Otello Kristian Benedikt
Desdemona Virginia Tola
Jago Alberto Mastromarino
Orchestra Regionale dell`Emilia-Romagna
Cori dei teatri di Piacenza e Modena
Direttore: Maurizio Barbacini
Regia: Pier Francesco Maestrini
Scene: Mauro Carosi
Costumi: Odette Nicoletti
Certo è molto impegnativo mettere in scena un’opera tanto complessa come l’Otello verdiano. Le forze del Teatro comunale di Piacenza hanno fatto nel complesso un buon lavoro. Soprattutto dal punto di vista vocale i tre protagonisti assoluti hanno dato grandi prove. Il ruolo più insidioso è sicuramente quello di Iago, che alla prima alla Scala fu interpretato da Victor Maurel (già primo Simone nella 2a versione del Boccanegra e futuro protagonista di Falstaff). Il vogherese Alberto Mastromarino, baritono dalla lunga carriera alle spalle ha scolpito un mefistofelico personaggio con un grande “Credo in un Dio crudel” come coronamento. Lo stesso Verdi si rese conto dell’evoluzione del personaggio rispetto a Shakespeare, tanto da essere tentato perfino di chiamare l’opera Iago, sia per l’importanza del personaggio quanto per non confrontarsi direttamente con l’opera rossiniana omonima che all’epoca era ancora in repertorio. Il “Credo” è il punto culminante nonché banco di prova del ruolo di Iago, ed è anche la dimostrazione dell’abilità raggiunta da Verdi nel musicare testi molto particolari. Infatti essa fu aggiunta da Boito in una fase tarda dei lavori, mutuandola da un’aria dalla Gioconda (di cui era stato sempre lui librettista) che, senza il sostegno della musica di Verdi ma in mano a Ponchielli, venne eseguita solo nelle prime stagioni e poi sostituita. Non meno complesso è il modernissimo ruolo vocale di Otello, che con il suo “Esultate” deve rivaleggiare con la tempesta da poco scemata. Ci vuole un attore e cantante capace di dare credibilità alla gelosia che lo tormenta e che lo porta atto dopo atto sempre più in basso. Tamagno fu il primo Otello alla Scala: noi abbiamo ascoltato il lituano Kristian Benedikt, dotato di una analoga potenza vocale. Ottima tenuta anche nella parte più baritonale della voce, così sollecitata dalla scrittura verdiana. Nel terzo atto prima del grande concertato abbiamo notato alcuni cedimenti vocali forse dovuti a stanchezza ed eccessiva foga nei primi due atti. Ma i problemi dopo l’intervallo prima del IV atto non si sono più ravvisati nell’ultimo atto. Anzi il suo duetto con Desdemona è risultato essere perfetto e grande prova drammatica il suo suicidio con una morte straziante e verista.

L’italiana Virginia Tola ha sostituito Yolanda Auyanet nell’arduo ruolo di Desdemona. Il nome stesso richiama sventure nella sua etimologia greca, δυσδαιμων, che significa “dal destino avverso” o, come si dice nell’opera, “nata sotto cattiva stella”. Ed è proprio il caso di dirlo, mai etimologia fu più azzeccata: nomen omen. La cantante non ha in effetti soddisfatto completamente soprattutto quando gravitava nella regioni più acute dove la sua voce si rimpiccoliva e sgranava. Peccato perché come sosteneva Verdi Desdemona dovrebbe cantare cantare e cantare sempre inanellando stupende melodie, a differenza degli altri protagonisti in cui lo sconfinamento nel recitativo e spesso presente.
Vero capolavoro nel capolavoro le scene di Mauro Carosi e i costumi di Odette Nicoletti (si tratta di una ripresa dello spettacolo del 1981 di Parma) due artisti che hanno spesso lavorato insieme con traguardi di vera eccellenza. Basti ricordare Nabucco e Flauto Magico alla Scala e le opere per e di Roberto de Simone. Spettacolo classico dunque ma veramente ricco di colori e sfumature. Invece di ricercare sempre la novità a tutti i costi spendendo inutilmente milioni approdando a risultati modesti ecco qui l’occasione di riproporre un vecchio spettacolo ma di grande valore.

Unica nota dolente della serata la direzione e l’orchestra. Verdi scrive l’opera per l’orchestra della Scala sul finire del’800. Quindi siamo sempre stati abituati a sonorità turgide, ricche di armonici e dai potenti ottoni. Niente di tutto questo era ravvisabile nella compagine di Piacenza. L’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna innanzitutto era visibilmente ridotta specialmente nella sezione archi. Quattro contrabbassi vanno bene nella Lucia non certo nell’Otello. Oltretutto i difetti sono stati evidentissimi proprio nei primi 20 minuti dell’opera: la spaventosa tempesta che dovrebbe imperversare in scena era un piccolo temporalino visto le asciutte sonorità, la scarsa potenza di fiati e ottoni, l’inudibilità dell’organo (per giunta elettronico) che avrebbe dovuto creare un tappeto sonoro dissonante durante tutta la lunga prima scena. C’erano almeno durante il temporale tanti episodi corali che hanno salvato la scena. Il coro è stato infatti buono e, anche se numericamente ridotto, ha dato il meglio di sé.
Tanti applausi alla fine per tutti. Abbiamo goduto di uno spettacolo tradizionale ma che era una vera gioia per gli occhi. Esperienze da ripetere e che segnalano la vitalità e la passione tutta italiana per l’opera. Invitiamo tutti il 6 aprile per un altro spettacolare Trovatore sempre qui al Teatro Municipale di Piacenza. ESULTATE!!!
Fabio Tranchida