David: Raffaella Milanesi
Jonathan: Roberta Mameli
Saul: Filippo Mineccia
Textus: Mirko Guadagnini
Goliath: Marco Granata

 Direttore: Ruben Jais
Maestro dell’Ensemble vocale: Gianluca Capuano
Orchestra e Ensembe vocale laBarocca

Il primo appuntamento con l’orchestra laBarocca (ovvero laVerdi barocca) ha colpito per originalità, affrontando un repertorio molto particolare ma potenzialmente congeniale all’Ensemble. Al centro della serata c’è Alessandro Scarlatti (Palermo 1660- Napoli 1725) col suo unico oratorio attestato: Davidis pugna et victoria, eseguito la prima volta il 4 marzo del 1700 presso l’Oratorio del SS. Crocifisso di Roma. A seguito dei tanti capolavori di Carissimi, anche Scarlatti raggiunge notevoli livelli per aderenza al testo (di cui non ci è pervenuto l’autore) e per varietà delle forme musicali.

È da segnalare in particolare l’orchestrazione, composta dai soli archi col sostegno del basso continuo (organo, clavicembalo e violoncello). Spicca dunque la mancanza totale dei fiati. L’orchestra laBarocca non ha subito preso le misure di questa atipicità, perdendo in precisione (è entrata erroneamente due volte dopo interventi dei solisti) e riassestandosi solo al ritorno delle forme canoniche, come nel secondo tempo della sinfonia, nel classico fugato tipico della musica sacra.

Apre l’oratorio lo storico Textus, ruolo di tenore concettualmente simile all’Evangelista delle Passioni bachiane. La parte è qui tuttavia molto ridotta (uno spreco per il bravo Mirko Guadagnini) e per lo più introduce solamente la figura ben più rilevante dello sconfortato Saul. Nei panni di questi abbiamo ascoltato il controtenore Filippo Mineccia, di cui abbiamo già avuto modo di cantare le lodi: voce sempre precisa e soprattutto mai tendente al falsetto. Già il suo primo arioso, sulle parole “Heu perii”  (“Ahimè perduto sono”), individua perfettamente il carattere del personaggio, mostrando la grande capacità di invenzione musicale di Scarlatti e quella di resa degli affetti di Mineccia.

Gionata (Roberta Mameli) esordisce con un arioso gagliardo e articolato, nel quale la voce vibrante della cantante ha modo di spiegarsi a dovere senza alcuna fatica, cantando la vittoria e il trionfo. L’aria seguente ha invece andamento ben diverso, tranquillo e pacato, ma trova ugualmente preparata l’artista, che si affida ad una precisa coloratura in pianissimo. Notare che qui, come in numerose altre arie, l’accompagnamento del cantante è costituito dal solo basso continuo, mentre l’orchestra interviene unicamente nel ritornello e nella chiusa: ciò dà modo alla voce di emergere in tutte le sue sfumature, non essendo soffocata dall’orchestrazione.

Solo dopo parecchi numeri entra finalmente in scena il protagonista David, originariamente cantato da un castrato (alle donne era proibito esibirsi, a maggior ragione in chiesa) ed oggi appannaggio di un soprano. Raffaella Milanesi non ha sfigurato nel restituire vigore al personaggio, sfoggiando il timbro più affascinante della serata e per giunta con voce uniforme e una sensibile e levigata coloratura. Doti subito apprezzate nel lungo duetto con Gionata e confermate dal pezzo capitale dell’opera: la preghiera di David. Lunghe note tenute costellano i vari sfoggi di bravura in un brano straordinariamente lungo e impegnativo, accorato come può esserlo un’invocazione a Dio prima dello scontro decisivo. L’antagonista, Golia, ha la voce di basso di Marco Granata, alquanto appropriata nel dare ruvidezza ad un personaggio che altrimenti, esprimendosi nel medesimo latino forbito degli altri, non emergerebbe.

Dopo la vittoria di David ecco il coro di Filistei piangere ”Heu sodales” in contrappunto a ciò che succedeva all’inizio. Gli ebrei invece cantano finalmente vittoria in una tonalità smaccatamente maggiore. Tutti i cori erano affidati all’encomiabile Ensemble vocale, preparato benissimo dal maestro Gianluca Capuano. Perfette sia le parti omoritmiche e rapidissime che quelle contrappuntistiche ad intreccio di voci. A sorpresa conclude infine l’oratorio non un coro bensì un’aria di David, questa volta a piena orchestra e molto animata. Una modernissima chiusa, così come moderne sono tante altre soluzioni scarlattiane che abbiamo voluto sottolineare.

Il risultato complessivo è stato più che buono, con grande merito soprattutto alle singole parti, mentre meno bene è andata la concertazione di Ruben Jais, forse deficitaria di qualche prova. Il direttore ha voluto infine ricordare il compianto maestro Hogwood, dedicando a lui il “Sicut cervus” di Carissimi. Prossimo appuntamento il 12 novembre con un programma tutto dedicato a Bach.

Fabio Tranchida