Faust | Celso Albelo |
Mèphistophélès | Rubén Amoretti |
Marguerite | Silvia Tro Santafé |
Brander | Jorge Eleazar Álvarez |
Direttore | Roberto Abbado |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Carla Teti |
Luci | Alessandro Carletti |
Video | Roca Film |
Movimenti mimici | Chiara Vecchi |
Maestro del Coro de la Generalitat | Francesc Perales |
Direttori della Escola Coral Veus | Roser Gabaldó, Míriam Puchades |
Direttore della Escolania de la Mare | Luis Garrido |
Orquestra de la Comunitat Valenciana | |
Cor de la Generalitat | |
Escola Coral Veus Juntes de Quart de Poblet | |
Escolania de la Mare de Déu dels Desemparats | |
Nuova coproduzione del Palau de les Arts, Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Regio di Torino |
La damnation de Faust non è un’opera in senso stretto, ma è definita dallo stesso autore Légende dramatique. Berlioz utilizza il testo di Goethe come un canovaccio e, in maniera rapsodica, vi estrae episodi e situazioni drammatiche. La connessione tra le varie scene non è infatti consequenziale e ciò determinò la scelta, vivente l’autore, di rappresentare il lavoro sempre in forma di concerto. Damiano Michieletto, geniale regista moderno, capace di trasformare le ambientazioni di opere collaudate, non poteva perdere l’occasione di reinventare completamente quest’opera dalla scarsa tradizione rappresentativa. Lo spettacolo ha inaugurato lo scorso dicembre la stagione dell’opera di Roma (qui la recensione di Michelangelo Pecoraro per OperaClick) dividendo fortemente la critica e ritorna con particolare successo a Valencia al Palau de Les Arts Reina Sofia, tra i teatri d’opera contemporanei più belli al mondo con la sua architettura avveniristica ed elegante.
Troviamo geniale la nuova trama sottesa all’esistente: Faust secondo Damiano Michieletto è un artista vittima da giovane di bullismo (scena espressa nella rutilante marcia ungherese, tratta da un tema originale la Marcia Rakoczy). Riemergono i ricordi d’infanzia con una mamma tutta devota a Faust e la piccola Margherita, già presente, che gioca vestita di rosso. Sorprendente la scena nell’Eden, con proiezioni della Roca Film che caratterizzano l’intera scena con Mefistofele, trasformato in un serpente-lucertola, che offre la mela durante il bacio dei due, rompendo l’incanto del momento. Ma il male sembra trionfare rappresentato dalla malattia di Faust che si trova in un letto di ospedale e dalla scena successiva in cui nera pece ricopre i tre protagonisti e invade tutta la scena, insinuandosi sulle pareti posizionate dietro al coro il quale ha assistito, in “sacra” immobilità, dall’altro di una gradinata, durante tutto la rappresentazione. Il coro ha una parte importante in quest’opera e sono addirittura tre le compagini corali che si sono unite per l’occasione: Cor de la Generalitat Valenciana, Escola Coral Veus Juntes de Quart de Poblet e Escolania de la Mare de Déu dels Desemparats. Parte dei coristi si trovavano in buca insieme agli orchestrali. Ben ritmato il coro pastorale dai tratti caratteristici, che ha dimostrato particolare compattezza. Notevole il Chant de la Fête de Pâques, dove il coro ha sfruttato al meglio il complesso linguaggio polifonico. Forza e potenza straordinaria risultavano evidenti nei due ultimi episodi del Pandaenonium e dell’Epilogo/Apoteosi.
La parte di Faust è certamente molto impegnativa e impone una presenza costante del tenore: Celso Albelo è dotato di un importante strumento vocale, con un registro centrale particolarmente ricco. Molti i passaggi in recitativo accompagnato che richiedono particolari doti espressive che Albelo dimostra di possedere. Al termine del duetto d’amore i vari acuti vengono facilmente padroneggiati. Albelo primeggia nel terzetto seguente grazie a una voce che risalta sugli altri due protagonisti. Rubén Amoretti è un basso notevole dotato di voce ampia e bel timbro morbido. Ben calibrata la voce nella spiritosa canzone della pulce e più melodica la serenata di Mefistofele con coro di folletti. Silvia Tro Santafé ha parte meno estesa, ma bastano le sue due arie per dare valore al personaggio. La sua calda voce mezzosopranile ben si adatta alla canzone gotica Le roi de Thulé con gli esotici cromatismi. La tessitura centrale consente alla sua voce di esprimersi al meglio, esaltando il canto morbido. La romanza che apre il IV atto con corno inglese è una grande gemma che ricorda il personaggio di Didone ne I troiani. La scrittura qui si fa più complessa, ma la Tro Santafé sostiene arcate di suono che toccano il sol e il la acuti.
Ottima la direzione di Roberto Abbado, che si destreggia in una partitura di impronta “sinfonica” che presenta innumerevoli complessità tecniche, tutte ben risolte: cambi di tempo repentini, sonorità rarefatte e vere proprie esplosioni sonore non hanno messo in difficoltà l’Orchestra ben preparata. Nota di demerito è aver rappresentato il lavoro di Berlioz senza interruzioni: Berlioz divide l’opera in 4 parti e quindi almeno una pausa, come era stato peraltro previsto a Roma, sarebbe stata necessaria per poter apprezzare al meglio questo complesso capolavoro. Grande successo di pubblico a Valencia, città che aveva ospitato già I Troiani dello stesso compositore, sempre più rappresentato di anno anno.
La recensione si riferisce alla recita del 26 giugno 2018.
Fabio Tranchida