Tragedia lirica in tre atti. Libretto di Salvadore Cammarano

Dalla tragedia Elisabeth d’Angleterre di Jacques Ancelot

 Musica      GAETANO DONIZETTI

Personaggi Interpreti
Elisabetta, regina d’Inghilterra MARIELLA DEVIA
Sara, duchessa di Nottingham SONIA GANASSI
Roberto Devereux, conte di Essex STEFAN POP
Il Duca di Nottingham SERGIO VITALE
Lord Cecil MATTEO MEZZARO
Sir Gualtiero Raleigh UGO GUAGLIARDO

Maestro concertatore e direttore     SEBASTIANO ROLLI

Regia     ALFONSO ANTONIOZZI

Scene      MONICA MANGANELLI

Costumi      GIANLUCA FALASCHI

Luci       LUCIANO NOVELLI

Maestro del coro     MARTINO FAGGIANI

ORCHESTRA DELL’OPERA ITALIANA

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

giovedì 22 marzo 2018

 

Roberto Devereux è l’ultimo capitolo delle regine di epoca Tudor e sicuramente il ritratto più completo della Regina Elisabetta I indagata nella sua psicologia in stati di esaltazione e ossessione mai raggiunti prima neanche da latri compositori. Beverly Sills ebbe la geniale intuizione di presentare tre opere come Anna Bolena, Maria Stuarda e Roberto Devereux in un unico ciclo permettendo di comprendere appieno l’evoluzione dell’arte del bergamasco. Anche a livello pubblicitario questa trilogia funzionò molto bene dobbiamo però ricordare che si tratterebbe in realtà di una Tetralogia Tudor comprendendo il Castello di Kenilworth dove i personaggi sono dipendenti ancora dei canoni rossiniani. Il ruolo di Elisabetta nel Catello di Kenilworth fu interpretato proprio dalla Devia e consegnato al disco e oggi la Devia dopo 3 decenni ci consegna una Elisabetta più completa e matura in questo Devereux che è innanzi tutto un tributo a lei.

Dopo tante primavere Mariella Devia risulta in perfetta forma permettendoci di apprezzare perfettamente lo scavo psicologico dell’altera regina. La gelosia la divora e gli eventi la stritolano senza scampo con ingranaggi da lei stessa azionati. Vocalmente l’intonazione è pressoché perfetta, con una tenuta notevole per tutta l’opera che viene eseguita quasi integralmente con le fondamentali ripetizioni variate delle cabalette. Solo alcune code alla cabalette sono state tagliate, code che avrebbero aumentato ancora più la tensione scenica/musicale. Mariella Devia supera lo scoglio dell’ultima scena dove la lenta cabaletta finale impone fiati lunghissimi e acuti impegnativi. Un prodigio della natura sono le sue qualità vocali e una certa algidezza nel canto ben si addice al ruolo della regina Tudor.

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Molto bene anche l’altra parte femminile con una Sonia Ganassi da poco recensita nel Fra Diavolo romano, in una parte molto impegnativa: bene l’aria che apre l’opera nell’articolata introduzione e benissimo il sofferto duetto d’amore con Roberto: la Ganassi porta in scena una donna in lotta tra l’amore e i doveri verso il marito rendendo molto drammatica la sua parte. Il registro è pieno e sonoro e molte sono le puntature verso l’alto rendendo la parte arroventata.
Stefan Pop esibisce bel timbro virile alla parte di Roberto: nel primo duetto con la regina risulta giustamente indeciso e perplesso mentre nell’aria del terzo atto (citata nella sinfonia) dimostra tutto il suo valore vocale con un timbro netto e luminoso con spericolate variazioni nella cabaletta baldanzosa.
Sergio Vitale non ha svolto completamente ben la sua parte poiché la voce nei momenti più acuti e scopertamente baritonali si assottigliava e mostrava segni di affaticamento evidenti per esempio alla fine della sua aria. Il timbro comunque è buono e ben si è amalgamato con gli altri ruoli.

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Buona la direzione di Sebastiano Rolli che ha scelto dei tempi sempre molto comodi forse per agevolare la Devia. Si tratta solo di una nostra idea ma alcuni brani avrebbero avuto bisogno più stringatezza come la stretta del finale secondo (un po’ annacquata dal direttore) e sopratutto l’episodio precedente l’ultima cabaletta che sembra la scena di un film thriller. Siamo molto felice della inclusione della Sinfonia che dal regista viene anche animata con una raffinata scena iniziale protagonista Elisabetta e il giullare. Il coro sempre preciso e puntuale ha un interessante momento all’apertura del secondo atto dove frasi rotte e libere si compattono per un episodio di largo respiro e monumentalità.
Ottima la regia di Alfonso Antoniozzi già rodata l’anno scorsa al Carlo Felice di Genova, regia che ha ascendenze elisabettiane nella semplicità degli elementi. Il coro è spesso solo spettatore nella rigidità dei movimenti, mentre viene aggiunta la presenza di un giocoso giullare dai tratti anche horror che anima la vicenda. Bellissimi i costumi del grande Gianluca Falaschi: ricchissimi e inventivi sono una gioia per gli occhi da quello del giullare a quelli ricchissimi per gli uomini. Colpo di scena nella scena finale della regina che si presenta con un amplissimo mantello che raffigura l’Inghilterra e l’Europa. Uno spettacolo di pieno successo dal punto di vista sia teatrale che vocale.

 

 Fabio Tranchida

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