Cardenio: Christian Senn
Eleonora: Paola Cigna
Fernando: Lu Yuan
Bartolomeo: Leonardo Galeazzi
Marcella: Marianna Vinci
Kaidamà: Federico Longhi

Orchestra e Coro del Bergamo Musica Festival
Direttore Giovanni Di Stefano
Maestro del coro Fabio Tartari
Regia Francesco Esposito
Scene Michele Olcese da un progetto inedito di Emanuele Luzzati
Costumi Santuzza Calì

Non può che essere encomiata la scelta del Bergamo Musica Festival di proporre un’opera ingiustamente dimenticata di Donizetti come Il Furioso all’Isola di San Domingo. In tempi recenti essa era stata riproposta nel 1998 sempre a Bergamo, allora con due fuori classe quali Bruson e la Serra. L’occasione di questa ripresa si deve a un fatto fortuito: il ritrovamento dei bozzetti di scena del grande e compianto Lele Luzzati. Questo grande illustratore, a cui è dedicato da tempo un museo personale a Porta Siberia a Genova, stava realizzando le scene per una probabile esecuzione dell’opera proprio a Santo Domingo nella Repubblica Dominicana, ma il progetto sfumò. Ecco che il ritrovamento permette ora di ricostruire una scenografia perduta grazie all’apporto di Michele Olcese, che ripropone lo stile di Luzzati mediato da un altro grande pittore, cioè Henry Rousseau, autore che potremmo definire naif e con tanti punti in comune con Lele.

Altro punto di forza di questo allestimento è stata la presenza di una storica collaboratrice di Luzzati, Santuzza Calì, costumista di origine siciliana che ha realizzato tanti spettacoli anche per l’inossidabile Paolo Poli. Potremmo definire l’arte della Calì come una ricerca a patchwork: accostare stoffe su stoffe fino a formare dei vestiti o meglio pezzi di vestiti dai colori caleidoscopici. Proprio questi fantasmagorici colori dei tessuti hanno molto in comune con gli stilemi dei disegni di Luzzati, dove si sovrappongono brani di colore uno accanto all’altro o uno sopra l’altro quasi come se un bambino governasse la tavolozza, mentre ai pennelli c’era invece un grande “vecchio” nonché un maestro dell’arte di rappresentare. Vi proponiamo le sua re-invenzione de La Gazza Ladra di Rossini, musicista così affine al Donizetti comico e semiserio. (La Gazza Ladra è infatti un’opera semiseria come appunto il nostro Furioso):

Moltissime sono state poi le invenzioni del regista Francesco Esposito, soprattutto nel primo atto dell’opera: dai panni stesi dai quali compaiono le teste dei personaggi, agli annaffiatoi che vengono calati dall’alto per simulare una pioggia surreale. Spesso si fa uso di grandi casse di bambù per portare personaggi e oggetti in scena. Bellissimo l’effetto tempesta che porta sull’isola la fedifraga Eleonora: le onde che si moltiplicano sullo sfondo sono proprio un tratto essenziale della poetica di Luzzati. Il maestro torna in vita proprio in questa magica scena!

Per quanto riguarda le voci abbiamo assistito domenica alla seconda recita, con un cast differente rispetto alla prima nei 4 ruoli principali. Protagonista assoluto Christian Senn nella parte di Cardenio, parte creata per il ventiduenne Giorgio Ronconi che sarà protagonista di moltissime opere donizettiane in seguito (prima fra tutta l’attrettanto semiserio Torquato Tasso). Avevamo sentito molto spesso Senn all’Auditorium di Milano in musica barocca dal Rinaldo alle Passioni e lo ritroviamo qui in un ruolo passionale pieno di azioni e di colpi di scena, scoprendo un efficace attore oltre che un grande cantante. La parte è veramente impegnativa, sia per qualità che per quantità, ma Senn dalla voce calda e uniforme non si è spaventato per la complessità dei registri, né nelle frasi lunghe e appassionate come la sua sortita “Raggio d’amor” (tratta dallo sfortunato Ugo conte di Parigi), né nei sapidi duetti col basso buffo Kaidamà. L’accostamento del basso buffo a quello serio ha un’origine precisa: il Teatro Valle di Roma che commissionò l’opera aveva un basso buffo in compagnia e bisognava pur trovargli una parte. Il librettista Ferretti riuscì in ogni caso ad amalgamare così bene questo ruolo in una trama che mescola il tragico al faceto da far immaginare una scelta programmatica. Meno bene gli riuscirà il secondo tentativo, ovvero il già citato Torquato Tasso, dove la parte di buffo si realizzò col personaggio di Don Gherardo, che sebbene abbia due arie amplissime e di sicuro effetto (ascoltatele!) non entra mai a far parte attivamente della trama: un vero peccato.  Nella recita a cui abbiamo assistito il ruolo di Kaidamà era interpretato da Federico Longhi, dalla corpulente stazza, col solo volto dipinto di nero, vestiva degli abiti multicolori incarnando alla perfezione l’idea di buffo. La voce, seppur bella, non era ben proiettata e i micidiali sillabati non sono riusciti affatto bene, anzi, nei duetti, quando le voci dei due bassi si univano, la voce di Longhi scompariva e la vitalità della scrittura sillabata non emergeva. Le potenzialità teatrali del buffo sono state comunque salvate dalla regia, ad esempio nella scena in cui Cardenio corteggia Kaidamà con un cappello da donna credendolo Eleonora, oppure poco dopo quando infierisce sulla sua mano e la schiaccia finché il povero servo mostra al pubblico un’enorme mano finta.

Eleonora aveva invece la voce di Paola Cigna. Il suo è un personaggio dai tratti complessi: una moglie che ha tradito il marito e torna pentita non poteva certo avere la voce di una zanzarina, una voce acuta fino allo stridulo che cercava solo nell’altezza degli acuti l’approfondimento di un personaggio che non era certo messo a fuoco. La cabaletta della sua aria di sortita (proveniente dal primo devo capolavoro drammatico di Donizetti cioè Imelda de Lambertazzi, da recuperare dall’editore Opera Rara) è risultata artefatta, tanto che, quando dopo gli applausi la cantante di sua sponte l’ha intonata di nuovo, giustamente le è stata tappata la bocca dal buffo: un giusto contrappasso!!! Il tenore in quest’opera ha un ruolo un po’ ingrato e sempre in ombra rispetto agli altri: beneficia altresì di due arie interessanti i cui pregi sono stati vanificati dal tenore Lu Yuan, che oltre a non sapere una parola di quello che stesse cantando ha solfeggiato meccanicamente tutta la parte sperando che qualche acuto finale tenuto per un tempo interminabile gli desse il successo. Il pubblico si è fatto influenzare un po’ troppo da questi acuti che nascondevano in sostanza il nulla.

Una scena corale
Una scena corale

Bene infine Leonardo Galeazzi e Marianna Vinci nei ruolini di Bartolomeo e Marcella  che con le loro belle voci hanno sorretto tutta l’introduzione, pezzo capitale dell’opera insieme al finale primo (con vari temi sempre estrapolati dell’Ugo). Nel secondo atto questa nuova edizione critica, diretta con mestiere da Giovanni di Stefano, ricolloca all’inizio il grande drammatico duetto Cardenio-Eleonora e modifica leggermente il rondò finale di quest’ultima facendone partecipe vocale anche il marito che ormai la ha perdonata. In conclusione n piacevolissimo spettacolo, specialmente per la componente scenica. Ci piacerebbe rivederlo con un cast migliore (probabilmente già quello della prima lo era), e segnaliamo che il Furioso non si ferma a Bergamo ma sarà a Savona, Rovigo e Piacenza, sperando di potervene dare ancora conto.

Fabio Tranchida