Fiordiligi: Corinne Winters
Dorabella: Angela Brower
Ferrando: Paolo Fanale
Guglielmo: Markus Werba
Don Alfonso: Pietro Spagnoli
Despina: Sabina Puértolas

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore: Semyon Bychkov

L’ultima opera della trilogia Mozart-Da Ponte è una esercizio virtuosistico, un gioco di specchi raffinato dove due coppie di amanti si compongono, scompongono e ricompongono alla fine dopo una triste presa di coscienza sulle debolezze umane. Si tratta di una delle poche opere senza una fonte di origine, dramma o romanzo che si voglia. Gli studiosi pensano invece che fonte diretta sia stato il libretto della Grotta di Trofonio di Casti, utilizzato da Da Ponte. Anche li due coppie di amanti cambiano gli affetti entrando e uscendo dalla magica grotta.

Quest’anno si eseguirà a Martina Franca la versione della Grotta di Trofonio di Paisiello, un’autentica rarità rispetto alla prima versione musicata da Salieri.

Così fan tutte sarebbe dunque un divertissment, una variazione su tema realizzato con raro acume dal libertino Da Ponte esperto in relazioni quanto Casanova.

Oggi all’Auditorium Parco della musica abbiamo assistito ad un’esecuzione perfetta sotto tutti gli aspetti. Profonda e ben organizzata la direzione di Semyon Bychkov che riascoltiamo dal vivo dalla memorabile Elektra dell’Arcimboldi milanese. Precisione nei tempi e un ottimo bilanciamento tra voci ed orchestra. Magnifica la compagine dei fiati tra cui spiccava l’onnipresente clarinetto, strumento nuovo per l’epoca, strumento principe per Mozart.

Diciamo subito che i cantanti, tranne Spagnoli e Fanale, erano stranieri ma tutti con una buona pronuncia italiana che rendeva intellegibile tutto il testo dapontiano con le sue numerose battute e doppi sensi.

Corinne Winters, soprano dalla giusta estensione, ha interpretato correttamente la fanciulla difficile da sedurre con le sue due ampie arie drammatiche in perfetto stile serio. Voce ben costruita, talvolta un poco algida ma giusta per caratterizzare il personaggio della “Ferrarese”.

Angela Brower interpretava la sorella della suddetta, più incline al tradimento, comprensibile sia dalla gestualità che dai brani da lei intonati. Bellissima voce, di ampio respiro. Per niente scura nonostante il registro mezzosopranile, vitale, spiritosa.

Paolo Fanale, tenore dalla voce compatta e molta verve, scopre dall’amico il tradimento dell’amata montando in furia. Bravo nei numerosi assiemi che caratterizzano l’opera, e interessante la sua tecnica nelle arie che gli consente una ampia arcata musicale e precisione ritmica.

Guglielmo è stato Markus Werba, un basso chiaro, oggi diremmo baritono, simpaticissimo nel creare il personaggio, un po’ esaltato un po’ disilluso. Ben accentate le frasi, esplicita tutta la virulenza comica delle parole.

Don Alfonso era un eccellente Pietro Spagnoli basso che prende le mosse come detto dal mago Trofonio per renderlo più umano e filosofico, con le sue massime e proverbi. Mozart lo fa cantare sempre negli assiemi e non gli concede mai una vera e propria aria rendendolo il motore vivissimo dell’azione. Un prestigiatore abilissimo incarnato da uno Spagnoli in stato di grazia che non ha mai smesso di trovare il giusto accento e la giusta inflessione ad ogni motto. Voce ampia, dal timbro nobilissimo ha realizzato un don Alfonso perfetto come il suo Macrobio ne La pietra del paragone e Filippo nella memorabile Gazzetta di Dario Fo.

Sabina Puértolas vispa Despina in un vestito rosso sgargiante esprimeva tutta la vitalità della furba servetta. Tanti applausi per le sue due arie piene di verve. Voce del giusto calibro, ha affascinato per la perfetta coincidenza tra musica e parole.

Pochi gli interventi del coro che ha comunque svolto professionalmente il proprio lavoro.

Spettacolo in forma di concerto ma tutto organizzato come fosse in forma scenica poiché i personaggi entravano, uscivano, interagivano dando una grande senso drammatico alla vicenda che si seguiva benissimo anche senza scene o costumi: anzi forse così la musica preziosa era ancora più intellegibile.

Speriamo che all’Auditorium si decida di aumentare il numero delle opere in forma di concerto visti i successi ogni anno.

Fabio Tranchida

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