MERCOLEDÌ 24 MAGGIO |
PRIMA PARTE | |
Svetlana Zakharova Roberto Bolle
Antonella Albano Marco Agostino Federico Fresi Gaia Andreanò Martina Arduino Timofej Andrijashenko Stefania Ballone Agnese Di Clemente Christian Fagetti Denise Gazzo Marta Gerani Maria Celeste Losa Fabio Saglibene Gioacchino Starace |
Pianoforte | James Vaughan |
SECONDA PARTE | |
Svetlana Zakharova Roberto Bolle
Antonella Albano Massimo Garon Vittoria Valerio Marco Agostino Philippine De Sevin Christian Fagetti Alessandra Vassallo Gabriele Corrado Chiara Fiandra Walter Madau Martina Arduino Nicola Del Freo |
Violino | Francesco De Angelis |
Oboe | Fabien Thouand |
Flauto | Andrea Manco |
Violoncello | Sandro Laffranchini |
Clavicembalo | James Vaughan |
Mauro Bigonzetti nella sua esperienza di coreografo si è accostato già tre volte alla musica di Händel: InCanto nel 2007, Festa Barocca nel 2008 e Come un respiro l’anno successivo.
Le assonanze maggiori si posso riscontrare proprio con quest’ultimo lavoro dove la sintesi, l’essenzialità di gesto e musica raggiungono livelli di notevole maturità.
La serata è divisa in due parti ben differenziate, nella prima i colori sono il bianco, il grigio e il nero con dei fantasiosi tutù per le donne dalle sagome originali. I colori spenti e uniformi sono enfatizzati da una luce quasi caravaggesca dove i corpi sia maschili che femminili emergono dall’oscurità o dalla luce spiovente. Non abbiamo citato Caravaggio a caso in quanto pochi anni fa abbiamo assistito proprio un balletto di Bigonzetti con questo titolo a Berlino e ci aveva lasciato intense emozioni.
Nella prima parte vengono eseguiti 18 movimenti da varie Suite e in particolare dalla Suite op.1. La consulenza musicale per la scelta dei brani si deve a Bruno Moretti. La scelta dell’esecuzione con il pianoforte permetteva a James Vaughan una maggiore espressione attraverso i colori e le dinamiche dello strumento.
Ad apertura del sipario compaiono 9 ballerine e 7 ballerini tutti legati insieme in una catena umana dai movimenti contorti: si lascia poi lo spazio alle donne che a una a una propongono i loro passi per poi creare una movimento concertante riassuntivo. Seguono i movimenti più meccanici dei 7 uomini a busto nudo, corpi esaltati e scolpiti dal contrasto tra il fondale nero e le luci spioventi.
Segue un interessante pas de deux se così vogliamo chiamarlo tra Timofej Andrijashenko (fidanzato con Nicoletta Manni) e Martina Arduino dove evidenti sono le acrobazie plastiche dei due. Ecco quindi il passo a solo dell’etoile, Roberto Bolle che riempie il palcoscenico vuoto con una gestualità quasi da Dio-Creatore, maestoso nelle sue pose iniziali, più dinamico nella coda della sua esibizione.
Marco Agostino ha un bel passo a solo e poi in coppia con l’Albano differenziando un passaggio della musica prima lento e poi allegro. Rara la grazia dell’etoile Svetlana Zakharova, che si fa notare per l’originalità dei suoi movimenti con effetto straniante per chi è abituata ai suoi passi più classici: viene poi accompagnata dall’agile Faggetti. Quest’ultimo poi impersona insieme a Marco Agostino un duetto di grande tensione erotica dove i movimenti tra i ballerini sono sempre epidermici. Grande la sintonia tra i due primi ballerini. Termina la prima parte con la stessa catena umana dell’inizio staccandosi uno alla volta ex abrupto; dopo pochi gesti un inchino verso il pubblico che non tarda a manifestare il proprio consenso.
La seconda parte è più varia con una decina di Sonate eseguite da 5 strumenti solisti: violino, oboe, flauto, violoncello e clavicembalo. I colori seppur tenui e acquarellati danno più luminosità ai solisti e le sonorità più vivaci riescono con pochi elementi a cambiare il “mood” del balletto.
Fantastico il Pas de deux tra Bolle e Svetlana Zakharova, quest’ultima impegnata in un ampio développé dove la gamba si alza a 180° e tra l’incavo della sua gamba alzata e il suo collo si inserisce elegantemente il volto di Bolle in una tensione molto particolare. Questa posizione è mantenuta per lungo tempo in una dedizione della ballerina alle difficili indicazioni del coreografo. Le esili braccia della Zakharova si muovono come le ali di un cigno in una eleganza senza paragoni.
Interessante il passo a quattro delle ballerine che continuano a ballare anche terminata la musica anzi enfatizzando il rumore dei passi. Nuovo passo a due tra Bolle e Zakharova sulla melodia celeberrima “Lascia ch’io pianga” nella sua versione originale come sarabanda dall’opera Almira. Eleganti i numerosi inchini e il successivo avvinghiarsi seducente. Massimo Garon balla con altri 5 solisti, prima di un assolo di Bolle che in splendida forma enfatizza tutte le torsioni di un busto mobilissimo, di mani forti dai movimenti anche in questo caso solenni. Con le mani sembra creare la materia e maestosi i suoi passi.
Tutti isolisti intervengo in un movimento gioioso finale dove la musica di Händel si arricchisce di positività e luminosità in un canto solo strumentale ma che diventa quasi “corale”.
I tutù della seconda parte sono formati da cubi colorati affastellati tra loro, mentre i ballerini indossano pantaloni con inserti oro e una trasparente maglia con piccoli riquadri che nell’intenzione dei creatori del balletto devono sostituire in toto la scenografia. Molto successo di pubblico e fanatismo per le due etolie. Repliche del balletto fino al primo giugno.
Fabio Tranchida