Musica di Nicola Vaccaj
Libretto di Felice Romani
Revisione sull’autografo di Ilaria Narici e Bruno Gandolfi
Edizione Casa Ricordi, Milano
Romeo Raffaella Lupinacci
Giulietta Leonor Bonilla
Cappellio Leonardo Cortellazzi
Lorenzo Christian Senn
Adele Paoletta Marrocu
Tebaldo Vasa Stajkic
Direttore Sesto Quatrini
Regia Cecilia Ligorio
Scene Alessia Colosso
Costumi Giuseppe Palella
Orchestra Accademia della Scala
Coro del Teatro del Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati
Martina Franca, Palazzo Ducale rappresentazione del 31 luglio 2018
Il tema dell’amore sfortunato dei due giovani veronesi ha affascinato per secoli scrittori, pittori e musicisti. Una vicenda paradigmatica che ogni artista ha cambiato con la propria sensibilità. Il libretto della versione presentata stasera qui al Festival della Valle d’Itria è un vero capolavoro: si basa principalmente sul libretto del Foppa per Zingarelli e sulla tragedia di Luigi Scevola, drammaturgo bresciano.
Autore di questo studiatissimo libretto e il ligure Felice Romani che fornì in 3 decenni quasi 100 libretti intonati dai massimi compositori della sua epoca. Gli eventi sono sviluppati con il giusto passo drammatico fino alla famosa scena finale del doppio suicidio. Il libretto di Romani conta 890 versi mentre la versione successiva approntata in gran fretta da Bellini nel conta solo 585. Uno dei piaceri della esecuzione odierna è proprio ascoltare al completo il libretto di Romani. Vaccaj era molto indispettito dell’affronto fatto dal catanese e approntò una nuova versione con alcuni cambiamenti vocali specie per la nuova interprete Maria Malibran esecutrice nella sua breve carriera artistica delle tre versioni di Zingarelli, Vaccaj e Bellini. Uno dei cambiamenti che fece Vaccaj per la nuova versione scaligera è il passaggio da recitativi secchi a quelli accompagnati che si sono ascoltati stasera per la prima volta poiché nella precedente ripresa moderna a Jesi si utilizzarono ancora quelli secchi. Ciò è stato possibile grazie alla nuova revisione sull’autografo della brava Ilaria Narici, musicologa già autrice di edizioni critiche di opere rossiniane.
I ruoli vocali riprendono quelli di base del Tancredi rossiniano con il padre tiranno tenore, i due amanti soprano e contralto (mezzosoprano nella versione Malibran) e il basso Tebaldo (là Orbazzano) nel breve ruolo del promesso sposo che in entrambi i casi viene ucciso nel secondo atto. In Vaccaj ci sono due altri personaggi la madre di Giulietta che ha piccola parte e il ruolo di Lorenzo che da frate passa e medico presenza fondamentale per lo sviluppo della vicenda.
Vaccaj compone quest’opera per il Teatro della Canobbiana di Milano il 1825 e solo alcuni anni dopo pubblica a Londra la sua “opera” più famosa il Metodo pratico di canto italiano per camera in 15 lezioni. Delle circa 15 opere liriche d lui composte Giulietta e Romeo fu quella con più successo.
Protagonista assoluta della serata il mezzosoprano Raffaella Lupinacci nel ruolo en travesti di Romeo. Fin dalla sua prima aria “Se Romeo ti uccise un figlio” ci regala generosamente il suo timbro caldo e pastoso: le ampie frasi vengono sviluppate dalla Lupinacci in arcate musicali solidissime. La cabaletta contrastante ha un piglio guerresco e il mezzosoprano mette in luce con la giusta virulenza le parole “Atroce, funesta, tremenda” caricandole di accenti drammatici. Di particolare espressività i due lunghi duetti che formano l’ossatura dell’opera: il primo duetto d’amore ha uno sviluppo tripartito che permette al meglio alla musica di indagare gli affetti più intimi. Il timbro con riflessi bronzei della Lupinacci ben si associa alla voce adamantina di Leonor Bonilla. Ma il secondo duetto è ancora più innovativo e il mezzosoprano con sospiri e singulti musicali riesce ad esprimere al meglio la morte che sopraggiunge. Tutta la scena della morte dei due amanti è svolta in maniera credibile grazie ha una regia attenta ai movimenti sia dei singoli, dei mimi e dell’intero coro.
Leonor Bonilla è dotata di ottimo slancio nelle frasi e la salita verso l’acuto è sempre facile grazie anche alla sapiente scrittura di Vaccaj che ha un rispetto massimo per le voci. Ottimo il suo duetto con Lorenzo dove la presa di coscienza di assumere un filtro/sonnifero così potente è ben espressa in sezioni contrastanti. Bello vedere i due amanti sempre in atteggiamento affetuoso e prodighi di baci: ciò ha dato realismo alle situazioni in scena.
Lorenzo sebbene non abbia mai arie solistiche è un componente importante della vicenda facendo da tramite tra i due amanti. Ne è interprete Christian Senn basso esperto sia nel repertorio barocco che dell’800 che con la sua voce dotata di perfetta intonazione e tecnica riesce a disegnare un personaggio completo che trova nel duetto con Giulietta il luogo migliore per esprimersi.
Interessante la prova di Leonardo Cortellazzi, tenore tiranno che conduce il quartetto iniziale e il duetto con la figlia: la vocalità è sicura e precisa anche se manca di una ricchezza timbrica. Ma il timbro più asciutto è comunque pertinente al ruolo del padre di Giulietta con il suo bidimensionale atteggiamento. Molto valida l’ampia aria del secondo atto (soppressa nella versione belliniana) con la terza sezione “Giusto ciel” a cui è dato il rilievo necessario.
Adele madre di Giulietta è Paoletta Marrocu, una cantante fin troppo importante e brava per un ruolo quasi da cammeo mentre Tebaldo è Vasa Stajkic dalla voce di notevole volume, protagonista del quartetto iniziale e del finale primo.
Sesto Quatrini che già l’anno scorso aveva brillato per la direzione di Un giorno di regno, riesce ha staccare dei tempi sempre molto appropriati tra i guerreschi cori e più languidi duetti d’amore. L’ampia orchestra dell’Accademia della Scala è in perfetto equilibrio col direttore e la scrittura attenta di Vaccaj non compromette mai il rapporto tra voci e strumenti. Buona la prova del coro del municipale di Piacenza che è impegnato in molti brani e viene mosso in continuazione dalla regia rendendolo partecipe di tutte le situazioni. La regia di Cecilia Ligorio è uno degli aspetti vincenti della produzione, grazie all’attenzione nell’ambientazione, grazie alla scelta precisa dei movimenti degli attori e del coro e grazie alla perfetta coreografia del duetto finale.
Il lutto dei Capuleti e il candore del Montecchi è stato espresso al meglio dagli ottimi costumi ideati da Giuseppe Palella che già l’anno scorso aveva stupito a Martina col suo fantasioso e fastoso Orlando furioso. Qui il colore ruggine avorio del costume di Romeo crea un contrasto interessante con il nero della scena e degli altri personaggi: la qualità dei suoi costumi sta anche nei dettagli e negli accessori tutti scelti con grande attenzione. La scena finale con i veli neri di lutto e l’ampio velo bianco sul corpo esanime di Giulietta ha stupito nel suo realismo. Più epoche vengono mischiate ‘400 ‘500 e ‘800 nei costumi per ottenere un risultato originale da noi molto apprezzato.
Tre repliche da tutto esaurito per uno spettacolo vincente in tutti gli aspetti, vocale, musicale e visivo.
Fabio Tranchida