M. de Falla: El sombrero de tres picos, Suite n.2
J. Rodrigo: Concerto de Aranguez per chitarra e orchestra
C. Domeniconi: Suite per chitarra sola op.19 Koyunbaba
N. Rimsky-Korskaov: Capriccio Spagnolo op.34
M. Ravel: Boléro per orchestra
Chitarra: Miloš Karadaglić
Direttore: Zhang Xian
Orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Il concerto di questa sera all’Auditorium di Milano è stato caratterizzato dalla presenza insolita della chitarra e dal debutto di un giovane interprete, Milos Karadaglic, chitarrista nato in Montenegro nel 1983. Lanciato dalla Deutsche Grammophon nel 2011, è diventato da allora una star internazionale nel suo strumento. Grazie a questa serata atipica abbiamo potuto apprezzare il valore dell’esecutore e del repertorio. Per farsi sentire in una sala di dimensioni rilevanti quali l’Auditorium, Karadaglic ha utilizzato una splendida chitarra in legno di cedro, ricca di armonici e dalla sonorità potente e piena.
Il Concerto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo è stato il primo brano in cui si è esibito il solista. Si tratta di un pezzo di bravura composto nel 1940 ed eseguito alla prima a Barcellona al Palau de la musica Catalana. Il solista attacca per primo in assolo e soltanto in un secondo tempo entrano gli archi, in staccato. Sarà poi il violoncello a dialogare con la chitarra, con leggere sovrapposizioni tra orchestra e solista. L’equilibrio è stato mirabile, specialmente considerando la sonorità svettante della chitarra. Si fanno notare in questo brano un certo numero di codette, quasi vere e proprie cadenze affidate secondo la tradizione concertistica allo strumento solista prima degli interventi a piena orchestra . Impressionante la precisione di Kardaglic in questi passaggi. Il vero capolavoro è tuttavia il secondo tempo, con l’orchestra ancora più rarefatta e la chitarra portata su note più gravi e scure, associate a continui arpeggi. Prima della pausa il giovane montenegrino ci ha infine regalato un bis una suggestiva Spanish romance.
Il secondo tempo è iniziato, in maniera ancora una volta atipica, con un altro brano per il solista: Suite per chitarra sola op. 19 Koyunbaba, di Carlo Domeniconi, compositore vivente che avendo vissuto in Turchia ha creato questo brano proprio riscoprendo le sonorità di alcune particolari scale turche. A modi concerto pop o rock, non è mancata anche una spiegazione sulla scelta di questo brano, che ricorda a Kardaglic il mare della sua terra e che egli ha testé definito “una medicina per la nostalgia”. In effetti è particolarisisma la tecnica sperimentale con cui la chitarra riesce a creare il movimento continuo e perpetuo del mare, prima calmo poi mosso. Tutto si gioca su arpeggi che variano poco a poco, conducendoci attraverso armonie lontane tra loro.
Hanno concluso il concerto due brani celeberrimi legati alle sonorità spagnole. La Spagna del Capriccio spagnolo è indubbiamente artefatta, diciamo almeno quanto quella de Il lago dei Cigni. D’altro canto è una festa per l’orchestra, brillantissima sotto la direzione della Xian. Splendidi interventi dei corni, così come il rullare del tamburo militare e le trombe in grande spolvero. Non ultimo l’immancabile primo violino, secondo lo schema già vincente di Shéhérazade. Sarebbero servite cinque arpe anziché che una sola, ma i colori sono stati comunque vividi, soprattutto grazie a legni e ottoni.
Sinuosa infine la lettura del tema del Bolero di Ravel che ha concluso questo concerto parzialmente fuori dagli schemi. Il tamburo militare e i violoncelli con il loro ostinato hanno creato il tappeto sonoro a tutte le esposizione del tema. Bravissimi i fiati che hanno creato una lenta ma costante eccitazione sonora fino all’apoteosi finale con tanto di tam-tam. Le ultime battute sono state ripetute come bis per accontentare un pubblico entusiasta.
Fabio Tranchida