Melodramma giocoso di Domenico Gilardoni
Musica di Gaetano Donizetti

Rappresentazione della nuova versione: Milano, Teatro alla Scala, 2 gennaio 1828
Revisione sull’autografo a cura di Alberto Sonzogni

Lo Czar      Giorgio Caoduro
Pietro Flimann     Juan Francisco Gatell
Wambett      Andrea Concetti
Marietta Irina     Dubrovskaya
Carlotta     Aya Wakizono
Leforte     Pietro Di Bianco
Alì Mahmed      Pasquale Scircoli
Un uffiziale       Alessandro Ravasio

Direttore Roberto Rizzi Brignoli
Regia Davide Ferrario
Scene Francesca Bocca
Costumi Giada Masi

Orchestra Donizetti Opera
Coro Donizetti Opera
Maestro del coro Fabio Tartari

Nuovo allestimento e produzione della Fondazione Donizetti

Molto interessante la scelta del Festival Donizetti di proporre un titolo veramente raro nella produzione del bergamasco che attendeva una compiuta realizzazione essendo ormai anacronistica la vetusta registrazione dell’opera fatta ad Amsterdam nel 1974. Il Festival Donizetti ci ha proposto una valida esecuzione di quest’opera che potremmo definire degli “anni di galera” di Donizetti in quanto aveva firmato un contratto capestro con Barbaja che lo impegnava con quattro opere all’anno a Napoli.
Oltre al San Carlo operavano a Napoli il Teatro dei Fiorentini e il Teatro Nuovo ai quali erano destinati lavori comici con spesso l’uso del vernacolo. Teatro Reale era il Teatro del Fondo (l’odierno Teatro Mercadante) a cui era proprio destinata l’opera qui trattata, Il Borgomastro di Saardam. L’opera prevedeva l’uso del dialetto per il protagonista, il Borgomastro Timoteo Spaccafronna impersonato dal famoso comico Carlo Casaccia e recitativi accompagnati insoliti per il genere che rimpiazzavano i dialoghi parlati di uso comune per esempio al Teatro Nuovo. Un genere molto particolare quindi di cui a oggi non è possibile ricostruire l’intera partitura in quanto le fonti napoletane sono molto lacunose e la partitura autografa è stata riutilizzata da Donizetti stesso per confezionare la presente edizione che ebbe prima alla Scala di Milano senza trovare consenso. I recitativi della versione napoletana erano alquanto estesi (pensate ai recitativi lunghi e gustosi de La Gazzetta di Rossini proprio per il Teatro dei Fiorentini che attendono ancora giustizia) e permettevano di comprendere meglio la comica vicenda mentre i recitativi milanesi sono ridotti all’osso velocizzando la vicenda ma facendo perdere di molto il lato comico dell’opera e alcuni sviluppi della trama.

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Il lavoro di Donizetti ci offre belle melodie sempre lineari e fresche: manca però un po’ lo sviluppo dei brani con le due sezioni cantabile e stretta spesso contrapposte senza l’episodio ponte che giustificherebbe il cambio di tempo. Ben sviluppati risultano essere il terzetto del primo atto tra i due bassi e il tenore e l’aria dello Czar l’unica tripartita come però testimoniato solo dalla partitura mutila napoletana che in questo caso ci offre il prezioso indizio del tempo di mezzo.
Il cast odierno ha fatto molto per la riuscita dello spettacolo primo fra tutti nel ruolo serio dello Czar impersonato da Giorgio Caoduro dal nobile fraseggio, dall’arcata espressiva e capace di colorare come un basso rossiniano le frasi. Buona la presenza scenica che incuteva timore agli altri personaggi e non si faceva intimidire del borgomastro impiccione.
Ottimo il tenore Juan Francisco Gatell da poco ascoltato nel Falstaff parmense: la voce è facile all’acuto, la freschezza di ogni frase è ammirevole delineando un personaggio simpaticissimo e vivissimo. Il regista Davide Ferrario trasforma il disertore Pietro Flimann in un disertore pauroso di essere scoperto e Gatell è impegnato a rendere comico il suo ruolo con mille mosse e azioni che divertono molto il pubblico. Spiace che non abbia un’aria tutta sua ma nonostante ciò il personaggio è abbastanza presente in scena pronto sempre a deliziarci col timbro fresco e sicuro e a divertirci con i suoi atteggiamenti di un pauroso e innamorato ventenne, età che dimostra il tenore sebbene non sia la sua anagrafica.

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Wambett è il borgomastro di Saardam questa cittadina poco lontano da Amsterdam famosa per i suoi mulini e segherie dove lo Czar venne a imparare i segreti della costruzione delle navi. Ancora oggi nell’odierna Zaardam esiste la casa abitata dallo Zar Pietro meta dei turisti. Andrea Concetti è un Wambett sopra le righe, ben tratteggiato e ben cantato: la voce è accentata e impegnata talvolta nei sillabati sempre sgranati con dovizia. Ottima la sua aria (che perde molto nella versione italiana) e divertente il terzetto con i due Pietro dove Concetti si insinua con uno scoppiettante scioglilingua sotteso.
Sebbene dobbiamo riconoscere le qualità vocali di Irina Dubrovskaya che ha fornito una compatta linea vocale e facilità agli acuti (per altro non scritti) è evidente che chi ha realizzato il cast non si è reso conto che per il ruolo di Marietta era necessario un mezzosoprano e non certo un soprano come proposto. La parte fu affidata sia a Napoli che a Milano alla Ugher (contralto nella prima della Nona di Beethoven) che fu omaggiata di una duetto ulteriore nella versione milanese. La parte è tutta centrale e nell’aria nel primo atto e nel rondò finale è evidente la discrepanza della parte con il soprano Irina Dubrovskaya. Trovandosi in questo periglio sfrutta la sua voce non ampia e varia come può inserendo puntature e acuti alla sua portata per niente fastidiosi ma un poco fuori luogo. Divertente il duetto con il borgomastro (anch’esso veramente centrale come tessitura) che nel 1831 trovò posto nella versione milanese del Le convenienze e inconvenienze teatrali con la parte di Marietta adattata facilmente al buffo Mamma Agata.

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Parti di contorno risolte bene con particolare merito al Leforte di Pietro Di Bianco impegnato nell’introduzione/terzetto e in vari passaggi minori. Buono il coro preparato dal sempre attento Fabio Tartari. Lo spettacolo di Davide Ferrario ci è piaciuto moltissimo innanzitutto per l’intelligente movimento dei personaggi, per le scene proiettate delle scene russe di Giacomo Quarenghi che dopo lo Zar Pietro continuerà a costruire la città di Pietroburgo. Effetti delicati muovevano le onde della Neva e nel secondo atto le viste della vecchia Bergamo illustravano il duetto d’amore tra Flimann e Marietta esplicitando la matrice della musica perfettamente autoctona. Una sagoma di una nave in costruzione che al termine dell’opera condurrà al suo paese lo Czar completava l’allestimento con la giusta ambientazione del cantiere navale.
Buona la direzione di Roberto Rizzi Brignoli, pupillo a suo tempo di Riccardo Muti, che ha reso giustizia alla partitura che finalmente acquisisce i giusti colori e il bel rapporto tra archi e legni nella sempre delicata orchestrazione donizettiana giocata da raffinati chiaroscuri. Ottima l’acustica del Teatro Sociale non lontano dalle dimensioni del teatro del Fondo dove avvenne la prima assoluta. Anche l’anno prossimo le due opere in cartellone Enrico di Borgogna e Il castello di Kenilworth verranno presentate qui essendo il Teatro Donizetti ancora in ristrutturazione. Un ultimo apprezzamento ad Alberto Sonzogni per l’ottimo lavoro di revisione sull’autografo che ha permesso una autentica restituzione di questa “fatica” napoletana/milanese.

Fabio Tranchida

Foto di ©Gianfranco Rota