Dramma semiserio di Cesare Sterbini
Direttore Francesco Lanzillotta
Regia Mario Martone
Scene Sergio Tramonti
Costumi Ursula Patzak
Aiuto regista Daniela Schiavone
Luci Cesare Accetta
Duca d’Ordow Nicola Alaimo,
Dorliska Salome Jicia,
Torvaldo Dmitry Korchak,
Giorgio Carlo Lepore,
Carlotta Raffaella Lupinacci,
Ormondo Filippo Fontana
Coro del Teatro della Fortuna M. Agostini
Maestro del Coro Mirca Rosciani
Orchestra Sinfonica G. Rossini
Produzione 2006
Torvaldo e Dorliska è tra le opere di più rara esecuzione del catalogo rossiniano. Rossini compose 4 opere semiserie L’Inganno felice, Torvaldo, La gazza ladra e Matilde di Shabran. A parte Torvaldo tutte ebbero grande successo e molte repliche nei primi decenni di vita ma il gusto per il semiserio morì ben presto e gli ultimi fasti li raccolse la magnifica Linda di Chamounix di Donizetti. Ancora oggi il genere non è molto apprezzato, la gente o vuole ridere o vuole piangere, trascurando questo stile dai delicati equilibri. La sinfonia è del tutto originale e non fu più riutilizzata da Rossini tranne il secondo tema che finirà ampliato nella sinfonia de La Gazzetta e da li alla Cenerentola. Torvaldo dopo le mediocri recite al Valle raccolse i fasti al San Carlo di Napoli con i nostri sacri Colbran e Nozzari ciò per spiegare che Rossini teneva a questa sua creatura. Anche l’altra sera vi erano alcuni mostri sacri viventi ad esaltare il pubblico e i melomani.
Nicola Alaimo, basso-baritono, che prende il ruolo di Filippo Galli si è assunto una parte impegnativa la più impegnativa scritta da Rossini per un basso. Dalla prima scena in pratica è quasi sempre sul palcoscenico senza neanche il tempo di respirare un poco. Alaimo affronta con coraggio l’immane impresa con una voce piena e robusta, generosa nelle colorature intensive scritte per Galli. Perfetto è il suo legato nelle frasi più liriche e il sillabato vertiginoso nel terzetto e nel duetto comico con Giorgio. Il suo studio approfondito della parte rende il personaggio credibilissimo nella sua esagerata cattiveria quasi uno Scarpia ante litteram come documenta la scena con Dorliska nel secondo atto.
Di vocalità differente ma altrettanto bravo è il napoletano Carlo Lepore che infortunatosi durante le prove ha cantato con una vistosa fasciatura al braccio occultata da una protezione di pelle. Ogni frase è stata scolpita e accentata dalla sua mobilissima e nobilissima voce: tutti i riferimenti alla sommossa e al tradimento del Duca venivano sempre cantati a denti stretti in efficaci “a parte”. Il racconto iniziale è risultato credibile nei vari passaggi di tono e nel “parlato”, di valore lo sbalzo dato nel lungo terzetto e nel finale primo con la ridicola frase saltellante “Di paura sto tremante ah giudizio per pietà”. Lepore in questa produzione ha veramente superato se stesso.
Sua sorella Carlotta è stata Raffaella Lupinacci impiegata in una leggiadra aria nel secondo atto divisa in piccole sezioni contrastanti. Il mezzosoprano ormai ospite fisso del Festival ha una voce calda e suadente, tale da affascinare il pubblico con la facilità nel porgere ogni frase. All’inizio del finale del I atto Raffaella Lupinacci è impegnata anche in un veloce sillabato alquanto comico che supera con brillantezza. Speriamo che il festival negli anni futuri le dedichi parti sempre più importanti e da protagonista con una Zomira o una Rosina o un’Adina tutti ruoli che sarebbero perfetti per lei il prossimo anno.
Molto interessante la vocalità di Dmitry Korchak che ha dato potenza e valore al ruolo di Torvaldo: un eroe preromantico che agisce per la sua bella. Con la sua voce ampia, timbrata e sicura è stato apprezzato in entrambe le due arie di cui la seconda molto originale e con il coro pertichino. Ha regalato al pubblico internazionale del Festival alcune puntature e alcuni acuti sgargianti e pieni non previsti ma perfettamente coerenti alla parte resa quindi ancora più intensa. La bella presenza ha fatto il resto nel completare il coraggioso personaggio vittima del Duca insieme alla neo-sposa.
Quest’ultima era Salome Jicia molto apprezzata l’anno scorso ne La Donna del lago e di recente a Londra nel Mitridate ma in queste sere abbiamo notato una prova discontinua. Mentre nell’aria del primo atto e successivo duetto con Alaimo la prova è stata ben superata con accenti drammatici ben distribuiti e una voce dal pieno registro centrale ecco che nel secondo atto nell’aria ad alta tensione con il tentato stupro da parte del duca, molte durezze non sono state più occultate e specialmente la cabaletta non ci è parsa sufficiente. La cantante ha già firmato per Semiramide al ROF 2019 e speriamo che tale ruolo sia affrontato col giusto studio.
Filippo Fontana è molto divertente nell’aria del “pero” un’aria da sorbetto che precede il finale primo esaltata dalla scena escogitata da Martone. Di grande fascino la regia di Mario Martone che ha trasformato la platea nel vero e proprio castello, il golfo mistico nella prigione e il palcoscenico nell’intricato bosco. Molte volte i personaggi circolavano in platea coinvolgendo il pubblico e lo stesso coro ad inizio secondo atto prepara la sommossa tra gli spettatori. Il coro composto da quello del Teatro della Fortuna di Fano e da alcuni elementi aggiunti ha dato buona prova nella preparazione del maestro Mirca Rosciani. L’eleganza dei costumi e delle scene permetteva di apprezzare questa opera semiseria in un contesto di rara suggestione per gli occhi così come era successo per l’altra opera semiseria sempre ideata da Martone, Matilde di Shabran che con una scena unica riusciva ad interessare per più di tre ore il curioso spettatore. Ottima produzione con cantanti d’eccezione che hanno dato valore a quest’opera che è ancora alla ricerca di un pubblico capace di apprezzare ambiguità tra riso e pianto di questo teatro in musica. Appuntamento al prossimo Festival con Ricciardo e Zoraide, protagonista Florez, Adina e Il Barbiere di Siviglia.
Fabio Tranchida