L’olandese: Thomas Hall
Daland: Patrick Simper
Senta: Elena Nebera
Erik: Tomislav Muzek

Orchestra lirica I Pomeriggi Musicali e coro Circuito Lirico Lombardo
Direttore: Roman Brogli-Sacher
Regia: Federico Grazzini

Per i pavesi il 7 dicembre non è nulla in confronto al 9, a San Siro, festa patronale di Pavia. Come Sant’Ambrogio vede la prima scaligera, così in occasione della ricorrenza del primo vescovo di Pavia non può mancare l’inaugurazione della stagione lirica al Teatro Gaetano Fraschini. Nel suo piccolo, non ha nulla da invidiare al Piermarini: ci sono i fotografi, ci sono gli addobbi floreali, ci sono i rinfreschi per gli ospiti. Rischierebbe tutto di essere tremendamente provinciale se non ci fosse il palcoscenico, che dà vita ad un Olandese volante di grandi meriti raccogliendo la sfida dell’As.Li.Co., che per la prima volta decide di affrontare Wagner. Grande merito va innanzitutto al protagonista Thomas Hall, che è veramente un Holländer di primo piano, nonché all’intelligente regia di Federico Grazzini, che per una volta dimostra che le proiezioni possono realmente essere una soluzione a budget ridotto ma di estrema efficacia.

L’ouverture ha presentato subito alcuni degli ostacoli più grossi di tutta la serata: molto impegnativa la partitura per l’orchestra dei Pomeriggi Musicali, in numero inevitabilmente ridotto rispetto alle richieste wagneriane. Sono specialmente i corni a soffrire l’impresa, risultando spesso opachi e in difficoltà, suonando perennemente in uno sforzato fortissimo presto stucchevole. Il direttore Roman Brogli-Sacher fa il possibile ma non è un maestro di precisione e concertazione e non sono infrequenti gli attacchi sporchi (nel tema di Senta ai legni i più evidenti) di cui hanno sofferto anche i cori (quello femminile più che quello maschile). Ciononostante egli si dimostra a proprio agio col tipo di teatralità che Wagner richiede e nel complesso la sua è una direzione convincente, con grande uso di allargamenti per enfatizzare i momenti più significativi. Su questa linea si pone anche la regia di Federico Grazzini, che utilizzando pochissimi elementi si concentra su pochi ma significativi momenti. Lo sfondo, su cui si alternano proiezioni del mare in tumulto e di nubi in tempesta, è perfetto per segnare da subito l’atmosfera scura di persecuzione che caratterizza l’opera. Gli unici elementi scenografici compaiono nel secondo atto, con una stireria al posto del classico filatoio, mentre il terzo atto è costruito con sole sedie mosse dai coristi in maniera molto efficace (prima come supporti per la baldoria, poi come scudi contro i marinai maledetti). Il finale ha subito qualche caduta di stile (un po’ trito il suicidio di Senta con pistola) ma ci è parso tutto riscattato nell’essenzialità del finale: i due protagonisti stesi a terra e illuminati da un faro mentre il resto sprofonda nell’oscurità. In perfetta linea con la musica di Wagner.

Senta (Nerebo) e l'Olandese (Hall)
Senta (Nebera) e l’Olandese (Hall)

Abbiamo detto in apertura della notevole prova di Thomas Hall nel ruolo dell’Olandese. Voce sicura e tonante anche sopra un’orchestra spesso invadente, voce scura senza essere da orco: queste due delle caratteristiche lo hanno reso di gran lunga il più convincente della serata. Si aggiunga una presenza scenica d’impatto (per l’altezza) e una buona capacità di fraseggio, dote che invece è mancata totalmente all’altro basso, Daland, interpretato da un Patrick Simper eccessivamente macchiettistico e impacciato nella linea di canto, nonostante una voce importante. Altra bella sorpresa sul fronte vocale è il tenore Tomislav Muzek, forse non ancora arrivato alla ribalta per via di un timbro non gradevolissimo ma indubbiamente dotato di una tecnica precisa e solida che gli permette anche di sfruttare le mezzevoci (con una messa di voce non molto diversa da quella usata da Kaufmann). Totalmente incapace di smorzare l’emissione è stata invece la Senta di Elena Nebera. Vero è che la parte è ingrata, ma la posizione pare da subito troppo ingolata, con conseguenti acuti perennemente a rischio intonazione (bruttino specialmente il si naturale che annuncia il sacrificio nel finale: Treu bin ich, bis zum Tod). Le cose migliori sono arrivate nelle parti concertate o quantomeno nei duetti, ovvero quando la voce non era troppo scoperta. Anche perché una volta presa bene la nota il “metallo” c’è ed è molto drammatico.

Nel complesso dunque uno spettacolo ambizioso e riuscito, seppur non senza inevitabili problemi intrinseci all’impresa. Comunque la scommessa, specialmente sul fronte registico, è assolutamente vinta, e riteniamo che l’uso delle proiezioni come fondale dinamico possa essere davvero una soluzione per il futuro dell’opera. Se ci mettiamo anche un paio di ottime scoperte vocali siamo sicuramente di fronte ad uno spettacolo meritorio e che vale la pena di seguire ancora nella sua tournée per i teatri dell’As.Li.Co. Non sappiamo se il pubblico della prima pavese abbia digerito Wagner fra un rinfresco e l’altro, ma non sono mancati a fine recita gli applausi per tutti.