Melodramma in 4 atti di Giuseppe Verdi

Libretto di Andrea Maffei

Massimiliano Riccardo Zanellato

Carlo Stefano Secco

Francesco Giuseppe Altomare (in sostituzione)

Amalia Roberta Mantegna

Arminio Saverio Fiore

Moser Dario Russo

Rolla Pietro Picone

Direttore Roberto Abbado

Regia Massimo Popolizio

Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Scene Sergio Tramonti
Costumi Silvia Aymonino
Luci Roberto Venturi
Video Luca Bianchi-Daniele Spanò

 

 

I Masnadieri è un melodramma tragico di Giuseppe Verdi liberamente

tratto dalla tragedia di Schiller “Die Rauber”. Fu rappresentato a Londra al

Majesty Theatre il 22 luglio 1847, prima opera di Verdi per una capitale

europea. Il teatro dell’opera di Roma ha concentrato in 2 parti i 4 atti originali.

Si tratta di una storia di sangue, di odio, di sete di potere, di amore e

morte dalle tinte forti, nello spirito dello Sturm und drang. Temi dominanti

sono l’invidia, che spinge all’odio fratricida e parricida, l’amore per una

stessa donna, il femminicidio, tema di attualità, la ribellione giovanile

dell’intellettuale Carlo che fugge con i masnadieri, ma legge Plutarco. Una

storia cupa e sanguinosa, una storia “gotica” sottolineata dall’ambientazione.

La novità di questa realizzazione è nella regia di Massimo

Popolizio, la prima regia del noto e bravissimo attore teatrale. Popolizio ne

interpreta lo spirito, retrodatando ‘opera e riportandola al gotico, al Medioevo:

l’attore ha dichiarato infatti di non essere interessato all’attualizzazione.

La regia ha scelto la dimensione del fumetto, linguaggio della

contemporaneità, in questo caso il fumetto storico, e come riferimento i

film di Tim Burton. La scenografia si avvale di proiezioni con nuvole in

bianco e nero che si muovono continuamente e due occhi enormi

spalancati, strutture semoventi che si abbassano e si alzano. La prima

apparizione del primo dei due cori viene vista dalle spalle in su; tutto si

svolge su piani diversi per sottolineare la distanza. Carlo canta su una

specie di ponticello che si sposta, tutte le altre strutture emergono dal

basso, cadono dall’alto e scompaiono come in un ascensore, forse in

modo un po’ eccessivo e macchinoso.

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I ruoli dei cantanti sono difficili, dovendo esprimere sentimenti forti,

contrastanti, desideri inappagati e conflitti interiori. La giovane Roberta

Mantegna (soprano) è Amalia, una promessa dalla voce cristallina, libera e

armonica, musicale e precisa nelle agilità. Riuscita l’interpretazione

soprattutto nella scena della tentata violenza da parte di Francesco, in cui

rivela fermezza e determinazione. Il ruolo è veramente difficile e

balcantistico in quanto scritto per la svedese Jenny Lind. Stefano Secco

(tenore), Carlo, ha qualche incertezza iniziale, un buon fraseggio, correttezza

e tecnica, ma non sempre esprime quel lirismo dolente che dovrebbe caratterizzare

il personaggio. Giuseppe Altomare ( baritono secondo cast), sostituisce

Rucinski, riesce ad affrontare il difficile ruolo di un debole, portato ad

​azioni scellerate a causa della fragilità e debolezza interiori. La

menomazione fisica del personaggio schilleriano viene realizzata con un

braccio simile ad una protesi attaccata all’anca. Particolarmente riuscita la

scena rivelatrice del carattere di Francesco, quella finale della

convocazione del prete Moser ai fini di scaricare il peso della coscienza,

scena che prefigura quella di Filippo II e il Grande Inquisitore.

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Riccardo Zanellato, Massimiliano, il padre, si impone per profondità della voce,

interpretazione, sicurezza nei cantabili morbidi e legati scritti per la voce

di Luigi Labache primo interprete londinese.

I Masnadieri segnano per lui il ritorno al belcanto.

Splendido il duetto finale con Carlo, nel quale l’abbraccio non è

realizzato sul corpo, ma appoggiato alla corazza. Adeguati gli altri interpreti.

I costumi sono particolarmente ricercati: domina il ferro, le armature, le

armi luccicanti che richiamano un vecchio film di Ermanno Olmi “Il

mestiere delle armi”. II colore dominante è comunque sempre il nero.

Il maestro Abbado sottolinea gli influssi donizettiani , rossiniani e belliniani

della partitura. Coinvolgente il bellissimo assolo di violoncello del preludio

I due cori sottolineano perfettamente l’azione, soprattutto nella

narrazione del salvamento da parte dei masnadieri del bandito Rolla

condannato a morte. Molti applausi, anche a scena aperta.

Il pubblico romano ha mostrato un buon gradimento, nonostante le polemiche

dei giorni precedenti. Una realizzazione forse discutibile sotto  alcuni

aspetti, ma, tenendo conto di questa prima prova, ci auguriamo

un ritorno di Massimo Popolizio alla regia operistica.

                                                                              Giuseppina       Giacomazzi