Rinaldo HWV 7b
Opera seria in tre atti su libretto di Giacomo Rossi
da una sceneggiatura di Aaron Hill, da La Gerusalemme liberata di Torquato Tasso
Musica di George Frideric Haendel
Prima rappresentazione 6 aprile 1731, King’s Theatre, Heymarket, Londra

Rinaldo Delphine Galou
Almirena Francesca Aspromonte
Armida Anna Maria Sarra
Goffredo Raffaele Pe
Argante Luigi De Donato
Mago Cristiano Federico Benetti
Donna Anna Bessi

Clavicembalo e direzione Ottavio Dantone
Accademia Bizantina
Regia Jacopo Spirei
Scene Mauro Tinti
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Alba

Rinaldo è una delle opere più famose di tutto il ‘700 e fin dalla prima mitica serie di rappresentazioni a Londra ha riscosso sempre molto successo. Vari i fattori sono all’origine di questa popolarità, innanzitutto la freschezza della musica con un Haendel appena passato dall’Italia dove aveva assorbito la nostra elegante melodia. Inoltre moltissime arie proposte sono concertanti con uno strumento particolare per variare al massimo l’orchestrazione. La trama con il suo legame al fantastico e alla conquista di Gerusalemme permetteva scenografie “barocche” in senso stretto con macchine che sorprendevano gli spettatori. Una concentrazione quindi di fattori che hanno determinato piena popolarità al titolo, che negli anni successivi alla prima, girò per mezza Europa subendo spesso notevoli cambiamenti fino alla riscrittura napoletana di Leonardo Leo di cui vi abbiamo dato resoconto questa estate da Martina Franca.
Lo stesso Haendel nel 1731 mette mano alla sua partitura per valorizzare i cantanti di quella serie di rappresentazioni. Dà sempre più importanza al castrato protagonista, il Senesino, con la serie di tre arie in successione a conclusione del primo atto, elimina il ruolo di Eustazio e scrive la parte del Mago per basso.
Ottavio Dantone grazie alla profonda conoscenza di entrambe le versioni, ha proposto per il circuito lombardo una versione intermedia tra l’originale del 1711 e quella rivista del 1731 ricompattando la trama facendo risultare l’opera più stringata. Tutti i da capo delle arie sono stati eseguiti con studiate e fiorite variazioni, pochissime le arie tagliate oltre quelle di Eustazio personaggio come dicevamo eliminato.
Una volta che Dantone è riuscito ha realizzare una perfetta versione coerente sia del punto di vista musicale e drammaturgico ecco intervenire il regista Jacopo Spirei che ha modernizzato la vicenda con poche idee ma tutte idee vincenti. Conosciamo Rinaldo nel suo grigio ufficio dove entra per caso Almirena e di cui si innamora subito. Goffredo lo invita alla battaglia e alla gloria, i due amati si ritrovano in un giardino incantato con una prospettiva instabile. Armida compare con Argante, vestito come Attila, e alle spalle un enorme e spaventoso ragno. Il giardino di delizie di Armida è in un locale notturno, The Spider appunto, dove i sensi si perdono. Il mago è un senzatetto con carrello della spesa pieno di oggetti e alla fine dopo che Rinaldo e Goffredo uccidono il regno ricompare il giardino di Almirena e l’ufficio di Rinaldo dove lui combatte contro se stesso vincendo e si ricongiunge all’amata. Una visione registica innovativa che descrive una sottotrama alla vicenda narrata dal libretto. Una ricerca da parte di Rinaldo della sua vera natura, dei suoi veri amori in un mondo che lo ha costretto ad una vita anonima e grigia. Le tentazioni di Armida risultano fallaci e vengono superate grazie all’amore per la bella Almirena. Alla fine la presenza in scena del ragno gigante ucciso che incombe sull’ufficio di Rinaldo e sul verde giardino fa capire che i tre mondi sono inestricabili e parti di uno stesso luogo, una visione molto efficacie.

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Rinaldo è Delphine Galou mezzosoprano di Parigi, ospite regolare del rinomato Festival di Beaune dove oltre Rinaldo, è stata acclamata nella Semiramide di Porpora, Juditha triumphans, Orlando furioso e L’incoronazione di Dario di Vivaldi. Ottime le sue incisioni vivaldiane del Teuzzone con Savall, Orlando (1714) con Sardelli e L’incoronazione di Dario con Dantone. La sua voce risulta abbastanza uniforme nell’esecuzione odierna, con un timbro non particolarmente scuro.  La Galou riesce ad affrontare le famose tre arie che concludono il primo atto con notevole verve. La soppressione dell’aria di Eustazio permise al Senesino nel 1731 di esibirsi con tre arie in successione. La Galou è languente nella lenta “Cara sposa” più incisiva in “Cor ingrato” fino alla precisa coloratura di “Venti turbini” che come una cabaletta chiude l’atto. Nonostante un volume non troppo ampio riesce a fronteggiare il suono della tromba nell’aria del terzo atto “Or la tromba”  con ottimi effetti imitativi.
Almirena è Francesca Aspromonte diplomata la Mozarteum di Salisburgo è stata recentemente impegnata nel Serse di Händel (Atalanta) con il Pomo d’oro e a Versailles, Il Giasone (Isifile e Sole) di Cavalli per il Grand Théâtre de Genève a Versailles (diretta da L.G. Alarcon) la Johannes Passion di Bach alla Wiener Konzerthaus e Orlando Furioso (Angelica) di Vivaldi diretta da Diego Fasolis al Teatro Malibran di Venezia. La voce dell’Aspromonte è dotata di bel timbro, chiaro e pulito e la cantante risulta particolarmente sensuale nella famosa aria in dialogo con gli augelletti, “Augelletti che cantate” dove il dialogo tra due flauti dolci e un piccolo risulta particolarmente raffinato anche grazie alla concertazione di Dantone. Ben anche il duetto d’amore seguente dove la voce dell’Aspromonte ben si associa a quella più scura di Rinaldo.
Armida è Anna Maria Sarra, cantante che non affronta solo il barocco: solista nello Stabat Mater, nel Salve Regina di Giovan Battista Pergolesi e nella Matthäus Passion di J.S. Bach, soprano nell’Elias di Felix Mendelssohn a Verona, Elena e Anaide ne Il Cappello di paglia di Firenze presso i teatri del Circuito Lirico Lombardo (As.Li.Co), Drusilla ne L’incoronazione di Poppea ad Innsbruck, Giulia ne La Scala di seta di Rossini a Aix- en- Provence e Margret nel Feuersnot di Richard Strauss presso il Teatro Massimo di Palermo. Anna Maria Sarra è un ottimo soprano con delle capacità straordinarie già evidenti nel suo esordio con l’aria “Furie Terribili” dove con voce adamantina affronta tutte le asperità, aggiungendo acuti non scritti fino al re sovracuto di smagliante bellezza. Una cantante che secondo noi può affrontare benissimo anche il ruolo della Regina della Notte. Sensuale in “Molto voglio” trasforma l’aria in una orgia nel locale The Spider con tre donne e Argante. Ottima la la grande scena del finale secondo con “Ah! Crudel il pianto mio” dove eleganti erano gli interventi di fagotto e oboe mentre solo i clavicembali l’accompagnavano in “Vo far guerra”.

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Goffredo è il grande Raffaele Pe il miglior controtenore italiano impegnato in moltissime produzioni in Europa, Stati Uniti e Giappone. Dopo esperienze europee , debutta in America nel 2015 quando è stato il protagonista maschile della prima in tempi moderni di Veremonda di Cavalli ed è stato Leone nella prima in tempi moderni del Bajazet di Francesco Gasparini per il Teatro Opera Barga, inciso poi per Glossa. Nell’estate 2017 ha debuttato al Glyndebourne Opera Festival nel ruolo di Linceo nell’Ipermestra di Cavalli diretta da William Christie, ha debuttato al Maggio Musicale Fiorentino come Jarba nella Didone abbandonata di Vinci e è stato Oberon in A Midsummer Night’s Dream di Britten nel Circuito As.Li.Co. e Teatri dell’Emilia. Su queste pagine di abbiamo riferito di un altro debutto di Pe nel Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti a Martina Franca. Goffredo nella versione 1711 era cantato da una donna contralto mentre nel 1731 da un tenore, Ottavio Dantone sceglie per questa versione la voce del controtenore per il ruolo del generale cristiano. Raffaele Pe in alta uniforme esordisce con la sua aria “Sovra balze”  con frasi ben accentate e note tenute perfettamente intonate. Difficilissime sono le variazioni a cui sottopone la ripresa facendo capire il calibro dell’artista. Pe ruba l’aria di Eustazio “Siam prossimi al porto” ad inizio secondo atto e la canta con brevi frasi ben sbalzate e brevi terzine luminose, mentre più difficile risulta la secondo aria “Mio cor che mi sai dir” con una coloratura iridescente ben realizzata dal controtenore e una cadenza acuta estemporanea che ha portato ad una generale acclamazione del cantante. La voce di Pe ha un colore unico, ben ravvisabile, capace col suo timbro caldo e uniforme di interpretare i più svariati personaggi esaltati dal registro ambiguo e affascinante del controtenore.
Argante è Luigi De Donato giovane basso di Cosenza: tra gli ultimi impegni segnaliamo Tamerlano con Paul McCreesh e L’Orfeo con William Christie al Teatro Real di Madrid, il Vespro della Beata Vergine al Théâtre du Châtelet di Parigi con l’Ensemble Matheus, Il ritorno d’Ulisse in patria al Teatro Real di Madrid con William Christie e Pier Luigi Pizzi, L’Orfeo al Teatro alla Scala con regia di Robert Wilson e direzione di Rinaldo Alessandrini. Lo ricordiamo nel 2011 a Martina Franca per Il novello Giasone di Cavalli e Stradella.
De Donato affronta bene l’aria “Sibilar gli angui d’Aletto” che risulta davvero una palestra di difficoltà per la complessa scrittura di Haendel. Nonostante qualche piccola asperità, la potenza nel canto è notevole e una certa ruvidezza è tipica del personaggio abbigliato come Attila. I salti di ottava sono messi a fuoco con attenzione. Il Mago Cristiano è Federico Benetti che risulta sufficientemente preparato.
Orchestra meravigliosa, l’Accademia Bizantina, nata a Ravenna, capace di far emergere tutti i preziosismi della partitura con i vari strumenti concertanti. Un’ottima esecuzione vocale, strumentale e una regia moderna valida per un’opera che ha mostrato una volta ancora la sua vitalità. Ultime recite a Pavia il 18 e 20 gennaio 2019.

Fabio Tranchida