Soprano: Emanuela Galli
Soprano: Silvia Vajente
Controtenore: Raffaele Pe
Tenore: Mirko Guadagnini
Basso: Marco Bussi
Basso: Salvo Vitale
Orchestra e Coro Silete Venti !
Maestro di concerto: Simone Toni
La chiesa di San Marco è sicuramente la chiesa più “musicale” di Milano per via dei numerosi appuntamenti a cui ci ha abituato. Questa sera si trattava di un appuntamento speciale di grande importanza filologica. La restituzione del Messiah nelle sue integre proporzioni e con la giusta orchestrazione. Plauso al Maestro Simone Toni che ci ha proposto l’oratorio senza alcun taglio: il concerto è durato quindi tre ore. Qualche riserva l’abbiamo sull’orchestrazione: la scelta di non utilizzare oboi e fagotti ha impoverito il suono. Il Maestro sostiene la correttezza di questa scelta ma la partitura Urtext Barenreiter offre invece anche le parti di questi due fiati.
La Symphony ci è apparsa dal suono scabro con una eccessiva presenza dei suoni gravi: due contrabbassi sebbene con corde di budello nudo ritorto appesantivano la resa complessiva. Poco equilibrio quindi con i violini I e II.
I primi “accompagnato e aria” sono affidati al tenore Mirko Guadagnini, che ha scolpito un ottimo recitativo (notare il suo ad libitum alle parole “comfort ye”) ma nell’aria troppi respiri hanno inficiato la coerenza di una linea vocale affaticata.
Coro cameristico di 16 elementi (tra cui alcuni volonterosi solisti) dal perfetto colore, dalla scansione ritmica esattissima, esaltante nella varietà di interventi creati del caro Sassone. La presenza di Jacopo Facchini e Raffaele Pe tra le file dei contralti colorava questa sezione con una marezzatura settecentesca di notevole raffinatezza.
Il basso (non si può definire nel programma “baritono”, ruolo inesistente nel ‘700) Marco Bussi esegue filologicamente l’aria in appendice 6° che successivamente variata fu affidata dal compositore all’Alto. Bravo Bussi dalla voce imperiosa e della coloratura sgranata e distinta.
Di alta caratura la prova del controtenore Raffaele Pe dalla voce immacolata uniforme in un registro così particolare. L’andante “O thou that tellest tidings to Zion” è stato realizzato con un canto che ha trasmesso il sentimento della gioia, gioia allo stato puro. Anche i passi più scabrosi dove si scendeva sotto il pentagramma sono stati risolti con un equilibrio unico e grande compostezza. In questa edizione dell’oratorio davvero pochissime sono state le variazioni estemporanee ma eccezione è la frase pronunciata de Raffaele Pe “Behold your God” riproposta nella ripetizione con una nuova linea. Questi raffinati particolari mostrano quale grande artista sia il nostro amato controtenore ormai avviato ad una carriera internozionale che a breve toccherà anche gli Stati Uniti.

Appropriata la scelta di affidare l’aria numero 10 dopo un accompagnato dall’”effetto fronde” a un basso vero, più profondo, Salvo Vitale dalla voce robusta e ben intonata.
Stridente l’effetto della tromba marina (uno strumento a corde) per sottolineare la Pifa. Non presente in partitura non ne comprendiamo l’inserimento. Inoltre la Pifa è stata tagliata di 2/3 senza eseguire il passaggio sul 5° grado. Davvero peccato per un brano di rara suggestione.
Dopo un coro (con trombe lontanissime dalla cappella dove compare la copia della deposizione del Caravaggio) segue l’aria 16a del soprano Emanuela Galli bella voce dalla scansione molto precisa che ha realizzato bene il virtuosistico brano da vera opera seria.
Un secondo soprano Silvia Vajente invece di proporci il Duet numero 17 ci ha proposto il Larghetto originale. Voce meno preziosa della precedente ma con un registro centrale più vibrante.
Una sorpresa che ci ha esaltato è stata la proposta di un concerto per 6 archi e organo di Händel prima della seconda parte: un brano deciso del Maestro Simone Toni per ricordare che spesso si inserivano brani estemporanei poiché molto pubblico voleva sentire le prodezze dello stesso Händel all’organo. Oltretutto la scelta di un importante organo positivo non ha fatto che esaltare questo brano giustapposto.
Nella seconda parte un po’ di disappunto ci ha portato l’eliminazione del Duet tra Alto I e Alto II con coro visto che faceva parte della concezione originaria.
Sorprendente l’aria 36 del basso Salvo Vitale dalle terzine vertiginose che contrastavano il ritmo dell’accompagnamento. Davvero un tour de force risolto brillantemente.
Termina la seconda parte il celeberrimo Hallelujah dove il coro ha brillato con suono compatto ed omogeneo. A far rifulgere il brano ecco le due trombe e i timpani collocati nella cantoria dell’organo (strumento suonato da un 15enne Mozart). La posizione delle trombe peraltro molto intonate ha costituito un vero e proprio coup de theatre!
Apre la terza parte una liricissima aria per soprano: Silvia Vajente ha linea vocale sempre staccata e da una continua monotonia di espressione.
Händel scrive “Pomposo, ma non allegro” per l’aria capolavoro dove il basso Marco Bussi dialoga in un duetto senza respiro con la tromba. Un aria con da capo nel perfetto stile operistico che permette all’artista una gamma di colori che il nostro basso ha bene espresso con voce morbida e allo stesso tempo molto drammatica poiché la tromba annuncia il giorno del Giudizio finale. Pagina perfetta in questo periodo pasquale, la pasqua della resurrezione.
Un duetto tra il controtenore e il tenore caratterizzato dall’intreccio delle linee vocali risulta molto originale per il ritmo spezzato di cui si appropria il coro successivo. Anche qui Raffaele Pe ha modo di emergere con inflessioni drammatiche a quelle che non sono altro che domande da qui la scelta di Händel di frammentare la linea vocale aumentando la tensione.
Händel molto probabilmente decise di eseguire la prima a Dublino poiché la puritana Inghilterra aveva creato problemi per oratori con soggetti sacri (accusati di blasfemia) e la capitale Londra sarebbe stata una piazza troppo rischiosa.
Un effetto che negli anni ’70 del secolo scorso suscitò il musical Jesus Christ Superstar. Ma ormai siamo lontani da quei tempi. Oggi abbiamo potuto apprezzare una versione esemplare di questo capolavoro nelle giuste imponenti dimensioni realizzate in realtà con una formazione quasi cameristica. Ottimo il lavoro di rifinitura di tutti i brani e la scelta delle arie alternative da parte dal Maestro che già l’anno scorso di era distinto nella Passione di san Giovanni di Bach. In attesa di prossime riproposte in edizione critica ci complimentiamo per l’ottimo esito della serata.
Fabio Tranchida