Pietro il Grande, Kzar delle Russie

Melodramma burlesco di Gherardo Bevilacqua Aldobrandini
Musica di Gaetano Donizetti

Prima esecuzione: Venezia, Teatro San Samuele, 26 dicembre 1819
Edizione critica a cura di Maria Chiara Bertieri ©Fondazione Donizetti

Direttore Rinaldo Alessandrini
Regia, macchinari e scene Ondadurto Teatro – Marco Paciotti e Lorenzo Pasquali
Costumi K.B. Project
Lighting design Marco Alba
Assistente alla regia Adriana Laespada

Orchestra Gli originali
Coro Donizetti Opera
Maestro del coro Fabio Tartari

Pietro il Grande Roberto De Candia
Caterina Loriana Castellano
Madama Fritz Paola Gardina
Annetta Mazepa Nina Solodovnikova
Carlo Scavronski Francisco Brito
Ser Cuccupis Marco Filippo Romano
Firman-Trombest Tommaso Barea
Hondedisky Marcello Nardis
Notaio Stefano Gentili

Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo

 

Il Festival Donizetti di Bergamo prosegue la meritoria riscoperta delle prime opere composte da Gaetano Donizetti nell’anniversario dei 200 anni. Dopo la prima opera in assoluto, Pigmalione nel 2017, e Enrico di Borgogna nel 2018 quest’anno ci propone Pietro il Grande Kzar delle Russie, o il Falegname di Livonia. Il centro dell’attività di Donizetti in quel periodo era Venezia. Enrico di Borgogna fu presentato al Teatro di San Luca, mentre Pietro il Grande aprì la stagione al San Samuele, teatro che tentava, dopo la chiusura napoleonica, di rilanciarsi con interessanti stagioni liriche assoldando cantanti di spicco tra cui Adelaide Malanotte. La Malanotte ottenne un grande trionfo alla Fenice nel 1813 quando interpretò Tancredi alla première dell’omonima opera di Rossini. La Malanotte, presente alla prima espresse un giudizio lusinghiero sull’opera Pietro il Grande e su Donizetti auspicandogli un successo in opere serie.
Abbiamo poche recensioni della prima ma tutte abbastanza positive. L’opera venne infatti ripresa alcune volte, a Bologna, Ravenna, Treviso, Rovigo e Verona. Nel 1827 l’opera ritorna a Venezia,  ma nel prestigioso Teatro San Benedetto (che ospitò la prima dell’Italiana in Algeri e ora è ridotta a mutisala e supermarket). A meno di un anno dal suo debutto come compositore teatrale, il ventiduenne Donizetti fu quindi ingaggiato dal teatro veneziano di S. Samuele per un’opera comica da rappresentarsi nella stagione di carnevale 1820. Il libretto fu realizzato da un nobile ferrarese con la passione per il teatro e per l’arte, il marchese Gherardo Bevilacqua Aldobrandini, non solo librettista ma anche scenografo: dipingeva le scene insieme al più professionale Bagnara. Pochi mesi prima della collaborazione con Donizetti aveva preparato il libretto Eduardo e Cristina per Rossini, un frettoloso rifacimento di Odoardo e Cristina di Schmidt e Pavesi. Anche Rossini perse poco tempo utilizzando per l’80% musica di qualità di opere precedenti ancora sconosciute a Venezia e note solo a Roma e Napoli. L’opera di Rossini ebbe molto successo è girò le piazze italiane più delle sfortunate sorelle da cui la musica era tratta.  Gherardo Bevilacqua Aldobrandini ebbe un altro modesto incarico per Rossini la redazione di Adina operina di una ora e venti di durata con solo tre pezzi originali e tanta musica riciclata. Vediamo che in tutti e questi casi il librettista lavorava su testi già compilati da altri e adattandoli per le esigenze del nuovo compositore. Così fece anche per Pietro il Grande che deriva in parte dal libretto di Romani che preparò per Pacini per la stagione scaligera del 1819. Bevilacqua confezionò il nuovo testo tenendo presente anche la traduzione italiana edita nel 1816 di una commedia di Duval del 1805 Le menuisier de Livonie, Il falegname di Livonia. Nota è ancora in ambito tedesco la versione di Lortzing, Zar und zimmerann (1837) che in realtà rielabora una altra opera di Donizetti con protagonista lo Zar Pietro cioè Il borgomastro di Saardam del 1827.

La vicenda di Pietro il Grande Kzar delle Russie riguarda un aneddoto della vita e dei viaggi dello zar spesso in Europa per apprendere consigli sulla costruzione di una flotta, per avere consigli su come ammodernare il suo arretrato paese rispetto le grandi capitali. In incognito giunge nella locanda di una regione baltica, la Livonia (tra la Lettonia e Lituania attuali), avendo modo di verificare l’arroganza e l’ingiustizia perpetrate da un alto funzionario, il magistrato Ser Cuccupis ai danni di un onesto falegname Carlo Scavronski dal carattere molto fumantino. Carlo ama riamato la semplice Annetta e risulterà essere il fratello della zarina Caterina anch’essa presente in incognito sulla scena. Pietro punirà bonariamente l’indegno magistrato e riaffermerà il principio che la legge dev’essere uguale per tutti in n tripudio di magnanimità e giustiza. Il giovane Donizetti costruì una partitura di notevole impegno compositivo tutta influenzata dall’estetica rossiniana non ancora maturo per scrivere della musica con una matrice propria.
La riproposta moderna è interessante per vari motivi: l’azione si sviluppa veloce ed è piena di trovate e avvenimenti,  piacevole e scorrevole la musica.
Forza di questa produzione è la regia di Ondadurto che sceglie come cifra stilistica l’avanguardia russa con i brillanti colori primari e le aguzze forme geometriche. Vasilij Vasil’evič Kandinskij e Kazimir Severinovič Malevič vengono citati nelle scene e nei costumi. Seguendo il proclama e il manifesto di Vladímir Vladímirovič Majakóvskij, Ondadurto crea uno spettacolo fantasmagorico, divertente e colorato sfruttando anche proiezioni geometriche sempre diverse e originale per tutta la durata dell’opera.
Musicalmente Donizetti inserisce riferimenti a La gazza ladra di Rossini opera nuovissima per le scene: già nella sinfonia di Pietro ascoltiamo rulli di tamburo che preludono l’arrivo dello Kzar invece che di Giannetto. La presenza del magistrato è comune alle due opere ma mentre Rossini  ne mantiene una dimensione seria e diabolica con pochissimi riferimenti comici (qualche falsetto nella prima cavatina e basta), Donizetti costruisce un personaggio buffo a tutto tondo. I cori dei giudici hanno i Rossini una musica monumentale e solenne, austerità  stemperata nella musica del bergamasco che realizza un melodramma burlesco.
Pietro il Grande è l’affermato baritono Roberto De Candia perfetto per questo ruolo. Donizetti ci consegna uno Kzar serio e autoritario capace di modificare i destini degli uomini a lui soggetti. De Candia esordisce con una cavatina “Con menzognero vanto”  introdotta da un breve coro e dialogando con gli altri personaggi giunge ad una cabaletta dalla fitta coloratura, tipicamente rossiniana: De Candia eccelle nell’affrontare le minute note quasi un novello Filippo Galli. Il duetto col magistrato mette in evidenzia la differenza dei due caratteri. De Candia si impone con una ampia voce baritonale cantando “Qual tema! Qual stupore” mutuato dal Mustafà rossiniano.

Altra colonna portante dello spettacolo è sicuramente il Ser Cuccupis di Marco Filippo Romano: da poco ascoltato a Martina Franca come Signor Geronimo, il buffo riesce divertirci immensamente cantando questo pusillanime magistrato. La sua cavatina buffa è introdotta da un Coro il cui  tema principale tornerà nell’Elisir d’amore (“Signor, sargente”) e  Ser Cuccupis inizia uno sproloquio con gli altri personaggi terminando con la cabaletta “Se tutto il codice dovessi volgere” dal testo dapontiano ma dalla vivida musica tutta donizettiana. Un vero tuor de force, un sillabato velocissimo che Romano non fatica a snocciolare. Divertenti i recitativi con tutti i suoi inserti in latino maccheronico da leguleio. Ser Cuccupis apre anche il finale primo con l’assurda “Conciosia fosse che” che viene ulteriormente incompresa dal Notaio episodio aggiunto dal librettista  Gherardo Bevilacqua Aldobrandini rispetto il testo di Romani per Pacini.
Marco Filippo Romano emerge grazie ad una notevole padronanza del mezzo vocale, alla profonda voce di basso ben accentata nelle varie situazioni del dramma buffo: non meno importante la disinvoltura sulla scena che riesce a catalizzare l’attenzione del pubblico su di lui.
Madama Fritz è Paola Gardina, famoso mezzosoprano, nata a Rovigo, che ha recentemente cantato Seymour nell’Anna Bolena a Roma: Il compositore dà particolarmente importanza al ruolo con un aria ad inizio primo atto e una nel sotto finale. Voce molto limpida e attenzione al fraseggio caratterizzano la prova di Paola Gardina che varia con intelligenza “Sentirsi accendere per un oggetto” dove fuori tempo massimo esterna il suo amore per Carlo.  Annetta Mazepa è il soprano Nina Solodovnikova: suo padre Mazepa è nemico della patria e lo Kzar venuto a sapere delle origini di Annetta dà avvio al grande Sestetto del II atto dove riecheggia La Cenerentola (concertato finale I). Nina Solodovnikova canta con nitore “E’ riposta o caro oggetto” una aria ben colorata dai legni in orchestra. La zarina Caterina è Loriana Castellano, che ha parte ridotta rispetto al libretto di Romani. Viene omaggiata solo di una breve aria di sorbetto dopo il sestetto, “Pace una volta, e calma”, che riporta pace dopo la confusione del brano precedente.
Carlo Scavronski è Francisco Brito, non il solito tenore amoroso ma un personaggio dalla spiccata personalità che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Litiga un po’ con tutti e mantiene un rapporto un po’ piatto con Annetta: nel dramma in prosa il rapporto con Annetta è ben più vario e sviluppato.
Francisco Brito ha voce solida e interessante, con un timbro molto virile. Nel secondo atto ha una ampia aria “Il dolce nome, e tenero” dove può risaltare in particolare il registro medio-acuto. Segue “Ah! Quando di un’anima” una briosa cabaletta, con ampio acuto finale ed enfatizzata dalla presenza del coro.

Divertente la parte Hondedisky di Marcello Nardis (un Belcore appena abbozzato) e l’intervento del Notaio di Stefano Gentili.
Rinaldo Alessandrini, esperto del barocco, trova in questa partitura una scrittura abbastanza raffinata nella scrittura dei fiati, nella scelta di ritmi sempre accattivanti, che fanno procedere con linearità la vicenda. Buono il rapporto buca e voci in un calibrato equilibrio. I vari concertati di derivazione rossiniana hanno la giusta maestosità diventando blocchi drammatici coerenti. Buona la prova del coro che ha molti punti dove apparire. In quest’opera Donizetti utilizza solo il coro maschile come spesso succedeva nei teatri minori veneziani come il San Samuele.
L’opera ha avuto quindi questo importante revival con ottime voci e una regia coloratissima piena di proiezioni con 4 repliche, una dedicata agli under30, da tutto esaurito. Anche quest’anno un Festival completo con opere buffe e tragiche, con la prima mondiale di Ange de Nisida con concerti e la Messa di Gloria nel giorno della nascita di Gaetano. Un Festival capace di rinnovarsi ogni anno e che nel 2020 porterà in scena Marin Faliero, La fille du regiment e (forse) Le nozze in villa.

Fabio Tranchida