musica di Vincenzo Bellini

libretto di Felice Romani

Coro e Orchestra del Teatro alla Scala

Nuova Produzione del Teatro alla Scala in coproduzione con
il Teatro Real di Madrid e la San Francisco Opera

Imogene Sonya Yoncheva (29 giu.; 3, 6, 9, 12, 17 lug.)

Roberta Mantegna (14, 19 lug.)

Gualtiero Piero Pretti
Ernesto Nicola Alaimo
Itulpo Francesco Pittari
Goffredo Riccardo Fassi
Adele Marina de Liso

 

Direttore  Riccardo Frizza
Regia  Emilio Sagi
Scene Daniel Bianco
Costumi Pepa Ojanguren
Luci Albert Faura

 

 

Il pirata di Bellini mancava dal palcoscenico scaligero da ben 60 anni! Sembra incredibile ma il fantasma di Maria Callas ha tenuto lontano questa opera per troppo, troppo tempo. Secondo noi il motivo è molto semplice: Bellini in questa sua prima esperienza milanese espone, anzi sovraespone il tenore e il soprano per farli brillare massimamente. Tutto lo spettacolo si basa sulle loro performences vocali, che permettono di apprezzare lo scavo psicologico dei due personaggi al meglio. Facendo così però i due ruoli sono veramente pericolosi da affrontare e solo dei fuoriclasse possono osare tanto. La Callas era una fuori classe e Franco Corelli pure: ma loro non affrontarono l’opera completa ma con i soliti numerosi tagli che erano d’uso negli anni ’50 e ’60, Tagli enormi che alleggerirono non di poco l’opera. Oggi gli interpreti devono affrontare l’opera integralmente come Bellini l’ha scritta e ciò aumenta di molto le difficoltà.  I 3 cd della casa discografica Opera Rara ci hanno restituito l’opera nelle sue 2 ore e 40 minuti di durata ma questi cd sono stati incisi in studio in numerose sessioni, ben altra cosa affrontare l’opera tutta di un fiato in una calda sera milanese. Abbiamo assistito alla seconda e terza recita che hanno raccolto notevoli applausi da parte del pubblico e nessuna contestazione.

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I cantanti hanno sofferto molto questo caldo luglio milanese e il giorno 3 luglio Sonya Yoncheva ha cantato solo il primo atto mentre la giovane Roberta Mantegna ha concluso l’opera. Il giorno 6 luglio Piero Pretti sempre per un calo di pressione ha dovuto affrontare il secondo atto da seduto e con impegno ha portato a compimento lo spettacolo. Serate quindi speciali, con molta tensione sia tra i cantanti che tra il pubblico, serate in ogni caso concluse positivamente. Ottima è stata la replica del 9 luglio dove tutti le componenti vocali hanno dato il meglio.
Il pirata è stato scritto per la voce unica di Giovanni Battista Rubini tenore di Romano di Lombardia dove nel museo a lui dedicato, compare sul soffitto proprio una scena del Pirata, con il gesto d’ira nei confronti dell’innocente figlio di Imogene. Rubini alloggiava insieme a Bellini durante la composizione e provava i pezzi contemporaneamente. Non si esclude quindi un adattamento perfetto alle capacità vocali di Rubini seguendo i suoi stessi suggerimenti, così come avverrà con la Pasta per Norma. L’aria del primo atto è veramente impegnativa e Piero Pretti affronta il ruolo con la giusta spavalderia romantica: nel cantabile “Nel furor delle tempeste” Pretti riesce a sostenere una vocalità acuta che batte con costanza sul sol e sul la. La voce è abbastanza spessa e dotata di squillo dote necessaria per la celebre cabaletta seguente “Per te di vane lagrime” che punta ancora più in alto con passaggi di coloratura estesi fino al re sovracuto. Abbiamo notato un minimo di affanno alla coda di questa cabaletta, ma la prova di Pretti è pienamente superata avendo proposto inoltre entrambe le esposizioni della cabaletta anche se con solo minime variazioni del tema. Stesso giudizio per l’aria finale del tenore che nel primo abbozzo del libretto avrebbe dovuto concludere l’opera dopo l’intervento di Imogene e non il contrario: “Ma non fia sempre odiata” è una cabaletta meno spericolata della prima, il momento è più concentrato e Pretti ne riesce vincente anche se alcune frasi sono in pianissimo per una difficoltà a mantenere il costante volume sonoro. Tutte queste incertezze sono scomparse nella data del 9 luglio quando Piero Pretti ha superato se stesso, mostrando sicurezza e potenza incredibile. Generoso negli acuti e solido nella tessitura altissima.

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Bene nei due lunghi duetti con il soprano, una grande Sonya Yoncheva che con coraggio affronta questa parte impegnativa. Grande successo di pubblico per lei. Nella grande scena e cavatina del primo atto la Yoncheva suggerisce molti stati d’animo nel convulso recitativo e nel sogno/incubo che segue. La voce è matura per questo ruolo, ricca di armonici e di patetici accenti. La sua cabaletta “Sventurata,anch’io deliro” è giustamente staccata in un tempo lento per far emergere al massimo la “divina cantilena” belliniana. I vocalizzi sempre espressivi rendono la parte del soprano di rara perfezione. Sublimi i 20 minuti finali in cui sia prefigura la classica scena della pazzia con le colorature della cabaletta di grande rilevanza drammatica e per niente esornative: la Yoncheva ne ottiene un successo personale. Roberta Mantegna ha affrontato il secondo atto la sera del 3 luglio con grande successo: la voce risulta un poco più piccola e metallica e ancora necessaria di un ispessimento ma la giovane cantante a portato a termine con grande plauso l’opera e la aspettiamo per due recite complete il 14 e 19 luglio.

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Nicola Alaimo ha dichiarato di non amare molto il ruolo di Ernesto: in effetti è un ruolo molto antipatico, un personaggio monodirezionale e senza alcun sviluppo. Bellini probabilmente non conosceva appieno le possibilità di Tamburini che sarà omaggiato di ben altra musica nei Puritani parigini. Il ruolo, ancora embrionale, è alquanto scomodo e Alaimo ha dovuto affrontare la parte con la giusta enfasi. Nelle tre repliche da noi viste Alaimo ha cantato con attenzione l’aria di sortita, anche se si notava una certa tensione nel cantabile, tensione stemperata e superata completamente nella recita del 9 luglio quando l’applauso alla fine della cabaletta è stato molto convinto e unanime. Molto bene la performance di Nicola Alaimo nel secondo atto dove ci regalava un teso duetto con Imogene dal lungo e fioritissimo Larghetto e l’aggiunta di un la sovracuto estemporaneo. Alaimo vocalizza alla perfezione unendo il suo virile timbro a quello delicato di Imogene. L’apparizione nel terzetto è un fulmine che sconvolge lo spettatore ma di cui non si accorgono per un po’ i due amanti. Ciò crea grande tensione in scena.
Bene le parti di fianco con nota particolare al bel Riccardo Fassi già apprezzato recentemente come Oroveso: la sua voce profonda e vellutata era sensibile anche durante la sovrapposizione coi cori. Plauso al Coro scaligero per i numerosi e precisi interventi e in particolare per la grande scena della tempesta iniziale dove tra invocazioni, preghiere e disperate urla hanno dipinto una ottima tela protoromantica.
Plauso al direttore bresciano Riccardo Frizza che ha eseguito l’opera integralmente, con tempi ben contrastanti: i cantabili elegiachi e lenti come Bellini voleva e le strette concitate a fare da contrasto. Molta attenzione anche alla mobile sinfonia che proviene in gran parte dall’Adelson e Salvini. Intenso il preludio che apre l’ultima scena di Imogene dove protagonisti sono l’arpa e il corno inglese. La presenza di questi due strumenti è dovuta alla conoscenza e allo studio da parte di Bellini della Zelmira di Rossini che utilizza i due strumenti quando compare il figlio di Zelmira in scena. Anche Imogene in questo preludio avrebbe dovuto abbracciare il figlio ma il regista ha preferito idealizzare la scena e la Yoncheva sembrava coccolare un piccolo bambino tra le sue braccia.

Spettacolo visivamente sufficiente anche se per nulla pertinente al libretto: assistiamo ad un interno borghese dell’800 con il solito triangolo amoroso senza l’aspetto medievale della vicenda. Un soffitto a specchio è l’unico elemento mobile della scenografia: non capiamo la presenza di betulle innevate in un’opera di questo tipo. Belli comunque i costumi sia dei solisti che del coro realizzati da Pepa Ojanguren.
Il coraggio della direzione artistica di proprorre quest’opera in cooproduzione con il Teatro Real di Madrid e la San Francisco Opera è stato premiato da una buona riuscita complessiva. Ogni recita nasconderà un particolare diverso dall’altra, una acuto in più o una variazione più espressiva. Vale la pena come stiamo facendo noi di ascoltare più repliche possibili poiché ogni recita darà diverse emozioni.

 

Fabio Tranchida