Coreografie:Mauro Bigonzetti
Musiche: Georg Friedrich Händel
Costumi: Lucia Socci e Guglielmo Capone
Luci: Carlo Cerri
scene e impianto visivo Angelo Davoli

 

Ritorna dopo il successo dello scorso anno l’appuntamento con Aterballetto al Teatro Strehler di Milano. Oltre 10.000 spettatori tra cui tantissimi giovani: queste le cifre dell’anno passato per un’iniziativa molto apprezzata dal pubblico. Se il Teatro alla Scala non sa che riproporre le solite Giselle e il solito Lago dei Cigni (per non parlare della nefasta collaborazione con Vasco Rossi) il Teatro Piccolo sa creare una piccola stagione con tanti capolavori davvero innovativi e di respiro internazionale.

Mauro Bigonzetti
Mauro Bigonzetti

Mauro Bigonzetti è il vero protagonista di queste serate dedicate all’arte coreutica. A dire il vero dall’agosto scorso Bigonzetti non è più il coreografo principale, ma per fortuna ha concesso per tre anni ancora i diritti del suo repertorio. Tra le numerose sue coreografie questa sera abbiamo visto due gemme: la prima “Come un respiro” e la seconda “InCanto”. A creare un fil rouge tra le due performances la musica di Georg Friedrich Händel. Nonostante l’Alcina e l’Ariodante, due capolavori händeliani, abbiano dei propri balletti con uno stretto senso drammaturgico e legati all’azione, si è voluta selezionare e utilizzare musica non espressamente scritta per il ballo, ma altre composizioni prestate momentaneamente alla danza.

In “Come un respiro” le Suites per clavicembalo (eseguite nella registrazione da Keith Jarret con il pianoforte) scandiscono i vari episodi, fra cui assiemi, pas de deux e assoli, tutti sotto una livida luce che fa emergere i ballerini come figure di un quadro caravaggesco. Ecco all’aprirsi del sipario tutti i tredici ballerini (otto donne e cinque uomini) legati con le braccia in una lunga spira come una presentazione davanti al pubblico. Gli uomini si fanno indietro e le otto donne a turno vengono in proscenio per dei passi a solo, creando geometrie e freddi movimenti stilizzati. I cinque uomini a loro volta saranno protagonisti del secondo movimento delle Suites di Händel. Segue un assolo della prima ballerina e poi un modernissimo duetto dove in ogni movimento la donna sottomette l’uomo e con una gestualità essenziale si rende padrona della scena. Bigonzetti insomma non inventa solamente nuovi passi ma ricodifica totalmente i ruoli ormai vetusti del balletto classico. Nel successivo movimento dedicato a due ballerine ecco delle movenze più eteree, quasi a rappresentare due aironi (con una sola gamba alzata) o addirittura due angeli che tentano di spiccare il volo. Anche nei successivi movimenti la musica sembra creata apposta per questa rappresentazione, sia nei ritmi lenti che nei veloci fugati. Tutto rimanda a una circolarità del tempo e infatti questa prima parte si conclude con tutti i ballerini sul proscenio quasi a dare commiato a un pubblico attento che ha premiato l’esecuzione con tanti applausi.

Durante la pausa abbiamo constatato un pubblico quanto mai eterogeneo con una presenza molto alta di giovani e anche tante bambine (probabilmente già avviate a qualche scuola di danza). Ottimo educare i giovani a una danza lontana dai fondali dipinti e dai tutù bianchi, una danza moderna sia negli allestimenti che nelle movenze e nei passi.

La seconda parte dello spettacolo riguardava il balletto “InCanto” in un prologo e un atto liberamente tratto dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Appare dal buio più completo un riquadro di luce illuminando una sola ballerina in posizione rialzata. Scarni accordi di clavicembalo fanno da base alla danza di 16 ballerini in costume di fasce argentee. Stupenda la coreografia della prima aria tratta dal Rinaldo di Handel: si tratta dell’aria intonata da Almirena “Augelletti che cantate”. Si narra che alla prima londinese furono in effetti liberati in scena degli uccelli che gareggiavano nei loro gorgheggi con il flauto protagonista. Le luci dello spettacolo (di Carlo Cerri) rappresentano dei rami sulla superficie convessa che chiude la scena. Sei minuti di puro canto e di pura danza. Un momento di transizione con Eternal source of light divine da “Birthday ode for Queen Anne” e il rumore di gocce d’acqua mentre i ballerini sfruttano la pedana convessa, utilizzata come moderno scivolo. Segue un Larghetto e l’aria Voli per l’aria, tratta dalle Cantate per il Cardinal Pamphili: tutto è qui giocato su un duetto uomo e donna. Due donne invece nei tre brani successivi: In Jehovah’s awful sight da Deborah, La Réjouissance dalla Musick for the Royal Fireworks e As steals the morn upon the night da L’Allegro, il penseroso ed il moderato. In quest’ultimo brano, sulle note della tromba solista, appariva un ballerino con un bastone ricurvo col quale dominava la scena dall’alto, mentre il corpo di ballo gli faceva da corona. Visivamente di grande impatto. Gli ultimi due brani sono invece molto più intimisti: May no rush intruder dal Salomon e la famosissima Ombra mai fu dal Serse.

In conclusione, uno spettacolo di rara eleganza con ottimo successo di pubblico anche giovane, una combinazione non facile da raggiungere. Vi diamo appuntamento ai prossimi balletti al Piccolo in questo mese di giugno: ci saranno delle piacevoli sorprese.

Fabio Tranchida