Opera in tre atti e dodici quadri dalla pièce di Georges Bernanos,
adattata con l’autorizzazione di EmmetLavery,
basata su una novella di Gertrude von Le Fort
e una sceneggiatura di Philippe Agostini e Raymond Bruckberger
Musica di Francis Poulenc
Le Marquis de la Force Nicolas Cavallier
Blanche de la Force Hélène Guilmette
Le Chevalier de la Force Stanislas de Barbeyrac
L’Aumônier du Carmel Loïc Félix
Le Geôlier / Thierry / Javelinot Matthieu Lécroart
Madame De Croissy Sylvie Brunet
Madame Lidoine Marie-Adeline Henry
Mère Marie Sophie Koch
Soeur Constance Sandrine Piau
Mère Jeanne Sarah Jouffroy
SoeurMathilde Lucie Roche
1er CommissaireJérémieDuffau
2ème CommissaireArnaud Richard
Direttore JérémieRhorer
Maestro del coro Andrea Faidutti
Regia Olivier Py
Scene e costumi Pierre-André Weitz
Luci Bertrand Killy
Orchestra, Coro del Teatro Comunale di Bologna
Coproduzione ThéâtredesChamps-Élysées, Paris e La Monnaie, Bruxell
Il teatro comunale di Bologna ha portato in scena nella stagione d’opera 2018 un lavoro di Poulenc raramente eseguito, di grandissimo interesse dal punto di vista musicale e dirompente per il messaggio sociale, umano e religioso : Les Dialogues des Carmelites. Dopo l’agosto del 1936, forse in seguito alla morte improvvisa di un amico in un incidente stradale, Poulenc si riavvicinò alla fede cattolica e iniziò a comporre musica sacra. Nel 1953 Guido Valcarenghi , amministratore delegato di casa Ricordi, gli suggerì il dramma di Bernanos. Poulenc lo lesse e ne rimase folgorato. Confermò il suo impegno a Valcarenghi e per oltre tre anni ci lavorò assiduamente.
L’argomento si riferisce ad un episodio realmente accaduto durante la Rivoluzione francese, nel momento del Terrore. Nel giugno 1794 sedici religiose del convento carmelitano di Compiégne furono arrestate sotto accusa di sedizione contro la rivoluzione e ghigliottinate. Una di loro, Suor Marie de L’incarnation, un’aristocratica (forse figlia illegittima di Luigi XV), si era salvata trovandosi a Parigi per questioni burocratiche. Sull’argomento la scrittrice Gertrud von Le Fort scrisse una novella nel 1931, Die Letzeam Schafott (L’ultima al patibolo), nella quale viene ricreato il personaggio di Blanche de la Force. Il testo per la sceneggiatura venne proposto a Bernanos per realizzare i dialoghi dal domenicano Raymond Bruckberger, ne fu tratto un film nel 1960, ma più ampio successo , anche teatrale , ebbe il romanzo di Bernanos.
Poulenc si attenne al testo, sottolineando più che i conflitti politico-sociali, la vicenda umana, la psicologia dei personaggi, i caratteri, le problematiche legate alla fede. Nel 1955 iniziò l’orchestrazione, nel 1956 l’opera fu sottoposta a De Sabata e il 26 gennaio 1957 andò in scena alla Scala , nel cast Virginia Zeani e Leyla Gencer. Il successo fu poi europeo.
Il libretto in francese con sottotitoli, sottolineato dalla musica e dalla ricchezza dell’orchestrazione, affascina lo spettatore e tiene l’attenzione legata non solo al canto e alla scenografia con i suoi simbolismi, ma alla profondità della parola. La musica sottolinea infatti il clima inquietante e gli interrogativi profondi che scuotono quelle esistenze, ma anche quelle di tutta l’umanità in qualsiasi epoca. Riflessione e ascetismo, il dubbio nella scelta di fede, la paura, la morte, il martirio. Sono questi i temi , sottolineati dai vuoti spaziali e dagli stessi silenzi musicali inseriti dalla regia ad intervallare l’esecuzione musicale.
Tutte le religiose mettono in luce la loro personalità e la loro problematica esistenziale e sono sottoposte ad uno scavo psicologico che coinvolge lo spettatore. In particolare la protagonista, Blanche, che dichiara al padre con coraggio la sua scelta religiosa nel Carmelo, sentendosi incompatibile con il mondo in un contesto storico così agitato. La sua vocazione, come si presenterà alla madre superiora del convento, è piena di motivi contrastanti. Blanche dichiara di voler vivere una vita eroica. La madre superiora, Madame de Croissy nutre dubbi sulla vocazione della giovane, ma l’ammette al noviziato. Madame de Croissy è una figura complessa e sconcertante è la sua morte, realizzata dalla regia in modo originalissimo: la cantante è in un letto appeso perpendicolarmente alla parete , la musica è martellante, rinforzata da fiati e percussioni, l’immagine offre un’allusione alla croce e produce inquietudine e straniamento, mettendo in discussione la stessa fede. La suora nel suo letto di agonia è in uno stato di agitazione e la sua morte non è eroica, ma drammatica e percorsa da presagi funesti sulla Francia e sul futuro del convento e dello stesso ordine carmelitano. Affida Blanche che ha scelto il nome di Blanche de l’Agonie du Christ, a mère Marie. Madame Lidoine sarà la nuova priora, determinata nelle sue scelte e come guida delle consorelle. Altra figura di rilievo la giovane suor Constance, esempio di semplicità e di amore per la vita, anche se sarà proprio lei a presagire la fine comune di tutte. Non sarà destinata alla morte solo suor Marie, sfuggita all’arresto per essere andata alla ricerca di Blanche, fatta uscire dal convento dal fratello per cercare di salvarla.
Il colloquio del cappellano con mère Marie, tormentata dalla sorte delle consorelle e dalla colpa per essere sfuggita alla certezza della condanna, sottolinea l’imperscrutabilità dei disegni divini. Simboli e scritte varie percorrono lo spazio del palcoscenico: l’ultima cena, la crocifissione, la natività di Cristo, le luci sono distribuite in modo accurato. Nell’ultima scena, nell’avvio al supplizio, le suore sono frontalmente allineate, si avviano due per volta all’uscita dalla scena rispettivamente da sinistra e da destra, intonando il Salve Regina sullo sfondo di un cielo stellato e dalla comparsa di simboli quali l’agnello, la colomba, i gigli. Ogni scomparsa è sottolineata dall’orchestra con il suono metallico della lama della ghigliottina. Alla fine compare Blanche che con un colpo di scena si avvia volontariamente verso il patibolointonando i versi del Veni creator Spiritus e guardando suor Constance che si avvia anch’essa alla morte. La sua scelta del martirio segna il trasferimento della grazia: morire e vivere non per se stessi ma per l’altro.
Le voci sono tutte adeguate, soprani e mezzosoprani,, ottima l’interpretazione, nonostante la difficoltà dei ruoli. HelèneGuilmette è Blanche, soprano dalla limpidezza della linea canora, Mme de Croissy la bravissima mezzosoprano Sylvie Brunette, dalla vocalità avvolgente e da doti interpretative di grande rilievo, Sophie Koch è Mère Marie, ottimo fraseggio e buona l’interpretazione, soprattutto nel momento del turbamento di fronte alla libertà, Marie-Adeline Henry è Madame lidoine, ottima interpretazione del ruolo deciso e autoritario come seconda priora. Adeguati tutte le altre voci. Fra quelle maschili si distinguono le Chevalier de la force, Stanislas de Barbeyrac , dalla chiara voce tenorile e il padre cappellano del Carmelo, Loic Felix. Ottimi orchestra e coro.
Grande successo. Il pubblico, forse inizialmente perplesso e poco preparato di fronte a questa opera del ‘900, ha compreso tutto il valore di tale evento e si è sentito chiamato in causa per confrontarsi con i grandi temi della vita , della morte, del nostro fine ultimo e della debolezza umana.
Giuseppina Giacomazzi