Otello: Gregory Kunde
Desdemona: Olga Peretyatko
Elmiro Barberico: Roberto Tagliavini
Rodrigo: Juan Diego Flórez
Jago: Edgardo Rocha
Emilia: Annalisa Stroppa
Doge: Nicola Pamio
Un gondoliere: Sehoon Moon

Direttore: Muhai Tang
Regia e scene: Jürgen Flimm

Sembra impossibile che questo capolavoro di Rossini sia stato obliato dal Teatro alla Scala dal lontano 1870. C’è un’unica ragione: l’ombra dell’Otello di Verdi che con altra sensibilità e con una vicinanza maggiore al testo di Shakespeare ha reso il lavoro rossiniano obsoleto. Ma lo stesso Verdi aveva un rispetto per il moro di Rossini, tanto che per alcuni mesi prima della prima voleva intitolare la sua opera Jago, quasi in deferenza per il cigno di Pesaro.

Finalmente possiamo dire che si colma questa lacuna anche a Milano, dopo che già il ROF lo aveva fatto con ben tre produzioni dagli anni ’80 in avanti. Proprio il cast dell’ultima produzione pesarese ritorna in gran forma e al completo in questa nuova versione scaligera. Un cast superlativo sia per i tre tenori protagonisti che per le due voci femminili e l’autorevole basso. Data l’importanza trascendentale di questa composizione procediamo per brani per un’analisi completa.

Sinfonia
Deriva in massima parte dallo sfortunato Sigismondo veneziano: cambia l’episodio ponte dopo il I tema e cambia il II tema poiché già riutilizzato nella precedente Elisabetta napoletana. L’Andante iniziale ha un’ulteriore derivazione dal Turco in Italia ma con altro strumento solista. Ottimo brano, compatto, scorrevole, eseguito con piglio dall’orchestra e con un intreccio nitidissimo dei fiati solisti.

ATTO I

N.1 Introduzione
Un allegro dalla maschia intonazione contrapposto a un disegno cromatico di novità armonica permette al coro solo maschile di introdurre il protagonista Otello, che sbarca su una raffinata Marcia con variazioni rococò che fanno brillare flauti, oboi e clarinetti: notare che la coda musicale di questa marcia concluderà anche l’aria seguente (ma qui con il tenore e il coro) dando unità ai due brani.

N.2 Cavatina di Otello
Dopo un recitativo accompagnato (ricordiamo che proprio con la precedente Elisabetta Rossini abbandona per Napoli il recitativo secco) Otello è pronto per un’aria marziale, interpretata allora da Nozzari e oggi dalla sua reincarnazione, un incisivo Gregory Kunde che non teme la scrittura bari-tenorile né gli acuti di passaggio che rendono questa parte quasi impossibile. “Ah! Sì per voi già sento” con ritmo puntato lascia spazio ad un breve andante dove l’eroe pensa all’amata. Segue la cabaletta che dopo l’inciso iniziale recupera invece le cadenze del primo cantabile. Chiude la coda della marcia dell’introduzione cantata ed infine la marcia stessa ancora variata per indicare il disperdersi della folla. Capiamo bene che questo continuo intreccio di materiale compatta incredibilmente i temi di questa studiatissima partitura.

N.3 Duetto Rodrigo-Jago
Ottimi i due interpreti, due tenori con timbro diverso ma entrambi forti di una grande musicalità: Edgardo Rocha dotato di brillantezza e perfezione ritmica nel subdolo ruolo di Jago si contrappone al deuteragonista Rodrigo, impersonato dal sempre superlativo Juan Diego Flórez, che dopo la delusione di un Arnold appannato ha qui modo di esprimersi in un ruolo da tenore contraltino adattissimo a lui. Facciamo notare solo che questo brano ha un Andante di sole otto battute, tutto a favore di una cabaletta cavalleresca che sembra non finire mai, con i continui rilanci dei due fino al Più allegro della coda: un vero tour de force.

Duello fra tenori
Duello fra tenori

N.4 Preludio Scena e Duettino Desdemona-Emilia
Un Preludio preromantico introduce col suono corposo del corno le due figure femminili: da anni sono state riportate alla luce otto battute affidate al corno con una cadenza cromatica impossibile da eseguire all’epoca. In maniera originale Desdemona non ha un’aria ma un duettino intimistico con la confidente Emilia. Olga Peretyatko ha scolpito una donna già dall’inizio preoccupata dai presagi funesti, quasi una preveggenza della morte incombente. La sua è una voce adamantina di rara bellezza e purezza, che in un ruolo rossiniano idealizzato non paga nemmeno una ristretta varietà di espressione. Annalisa Stroppa all’opposto è dotata di voce spessa, risonante e si è cimentata con ottimi risultati nel duetto di presentazione che trae il suo materiale da un brano del secondo atto dell’Aureliano scaligero, ma rifuso e cesellato così da adattarsi alla particolarissima occasione. Il regista Jürgen Flimm ha fatto incontrare Desdemona e Jago per alcune battute di recitativo. Jago tenta quasi uno stupro ma Emilia protegge la sfortunata giovine. Spesse volte personaggi non chiamati in causa dal libretto vengono fatti interagire intelligentemente migliorando i contrasti tra i protagonisti.

N.5 Coro e Finale I
Dopo un maestoso coro in Do Maggiore al quale partecipano anche le Donne (una novità del San Carlo per Rossini) ecco il personaggio Elmiro, padre di Desdemona, derivato da Ducis il traduttore in francese di Shakespeare, colpevole di aver smussato i fatti più truci della vicenda. Roberto Tagliavini, truccato da anziano padre ha mostrato una voce uniforme e autorevole. Dopo un episodio ponte derivato dal Torvaldo romano ecco il primo concertato tutto giocato sul grande virtuosismo dei tre solisti in un rincorrersi di melismi. Ma a ritmo di marcia arriva Otello dal fondo del teatro e si innesta il contrasto dei due aspiranti al cuore di Desdemona, Rodrigo e Otello. Secondo concertato più maestoso e lirico che porta ad una Stretta dirompente “Smanio, deliro e fremo” in un inestricabile intreccio fino al parossismo di voci e orchestra in perfetta sintonia anche in queste concitate battute finali.

ATTO II

N.6 Aria Rodrigo
Flórez al suo meglio nella virtuosistica aria “Ah come mai non senti”: colori, gruppetti di note arabescati perfettamente fino alle acutissime vette dell’impossibile cabaletta che insite sul Sib acuto e non lascia respiro al fenomenale tenore: in nuce ci sono già i ruoli di Ricciardo, Giacomo V, Ilo e via discorrendo. Nuoce alla cabaletta il suo spurio riutilizzo nel duetto Buffo dei due Gatti che banalizza un brano ad altissima temperatura.

N.7 Duetto Jago-Otello
Non si pensi di trovare il famoso fazzoletto ma Jago porge un biglietto con un pegno: una ciocca di capelli di Desdemona, quanto basta perché la gelosia monti al massimo innescando “L’ira di avverso fato”, parodia dell’aria del conte d’Ordow. Verdi se ne ricorderà per Rigoletto e Gilda: “Si vendetta, tremenda vendetta”, con lo stesso andamento rutilante.

N.8 Duetto e Terzetto Otello-Rodrigo-Desdemona
Il duello si fa parossistico in questo duetto dove Kunde e Flórez fanno a gara a superarsi fra i Do acuti e le discese articolate da quelle vette. Due tenori diversi che si sfidano alternandosi in “All’armi” e “Cadrai”, degno prototipo della sfida tra Rodrigo e Giacomo V. Ma Rossini ci stupisce con l’ingresso esagitato di Desdemona, che porta ad un sospeso concertato prima della stretta senza fiato.

N.9 Finale II
Il Finale II è in realtà una complessa aria con coro e pertichini in cui Desdemona dà il suo meglio. Su un agitatissimo accompagnamento (nel quale il direttore non ha servito con puntualità la diva), Desdemona è cosciente della perdita di Otello, ne segue un crescendo rossiniano pieno di suspense dove prima le donne poi gli uomini rassicurano il soprano sulle sorti del duello. Ma a quel punto compare Elmiro, tradito nell’onore, ed ecco (invece di una cabaletta) un intimistico Andante Sostenuto, spezzato e rotto tra le lagrime del pianto fino alla chiusa, che riprende il crescendo e proprio le prime quattro battute di questo brano. Aria studiatissima e architettura formale musicale di rara perfezione.

Desdemona separa Otello e Rodrigo
Desdemona separa Otello e Rodrigo

ATTO III

N.10
L’atto non è diviso ma è un unico gigantesco numero: già Meyerbeer si era accorto della assoluta novità di questo atto rispetto a tutta la produzione rossiniana precedente. Qui si misura lo scorrere del tempo con estrema realtà. Il preludio cullante tra le onde della laguna, il misterioso canto del gondoliere (che si sarebbe dovuto cantare tra le quinte) e al centro dell’atto il brano più famoso dell’opera: la canzone del Salce.

Certo la parodia che ne fece Donizetti per farla cantare a Mamma Agata potrebbe rompere la temperie drammatica ma le quattro sublimi variazioni nelle strofe, rotte da singhiozzi e tuoni, sono di un realismo senza precedenti. L’arpa sublima questo momento intimistico. Olga Peretyatko non si è accontentata di cesellare la canzone ma ha aggiunto delicate fiorettature, completando con la preghiera sull’accompagnamento dei soli fiati.

Otello è in agguato e il duetto dell’assassinio (con pugnale, come prescrive Ducis) inizia con un crescendo familiare: quello dell’Aria della Calunnia di Don Basilio. Questo per dimostrare l’assoluta asemanticità della musica di Rossini: il Barbiere da poco composto non era ancora universalmente noto ma poco tempo dopo Rossini si accorse che tutti ridevano in quel momento e apporto semplici modifiche per mascherare il motivo proprio come è stato eseguito stasera.

La tempesta è stata rinforzata dalla macchina del vento, strumento inesistente all’epoca di Rossini. Dopo il cruento omicidio invece di far comparire Lucio, il regista ci ripresenta l’anima di Jago (il male non muore mai) con Desdemona vestita come nei primi due atti. Contrasto tra la gioia dei presenti che accettano Otello non sapendo dell’omicidio e Otello che sa della cruda realtà. Contrasto che ritornerà alla fine del prologo del Boccanegra verdiano. Il suicidio di Otello è rappresentato con crudo realismo da un accordo dissonante in musica. La musica dell’avvenire…

L'omicidio
L’omicidio

Indecisa la direzione musicale di Muhai Tang, che ha dato non pochi problemi ai cantanti. Costumi belli ed eleganti, scenografia (curata dallo stesso regista Jürgen Flimm) di raro squallore deprimente nel grigiore degli identici tre atti. Ma per fortuna quest’opera si basa sulle voci, che non hanno deluso, e perciò stiamo seguendo tutte le performance per godere appieno di questo raro (in tutti i sensi) capolavoro.

Fabio Tranchida