Betly: Linda Campanella
Daniele: Angelo Scardina
Max: Vittorio Prato
Direttore: Giovanni Battista Rigon
Regia: Luigi Barilone
Dopo la Lucia di Lammermoor ecco l’ottima scelta di proporre un titolo desueto La Betly ossia la capanna svizzera. Quando il titolo venne annunciato mesi fa pensammo che dovendo occupare un’intera serata la scelta fosse caduta sulla versione in due atti. All’epoca di Rossini le farse in un atto della durata di un’ora e mezza circa erano sempre due per serata, una di Rossini una di altro autore. All’inizio è stato quindi un disappunto sapere che la scelta era invece orientata verso la più ridotta versione in un atto concepita per il Teatro Nuovo di Napoli nel 1833. Il progetto globale era quello però di avere un’opera snella da fare ascoltare a tanti giovanissimi e a tante scuole e sappiamo bene che la soglia di attenzione dei ragazzi è più o meno di un’ora e mezza come la durata standard di un film. Quindi questa scelta dell’unico atto si è rivelata vincente.
Prima della rappresentazione dell’8 novembre abbiamo avuto il regalo di un’aria inedita scoperta recentemente e acquistata dalla Fondazione grazie alla Fondazione Banca popolare di Bergamo. L’aria in questione è stata cantata da Gabriele Sagone e si intitola “O donne, e perché siete”, un onesto lavoro di Donizetti probabilmente scritto nel suo periodo napoletano. Buona la prova del basso che interpreta il duca di Ferrara nel Torquato. Speriamo che questo gioiellino trovi posto come appendice in qualche registrazione audio.
Vincente l’idea di ambientare la vicenda in un lussuoso albergo alpino negli anni ’20. Ciò ha portato a sostanziali modifiche nei dialoghi parlati (come pretendeva il Teatro Nuovo) per attualizzarli alla vicenda. Visto che era la prima volta che si presentava l’edizione critica e visto che il testo era interamente di Donizetti forse la filologia avrebbe voluto un’aderenza maggiore anche nei dialoghi ma la nuova versione concertata col regista è risultata molto divertente e attuale.
Protagonista femminile era Linda Campanella, non più una ragazzina per questo ruolo ma dotata di voce molto interessante. Impegnata in due arie molto virtuosistiche nella sua sortita e nel rondò finale, ha mostrato le sue qualità in entrambe. La prima aria è stata cesellata con raffinatezza come uno jodel svizzero e la cabaletta sembrava non finire mai con tute le sue modulazioni efficaci. Ancora più impegnativo il rondò finale, vero fuoco di artificio. La Campanella non aveva voce perfettamente nitida ma comunque ha cantato con estrema perizia e le variazioni nella cabaletta finale sono risultate sorprendenti. Ha rischiato molto ma in definitiva ha vinto! Caldi i riconoscimenti del pubblico.

Angelo Scardina ovvero il tenore Daniele è sembrato un attendibile “Nemorino” tra le alpi. Avventore dell’albergo di Betly, ricco e bello (così almeno nella versione riscritta dei dialoghi) riesce infine a conquistare il cuore dell’amata Betly che vorrebbe essere libera ed indifferente. La voce sebbene educata ci è sembrata un poco legnosa ed è proprio la mancanza di bel timbro che ci ha lasciato perplessi poiché buona era l’intonazione e ottima la costruzione del personaggio.
Vittorio Prato, già ascoltato nei I due Figaro di Carafa e nei Briganti di Mercadante è risultato elemento vincente sia per la sua ottima presenza scenica da nobile soldato e non da smargiasso “Belcore” sia per la vocalità ampia e robusta apprezzata in particolare nell’aria con coro “Ti vedo ,ti bacio”.
Giovanni Battista Rigon si è rivelato buon direttore ma soprattutto gli archi ci sono sembrati parecchio deboli e sfilacciati. Anche al coro che canta pochissimo nell’opera non possiamo dare che la sufficienza.
Spettacolo di Luigi Barilone come dicevamo godibilissimo, e speriamo che nei prossimi anni si metta in scena la versione in due atti magari adottando le stesse scene e quindi a costo zero per apprezzare appieno questa divertente opera. Visto che si è inserita un’aria appena scoperta all’inizio dell’opera si sarebbe potuto far cantare un’altra aria edita nella edizione critica di Betly, un’ aria di Max bellissima che sfrutta al massimo gli effetti onomatopeici che avrebbe potuto sempre cantare il nostro Sagona. Sarebbe stato un bel completamento alla serata per tutti quei donizettiani sempre in caccia di rarità come noi.
Fabio Tranchida