Dramma per musica in tre atti Libretto di Grazio Braccioli Edizione Ricordi in collaborazione con l’Istituto Italiano A. Vivaldi, Fondazione G. Cini, Venezia
Orlando SONIA PRINA Angelica MICHELA ANTENUCCI Alcina LUCIA CIRILLO Bradamante LORIANA CASTELLANO Medoro KONSTANTIN DERRI Ruggiero LUIGI SCHIFANO Astolfo RICCARDO NOVARO
Fattoria Vittadini Mattia Agatiello, Vittorio Ancona, Erica Meucci, Alec McCabe, Sebastiano Geronimo, Giacomo Goina, Francesca Siracusa, Loredana Tarnovschi, Cecilia Tragni
Coreografie di Riccardo Olivier
Maestro concertatore al cembalo e direttore d’orchestra DIEGO FASOLIS Regia FABIO CERESA
Scene MASSIMO CHECCHETTO Costumi GIUSEPPE PALELLA Lighting designer GIUSEPPE CALABRÒ
I Barocchisti
Maestro al cembalo e assistente del direttore d’orchestra Andrea Marchiol Maestro di sala e al cembalo Ettore Papadia Maestri di palcoscenico Carmine Chiarelli, Giulia Palmisani Maestro alle luci Valeria Zaurino Assistente alla regia Mattia Agatiello Assistente alle scene Laura Venturini
Scenografia e costumi Laboratorio scenotecnico Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Attrezzeria Laboratori Festival della Valle d’Itria
Nuovo allestimento del Festival della Valle d’Itria in coproduzione con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Definire la serata magica è veramente riduttivo, il Festival della Valle d’Itria è riuscito in un miracolo nel riproporre un fantasioso Orlando vivaldiano con un cast tecnico d’eccezione tra cui il costumista Giuseppe Palella dalla fervida immaginazione e il regista Fabio Ceresa esperto vivaldiano tanto da migliorare la drammaturgia interna dell’opera in questione. Fasolis e i cantanti hanno completato questo quadro d’eccellenza. Vivaldi nella sua lunga carriera da operista, compose a suo dire una settantina di opere tra cui alcuni centoni e scrisse ben tre opere con soggetto Orlando: Orlando finto pazzo e Orlando nel 1714 a inizio carriera e poi l’Orlando nel 1727 nella sua piena maturità. Il primo è stato messo in scena a Seul da poco tempo dalla stessa équipe che ha lavorato in questi giorni a Martina. Il secondo è stato scoperto e inciso da Sardelli mutilo di un atto e il terzo riscoperto dagli anni ’70 da Scimone-Horne è certo la sua opera più famosa. Non sappiamo dell’esito della prima ma le repliche non furono molte. Lo si considera capolavoro per la bellezza di molte arie, tra cui l’immortale in bocca a Ruggiero, e per le due scene originalissime che descrivono la pazzia di Orlando con un realismo quasi anacronistico.
Le potenzialità fantastiche del soggetto gli danno quella marcia in più per poter realizzare spettacoli superbi come quello appena visto qui a Martina Franca. Fabio Ceresa espertissimo vivaldiano ancora prima della regia ha lavorato per migliorare un libretto che soprattutto nel terzo atto si sfilaccia alquanto. In tutta l’opera sono tagliate un’aria per personaggio e molti recitativi ridotti per dare un taglio più dinamico alla già lunga serata. Il maestro Fasolis dall’alto del suo magistero ha trovato il giusto compromesso agli aggiustamenti vocali e allo spostamento di intere scene. Credibilissima e rafforzata ne è risultata quindi la drammaturgia. Se ciò aggiungiamo un sontuoso e iper-Barocco spettacolo con le scene di Massimo Checchetto e sopratutto i mirabili costumi di Giuseppe Palella il risultato non può essere che incredibile. La conchiglia sede del regno di Alcina abbaglia coi suoi riflessi dorati e tutta la corte è composta da mimi dalle gonne e corpetti bizzarri. Superbo il costume di Ruggiero con un braccio fatto di piume metalliche d’oro e calzari preziosi. Ruggiero giunge su un enorme ippogrifo macchina barocca straordinaria mossa da due mimi. Non parliamo poi del gigante alto 10 metri costituito da pezzi di armatura poi sconfitto da Orlando. Gli ampi spazi della corte ducale sono stati dominati da una mongolfiera-luna che ha svettato in cielo dominando tutti. Uno spettacolo irripetibile che coprodotto con Venezia non potrà certo avere la stessa monumentalità nel piccolo palcoscenico del teatro Malibran.
Ottima la compagnia di canto tra cui la protagonista Sonia Prina (Lucia Lancetti alla prima assoluta) dal canto molto accentato e scabro ha messo in musica con forza la pazzia di Orlando con la grande scena a fine secondo atto e l’altrettanto valida scena del terzo che è risultata particolarmente enfatizzata con i tagli di recitativi prima e dopo. Orlando è associato alla luna dove ha smarrito il senno e la grande luna non è che l’altro lato della conchiglia d’oro di Alcina. La Prina è una cantante autorevole, intensa e dalle robuste variazioni che hanno ispessito il canto così drammatico. “Nel profondo cieco mondo” è aria che sale e scende vertiginosamente ma la Prina non ha mostrato nessun tentennamento. Lirica l’Alcina di Lucia Cirillo (alla prima a Venezia fu Anna Girò prediletta da Vivaldi e forse amante) ha espresso con veridicità il tormento e spavento della prima aria: il ruolo è caratterizzato da una coloratura minuta e poco legata, specialità dello stile parlante della Girò, la Cirillo ben rende il canto febbrile fino all’ultimo intervento nell’invocare le potenze infernali. Bradamante è il mezzo Loriana Castellano dalla coloratura ben cesellata e dalla morbidezza generale del canto. Belle e ben scritte le variazioni nelle sue arie hanno ben espresso un personaggio dolente per la perdita dell’amato Ruggiero paladino interpretato da Luigi Schifano giunto in extremis una volta escluso il precedente cantante. La sua voce nella immortale aria “Solo per te” è risultata flautata, reale e piena. Nessun tipo di artificio fastidioso era ravvisabile ma solo una bellissima musicalità piena di ideale passione. Certo la professionalità del flauto traverso ha contributo agli ottimi risultati. La seconda aria era accompagnata da tre clavicembali che entravano uno alla volta e dal violoncello creando una atmosfera di raro intimismo. L’ultima aria aggiunta in questa occasione era difficilissima ma risolta anch’essa con professionalità. Di buona eleganza e morbidezza l’Angelica di Michela Antenucci. Meno bravo l’altro controtenore Kostatin Derri dalla voce piccola e molto costruita. Nelle variazioni alla ripresa della sua prima aria è risultato più apprezzabile. Bene il duetto con la sua amata Angelica durante l’orgia nella conchiglia dove la bellezza dei due sposi ben risaltava nella scena. Superbo il basso Riccardo Novaro, uso a questi ruoli, dove la suo calda e morbida voce ha espresso con giusti accenti ogni sillaba. Un piacere ascoltarlo ad ogni intervento.
Menzione particolare tra i tanti mimi a Mattia Agatiello, anche assistente alla regia, che con il suo fisico statuario ha sedotto il pubblico e Lisippo ne avrebbe certo tratto un Ercole Vincitore. I Barocchisti di Fasolis superbi nelle arie quanto negli importanti recitativi. Ben tre clavicembali, un flauto, due oboé un fagotto e due corni a sostegno esclusivo dei rari interventi del preparato coro. Fasolis al terzo cembalo con interventi estemporanei ha arricchito ogni momento musicale. Il sublime si è realizzato in questa produzione del festival e il pubblico con le numerose chiamate ha apprezzato enormemente lo spettacolo.
Fabio Tranchida