Don Giovanni: Ildebrando d’Arcangelo
Il Commendatore: Tomasz Konieczny
Donna Anna: Lenneke Ruiten
Don Ottavio: Andrew Staples
Donna Elvira: Anett Fritsch
Leporello: Luca Pisaroni
Masetto: Alessio Arduini
Zerlina: Valentina Nafornita
Regia: Sven-Eric Bechtolf
Direttore: Christoph Eschenbach
Wiener Philharmoniker
Ad aprire la lunga serie di 7 titoli operistici di questa stagioni dei Salzburger Festspiele non poteva che essere un’opera del compositore-simbolo di questa città: Wolfgang Amadeus Mozart. Nello specifico si tratta del Don Giovanni con la regia di Sven-Eric Bechtolf (che è anche a capo della stagione di prosa) e la direzione musicale di Christoph Eschenbach, seconda parte del trittico dapontiano firmato da questa accoppiata per il festival. L’anno scorso fu Così fan tutte e l’anno venturo si attendono le Nozze. Sintetizzando il giudizio al massimo diremmo che, seppur di buon livello, questa produzione non inscenerà probabilmente fra idissoluti puniti più memorabili della ricca storia di questa manifestazione (per la quale Don Giovanni è di gran lunga il titolo più rappresentato).
La regia è sapiente ma sostanzialmente priva di una brillante ed originale idea di fondo. Bechtolf si limita ad affidarsi con mestiere all’ambientazione nella hall di un hotel, escamotage registico che gli consente di ben gestire le entrate e uscite per le arie e che ben rappresenta la serialità della fissazione di Don Giovanni, ma che alla fine non permette poi di dare risalto al momento topico della comparsa del Commendatore (che esce da quella che pare a tutti gli effetti la porta delle cucine). Qualche buona intuizione sparsa (far vestire Don Ottavio come il defunto Commendatore, suggerendo esplicitamente il complesso di Elettra di Donna Anna ne sia esempio) conferma il valore del regista ma non quello di questa messa in scena in toto.

Il cast vocale aggiunge poi altra ragione di mugugno, dimostrandosi molto eterogeneo: i tre italiani (Ildebrando d’Arcangelo nel ruolo eponimo, Luca Pisaroni come Leporello e Alessio Arduini come Masetto) sono di gran lunga i mattatori della serata e compensano le debolezze del resto del cast con una prova energica e di carattere. Non guasta anche il fatto che siano gli unici a padroneggiare la lingua e quindi il fraseggio. Sono di fatto loro a portare avanti lo spettacolo, ovviando alle mancanze degli altri interpreti. Citiamo ad esempio l’orrida pronuncia e il mugghiare del Commendatore di Tomasz Konieczny, il vibrato caprino di Andrew Staples o le altalene vocali della Donna Elvira di Anett Fritsch. La Zerlina di Valentina Naforniţa si salva più che altro sul fronte scenico grazie al fisico da modella d’intimo, prontamente sfruttato dal regista, così come Lenneke Ruitensbroglia il ruolo di Donna Anna senza infamia e senza lode.
Pubblico in ogni caso più che soddisfatto in una alquanto gremita Haus für Mozart. Ovazioni per i due protagonisti maschili e per l’orchestra, i Wiener Philharmoniker, diretta magnificamente e con nerbo da Eschenbach, che veicola perfettamente il vigore ossessivo di Don Giovanni, destinato tuttavia a sprigionarsi sempre a vuoto. Un concetto ripreso dalla regia, che si innesta nel solco di quelle interpretazioni che leggono l’edonista sfrenato sostanzialmente come un’idealista frustrato: alla fine dell’opera d’Arcangelo infatti “resuscita” per ripartire un’ultima volta (?) a caccia del suo ideale di donna pura, che avevamo già visto simbolicamente sfuggirgli in una pantomima iniziale durante l’ouverture. Nota conclusiva: la direzione di Eschenbach, rigorosamente nel tracciato della sola interpretazione della partitura, riesce a rendere questo concetto molto meglio di quanto non faccia la regia di Bechtolf, che pure si concede ogni libertà nei confronti del libretto. Dato che Don Giovanni è pur sempre una pièce morale… una morale da imparare ci sarebbe!
Alberto Luchetti