Soprano: Diana Tomsche
Controtenore: Filippo Mineccia
Tenore (Evangelista): Bernhard Berchtold
Tenore: Anicio Zorzi Giustiniani
Baritono: Oddur Jonsson
Basso: Christian Senn
Orchestra e coro sinfonici Giuseppe Verdi di Milano
Direttore: Ruben Jais
Maestro del Coro: Erina Gambarini
Ormai è un appuntamento fisso quello con lePassioni di Bach per festeggiare la Pasqua presso l’Auditorium de laVerdi: nel gioco di alternanze quest’anno è toccato alla Passione secondo Giovanni, di dimensioni minori rispetto a quella secondo Matteo ma comunque monumentale, durando oltre due ore in una suddivisione in due parti diseguali (la prima di 14 numeri e la seconda di 26). La prima rappresentazione avvenne a Lipsia nella chiesa di San Nicola, di Venerdì Santo, e precisamente il 7 aprile del 1724. Nello stesso anno Handel componeva il Giulio Cesare, e in quegli anni Vivaldi aveva al suo attivo l’Ercole sul Termodonte, leQuattro Stagioni e la Dorilla in Tempe. Analizzando queste opere, tutte ormai riproposte da incisioni e da esecuzioni recenti, si può notare la differente drammaturgia di queste composizioni destinate al teatro rispetto alla tecnica oratoriale usata da Bach, che al primo ascolto potrebbe sembrare più antiquata. La drammaturgia bachiana risulta in realtà calibratissima, con tre tipi di interventi corali: la veloce “turba” per aspri commenti, il corale asciutto nelle sua ieraticità e religiosità e il più edonistico coro con una lussureggiante orchestra a sostenerlo. I recitativi sono mossi dall’intervento diretto dei protagonisti, anche se il tessuto connettivo è garantito dalla presenza dell’evangelista che, potremmo dire, porge la battuta ai singoli.
Ad eseguire la Passione odierna non è stata laBarocca ma l’orchestra principale de laVerdi, che quindi non poteva contare su strumenti antichi o copie di strumenti originali. Anche il coro, pur preparato come sempre dal maestroErina Gambarini, ci è parso un passo indietro rispetto alla formazione che spesso abbiamo sentito in questo tipo di concerti e preparata dal maestro Capuano, che è solito formare un coro “minimal” con solo 4 voci per ogni corda, mentre oggi avevamo un coro più nutrito e senza contraltisti o sopranisti tra le file delle voci più acute.
Eccezionale il brano che apre la passione: un coro introdotto da un ampio preludio orchestrale,con un incedere sospeso e le ieratiche invocazioni “Herr”: si tratta in questo caso di un’introduzione degna di un’opera immensa sia come qualità che come ampiezza musicale. Bernhard Berchtold(Evangelista) possiede una voce corretta, con ottima dizione che esalta i recitativi prescritti alla sua parte. Non ha soddisfatto invece il Gesù di Oddur Jonsson, voce asciutta e povera di armonici. Un personaggio veramente pallido e esangue senza alcuna personalità. Raffinata l’aria numero 7, dove i due oboi hanno creato un tessuto incantevole, base ideale per la bella voce di Filippo Mineccia,controtenore che abbiamo già avuto modo di applaudire su queste scene. Voce ben impostata e ben intonata, tanto che per una volta, anche una vocalità come quella del controtenore che di base risulta una voce “costruita”, in Mineccia appare naturalissima e priva di qualsiasi sforzo. Segue a breve l’aria del soprano Diana Tomsche, concertata con i flauti traversi: voce non particolarmente ampia ma più che atta a svolgere il proprio dovere, ben dialogando in raffinatezza con i fiati.
Nella seconda parte molto interessanti i due numeri musicali 19 e 20: un interessante arioso del basso il primo e un’aria vera e propria del tenore il secondo. Il basso era come sempre l’ottimo Christian Senn, in gara con le dolci viole (che hanno purtroppo in parte sporcato il loro purissimo ricamo con alcune imprecisioni), mentre con il preciso tenore fiorentino Anicio Zorzi Giustiniani si aggiungeva anche una viola d’amore. Di inaspettata resa drammatica, da parte del direttore Ruben Jais, il recitativo 27c, in cui Gesù dona Giovanni a Maria e affida a Maria Giovanni: punto nodale del dramma come nel successivo numero 29 alle parole “Er ist vollbracht” (Tutto è compiuto) alle quali segue un silenzio glaciale. Segue per suggellare questo momento un’aria del controtenore con l’intervento della viola da gamba col suo incedere dolente e con una sezione contrastante centrale. Altrettanto struggente l’aria del soprano con i legni “piangenti” alle parole “Struggi mio core”. Entrambi i solisti si sono confermati più che validi.
Siamo giunti così al termine di questa opera colossale, ed ecco a fare da contraltare al coro iniziale il coro di chiusura numero 39, anch’esso preceduto da un esteso preludio orchestrale con una sinuosa melodia degli archi. Movimento discendente,che amplifica le parole di disperazione “Ruht wohl”. Tutta la sezione viene peraltro ripetuta due volte per amplificare il senso drammatico e per raggiungere una proporzione architettonica degna della conclusione di una tale opera. Termina infine la composizione un corale più sommesso, cantato con attenzione dal coro de laVerdi senza però quella perfezione omoritmica che necessiterebbe il brano.
Una serata di grande interesse nel complesso con solisti quasi tutti all’altezza della loro parte ma senza la precisione di esecuzione a cui ci hanno abituati in altre occasioni in cui la musica barocca è protagonista: restiamo in fiduciosa attesa per il concerto di lunedì dell’Angelo con l’oratorio di Pasqua eseguito questa volta dall’ensemble de laBarocca.
Fabio Tranchida