Orfeo
Dramma per musica in tre atti di Nicola Porpora
Con musiche di Nicola Porpora Leonardo Vinci, Francesco Araia, Johann Adolf Hasse, Francesco Maria Veracini, Geminiano Giacomelli
Libretto di Paolo Rolli
Edizione critica a cura di Giovanni Andrea Sechi
Orfeo Raffaele Pe
Euridice Anna Maria Sarra
Aristeo Rodrigo Sosa Dal Pozzo
Proserpina Giuseppina Bridelli
Pluto Davide Giangregorio
Autonoe Federica Carnevale
Direttore George Petrou
Regia, scene, costumi e luci Massimo Gasparon
Armonia Atenea
Nuova produzione
La Londra musicale dei primi quaranta anni del ‘700 era tutta dedicata all’opera italiana. Con la morte di Purcell gli inglesi trovarono nel tedesco Händel un degno successore che incantò il pubblico inglese fin dal clamoroso successo di Rinaldo. Rinaldo è un’opera che fa largo uso di materiale precedente composto proprio in Italia, materiale perfettamente adattato dal “Caro Sassone” e non noto agli inglesi. Sono anni in cui le opere, dopo la prima serie di rappresentazioni, raramente venivano riprese da qui la necessità di riutilizzo di musica già composta. Una pratica che utilizza anche Porpora. Come ci spiega il grande musicologo Giovanni Andrea Sechi che dal 2013 sta lavorando alla ricostruzione dell’opera Orfeo, Porpora seleziona il meglio delle arie composte da se stesso, Leonardo Vinci, Francesco Araia, Johann Adolf Hasse, Francesco Maria Veracini, Geminiano Giacomelli. Più che un pasticcio si tratta di una selezione del meglio, degli highlights, delle arie di baule che meglio rappresentavano i cantanti selezionati. Sei superbi cantanti a dire il vero. Orfeo fu uno degli ultimi ruoli portati sulle scene da Farinelli, ruolo che possiamo pensare come una consacrazione. Euridice fu Francesca Cuzzoni cantante di riferimento negli anni ’20 di Händel ma che da alcuni anni non cantava a Londra. Questa lunga attesa di un nuovo ruolo per Londra aveva generato molta suspence. Aristeo impersonato dal Senesino creava un importante confronto fra i due massimi castrati. Autonoe fu Francesca Bertolli, Proserpina fu Santina Tasca a cui fu affidata difficile musica e Plutone il grande basso Antonio Montagna. Grazie al ritrovamento recente da parte di Sechi di un manoscritto a Zurigo, proveniente da New Castle è stato possibile eseguire l’opera nella forma completa e il musicologo ha il merito di ricomporre in maniera definitiva il puzzle con nuove intelligenti attribuzioni delle numerose arie.
Protagonista assoluto della serata il miglior controtenore italiano Raffaele Pe, lodigiano di nascita, ha alle spalle una carriera internazionale. Quest’anno abbiamo potuto ascoltarlo in Rinaldo nel circuito Lombardo organizzato dall’Aslico.
Il cantante deve affrontare una decina di arie tutte differenti negli affetti, arie di tempesta, arie d’ombra, arie pastorali, ecc. Ne esce un personaggio completo. Raffaele Pe esordisce, dopo un duetto con l’altro controtenore con brillanti effetti eco, con una impegnativa aria di tempesta “Parte talor dal mare” dove il cantante supera con facilità le insidie della scrittura di Francesco Araia. Saldi sono i salti ardui nella linea vocale, luminosi gli acuti e consistente il registro grave nel verso ” che impallidir lo fa”. E’ raro trovare un registro grave così spesso e consistente nella voce dei un controtenore ma Raffaele Pe ci stupisce ogni volta. La gestulità del cantante, che immaginiamo segua i consigli del regista Gasparon, è sempre plateale ed espressiva, creando un efficace magnetismo con il pubblico. Segue un aria bucolica con i due traversieri ad imitare i ruscelletti, “Mormorando pietosi, o ruscelletti” dove Orfeo imbraccia la lira: il canto si trasforma in un patetico lamento. Originalissima ed efficace la scansione della parte finale del primo atto dove gli interventi di Orfeo e di Euridice si susseguono con libertà dando l’effetto di un lungo duetto.
Orfeo conclude anche il secondo atto con l’aria “Vado seguendo amore” preceduta da un drammatico recitativo. Raffaele Pe ottiene una spettacolare messa di voce sulla parola “Vado” mentre l’orchestra procede con veloci figurazioni. Apice della serata l’aria d’ombra nell’inferno “M’abbandoni amato bene” dotata di dolcissima coloratura e variazioni che Pe offre con rara sensibilità. Acclamazioni e “Bravo!” a scena aperta al termine di questo prezioso e lungo pezzo magistralmente cantato da un vero erede di Farinelli.
Euridice è il soprano Anna Maria Sarra che esordisce con l’aria “Fasto altero vero amore”, un brano molto vario e originale nei tempi. Oltretutto è un pezzo dialogico poichè si rivolge alternativamente a Orfeo e Aristeo. Nel secondo atto abbiamo apprezzato “Sì, che sarai felice” con lunghi vocalizzi e acuti rotondi ben intonati. Molto realistica la scena della morte di Euridice: Anna Maria Sarra risulta credibilissima mentre svolge il cantabile in tonalità minore.
Aristeo è in controtenore venezuelano Rodrigo Sosa Dal Pozzo a cui è affidata la parte del Senesino.
Aristeo è un pastore ed esordisce con un’aria pastorale “Vagheggiai del dì la stella” con due morbidi flauti traversieri ad esaltare la sua dolce voce ben calibrata. Senesino era a fine carriera ma nonostante ciò gli viene affidata un’aria da caccia con l’organico più ampio e sontuoso dell’intera opera. “Cacciator di lento piede “, composizione di Veracini, esalta le abilità di Rodrigo Sosa Dal Pozzo che fronteggia con autorità 2 corni, 2 flauti, 2 oboi e il fagotto in passaggi di alto virtuosismo.
Proserpina è Giuseppina Bridelli a cui sono affidate solo due arie: la prima è un vero capolavoro barocco, “Chi mi lascia a’ miei voleri” un’aria che non lascia quasi respiro. La Bridelli mostra un’agilità minuta e fosforescente ben realizzata e molto apprezzata dal pubblico. La seconda aria nel terzo atto è meno virtuosistica e più espressiva con due incisivi oboi di sostegno.
Plutone è Davide Giangregorio, un notevole basso dai recitativi ampi e sicuri. Maestoso nel canto della prima aria “Verrà festivo amore” e sicuro e intenso nel terzo atto con “Anche a’ Numi”. La voce è di notevole volume capace di sgranare con attenzione i vari abbellimenti delle tornite frasi.
Autonoe è Federica Carnevale, mezzosoprano dell’Aquila, ci propone la interessate aria “Menzogner, t’ho provato incostante” con una voce di una certa scurezza apprezzabile nell’andamento semplice rispetto alle arie degli altri protagonisti. “Se fido ancora” nel terzo atto, riutilizzo di un brano di Porpora, ha una coloratura minuta ben svolta dalla Carnevale.
Quattro cantanti dell’Accademia Celletti hanno svolto con precisione le parti del coro.
Armonia Atenea è un’ensemble fondato ad Atene nel 1991 e attuale direttore artistico e George Petrou. Il livello di esecuzione dell’Orfeo è eccezionale con un suono sempre intonatissimo e compatto nonostante l’esecuzione in uno spazio aperto. Il basso continuo sostiene con morbidezza e nobiltà gli ampi recitativi. Nonostante le poche prove l’intesa con i cantanti è formidabile e i risultati notevoli.
George Petrou ha un gesto chiaro e sicuro e mostra tutta l’intesa con il suo affidabile ensemble.
Massimo Gasparon, in continuità con l’Ecuba del suo maestro Pizzi, utilizza due costumi viola per gli dei degli inferi, costumi con sovrabbondanti decorazioni in similoro. Aristeo e Autonoe hanno due vestiti rosso mattone con inserti d’oro, entrambi dello stesso colore per rendere più comprensibile i loro giochi di coppia. Orfeo possiede invece un costume originalissimo, verde e rosso che dà nobiltà alla figura di Raffaele Pe. Euridice un costume delicatissimo d’oro e azzurro. Bastano questi costumi a sostituire la spoglia scena in un efficace contrasto col luminoso bianco di fondo. Gasparon è attento ai movimenti e alla gestualità dei personaggi cercando di recuperare in tutti gli aspetti una rappresentazione di inizio settecento.
L’Orfeo ha avuto pieno successo, giustificato dal fatto che ogni componente dello spettacolo raggiungeva l’eccellenza e spiace che ce ne sia stata un unica replica, precludendo a molti la visione.
Fabio Tranchida