Controtenore: Raffaele Pé
Arpa doppia: Chiara Granata
Tiorba: David Miller

Questa nuova proposta editoriale, “La lira di Orfeo: a tribute to Gualberto Magli”, colma una seria lacuna: indagare in maniera approfondita la vita di un cantante di successo all’epoca del primo barocco italiano. Gualberto Magli, formatosi presso la corte di Firenze, godette infatti di fama internazionale, toccando Mantova e Napoli per poi valicare anche le Alpi. Fu uno dei più grandi castrati della sua epoca ed contribuì col suo successo al passaggio dalla polifonia di stampo ancora cinquecentesco alla monodia del primo seicento.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione (come il passaggio dal cinema muto al cinema sonoro in un certo senso), la scoperta di una voce singola che emergendo dall’assieme di voci legate divenisse capace di sbozzare un personaggio a se stante. Questo porterà di lì a poco al “recitar cantando” che sarà una delle più importanti invenzioni nella storia della musica.

Con un balzo di quattrocento anni, da una voce straordinaria ad un’altra, questo CD è l’occasione di scoprire Raffaele Pé, controtenore nato a Lodi che ha iniziato a coltivare il valore della sua voce presso il coro della cattedrale della sua città. Fondamentale per la sua formazione è stato tuttavia il trasferimento a Londra, dove ha approfondito la sua tecnica vocale collaborando con grandi cantanti e direttori d’orchestra. Esito di queste collaborazioni è stata la pubblicazione del suo primo CD  da solista: “Bella Dama”, una selezione di Scarlatti, Porpora e Vivaldi, edito nel novembre 2012 dalla Resonus Classics.

Raffaele Pé
Raffaele Pé

La lira di Orfeo” è quindi il suo secondo album per la stessa etichetta. Il titolo è ben scelto: basterebbero infatti le prime tre interpretazioni, tratte proprio da L’Orfeo di Monteverdi, per rendere già tassativo l’acquisto di quest’album. Esse coprono tre ruoli secondari che furono interpretati proprio da Magli al debutto dell’opera nel 1607 e che oggi il nostro Pé restituisce in una smagliante versione: prima interpretando la Musica in “Io la Musica”, poi più drammaticamente la Speranza con l’ammonimento “Lasciate ogni speranza” (acuito nella ripetizione da opportuni accenti), infine con la dolente lunga parte riservata a Proserpina.

Questo CD si arricchisce inoltre di tante sorprese da autori misconosciuti: Johann Nauwach con “Amarilli mia bella” ci regala un’aria piena di divagazioni musicali, con interessanti virtuosismi proprio sul nome “Amarilli”; Francesca Caccini con “Dispiegate guancie amate” crea una composizione legata ad un movimento di danza dove la voce di Pé non incontra nessuna difficoltà nell’articolare le frasi ritmiche costellate da brevissimi passaggi di coloratura; fondamentale infine il lamento di Giasone per i figli “Ancidetemi pur, dogliosi affani” (della notevole durata di 7 minuti) composto da Sigismondo D’India. Il cantante lodigiano scava qui ogni parola comprimendo o accelerando i versi per rendere maggiormente drammatico questo assolo. Bellissimi i ritardi armonici che suonano come singulti e sospiri di dolore e la ripetizione quasi a ritornello di “Ancidetemi pur”.

Interessante quindi la scelta editoriale di spezzare il continuum dei brani cantati con un assolo di arpa (strumento in cui Magli eccelleva): interprete la brava Chiara Granata. Segue dunque l’ottavo brano, che ci porta alla corte di Napoli con un pezzo di Girolamo Montesardo “Hor che la nott’ombrosa” ricco di bellissimi effetti eco: un  espediente usato per tutto il Seicento ed il Settecento, con esempi illustri in Händel e Vivaldi e con l’ultimo esponente in Rossini (con l’aria alternativa del Tancredi “Dolci d’amor parole”). Altra sorpresa di quest’album è la presenza di Alessandro Ciccolini con “Solo et pensoso”, un brano del 2013 ma che si mimetizza benissimo con gli altri pezzi della raccolta nella scelta di allargare il tempo creando uno iato fra le parole. Ricordiamo che Ciccolini è il grande musicista-musicologo che ha permesso l’esecuzione moderna di opere come il Motezuma e l’Ercole sul Termodonte:entrambi capolavori vivaldiani che necessitavano tuttavia di ampio “restauro” e ricomposizione filologica. Chiude il CD il già citato Sigismondo D’India con “Piangono al pianger mio”, un brano lontano dalla drammaticità del personaggio di Giasone e alquanto misurato e prevalentemente lirico, con affascinanti melisimi resi benissimo dall’eterea voce di Raffaele Pé.

In conclusione si tratta oltre ogni dubbio di un disco di notevole valore, sia per la ricerca filologica dei brani che per un’esecuzione che alterna sapientemente momenti struggenti ad arie più lievi. Proprio questa alternanza rende l’ascolto piacevole ed istruttivo. Ci permette inoltre di scoprire un giovanissimo cantante che ha già un programma fitto di impegni nell’ambito della musica barocca e che va dunque seguito nell’attesa di nuovi incisioni di pari livello a questa, magari anche in qualche riscoperti di autori maggiori come Händel e Vivaldi.

Fabio Tranchida