passi come la successione di tours en attitude. Coviello ha modo di esprimersi al massimo solo nel terzo atto in un memorabile passo a due con Sylvia. Precisione nei salti, nelle complesse variazioni e nel rapido galop nel sottofinale.

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E’ un ruolo che gli calza a pennello e ha particolare sinergia con la Sylvia di Martina Arduino che dall’iniziale algidezza viene trafitta dalla freccia d’amore che cambierà la sua vita. In questa prima scena abbiamo apprezzato i suoi rapidi tours piqués, e una sequenza di grands jetés e attitudes croisées con precisi épaulements. Prima rapita dal cacciatore nero, un Christian Fagetti in ottima forma che domina tutto il secondo atto, Sylvia a modo di esprimersi anch’essa al massimo nel terzo atto. Vengono anche  ripresi dei passi, ora desueti, come i tours en attitude devant che vengono realizzati con precisione. Memorabili i suoi delicati “Pizzicati” e i suoi fouetté en tournant nel galop finale. In questa recita il ruolo di Eros era ballato dal corretto Nicola Del Freo ma nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di apprezzare Mattia Semperboni, che ci aveva regalato emozioni uniche. Anche il pubblico lo aveva esaltato soprattutto nell’ultimo atto in una danza con la Cacciatrici per la sua danza dall’altissimo valore tecnico. Oggi Semperboni era impiegato solo nel ruolo del contadino solista. La statua di Eros che si anima è una copia dell’Amorino del Canova una sua opera giovanile quando lo scultore era ancora a Venezia e non aveva intrapreso il viaggio importante verso Roma. Ottimo il Valse lente del primo atto ballato dalle Cacciatrici che erano entrate in scena con un brano musicale rutilante di corni, trombe e timpani dove si erano esibite in levés e chassés. Nel secondo atto  due schiave nubiane Vittoria Valerio e Alessia Auriemma ballano eleganti su un tema orientale che avrà sicuramente ispirato Caikovskij per  scene simili nello Schiaccianoci. Il compositore russo amava molto i balletti di Delibes e lo considerava un maestro.

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Stupendi i costumi di Lusia Spinatelli una artista che la Scala conosce bene. Una artista veramente milanese essendosi diplomata all’Accademia di Brera di Milano. Notiamo però una certa discrepanza tra i bozzetti delle scene da lei disegnati e le scene effettivamente realizzate: alcuni elementi come il carro dorato di Eros appaiono particolarmente goffi e sproporzionati, la porta del Tempo di Diana sembra proprio appiccicata al tempio senza nessuna armonia. Non capiamo proprio questa differenza tra bozzetti scenografici così perfetti ed evocativi ed una scenografia reale lacunosa in molte parti. Le scena vengono da Vienna e non sono state realizzate nei laboratori Ansaldo di Milano.

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Ottima l’orchestra e la direzione musicale di Kevin Rhodes direttore americano che rende compatta l’elegante partitura. La compagine dei fiati è particolarmente esposta, e fa bene. Arpa e percussioni sono spessi utilizzati per effetti inediti. Tamburelli sulla scena animano il secondo atto dando molto varietà alla tavolozza timbrica. Delibes è un vero maestro e dovrebbe essere più eseguita anche la sua opera Lakmé.
Grande successo di pubblico che ha chiamato i solisti più volte alla ribalta per uno spettacolo che continuerà fino al 14 gennaio.

Fabio Tranchida