Cast:
Paolo Poli
Fabrizio Casagrande
Daniele Corsetti
Alberto Gamberini
Giovanni Siniscalco

Regia: Paolo Poli
Coreografie: Claudia Lawrence
Scene: Emanuele Luzzati
Costumi: Santuzza Calì
Musiche: Jacqueline Perrotin

Paolo Poli con la sua grazia e la sua intelligenza crea sempre degli spettacoli che attirano l’attenzione di un vasto pubblico. Aquiloni, la sua ultima fatica in scena all’Elfo Puccini di Milano fino al 13 Gennaio, concilia la parte “seria” dello spettacolo, con le poesie di Giovanni Pascoli, con la parta più “frivola”, nella riproposizione di divertenti canzoncine spesso interpretate da Poli e dai suoi 4 attori en travesti.

Lo spettacolo inizia con i cinque in costume da uccelli dalle sfarzose piume rosse. I costumi sono stati realizzati dall’abile Santuzza Calì, da anni collaboratrice fissa di Poli. Si recupera subito una canzone di Tosti e Pagliara (“E’ l’aprile la stagion d’amore”) prima di passare alla poesia L’Aquilone che dà il titolo allo spettacolo. La poesia viene scandita con la consueta verve e velocità dall’attore, con i suoi accenti e cambi di registro che abbiamo ormai imparato a conoscere. E’ una cifra che ha creato un imprinting nella nostra testa  fin da bambini, quando lo sentivamo leggere la favola Pinocchio di Collodi.

La compagnia al completo
La compagnia al completo

Dopo altre poesie ecco “La morte del Papa”, sempre di Pascoli, dove Poli interpreta la nonna sullo sfondo delle scenografie che riprendono quadri di Segantini; alcune scene, come queste ultime, non sono state realizzate dal grande Luzzati che come sappiamo è morto nel 2007. Seguono altre due orecchiabili canzoni di Tosti, “Malìa” e “L’ultima canzone”, che godettero in passato di enorme popolarità, quando ecco il fiorentino Poli recuperare una delle sue amate filastrocche toscane: “Fate la nanna coscine di pollo”, un nonsense di sicuro effetto. Prima di concludere la prima parte dello spettacolo c’è tempo ancora per altri tre giri di eclettismo vocale e poliglotta: sono tre tappe internazionali con una canzone spagnola, una tedesca e per finire in bellezza la versione francese di “Fra Martino”.

Inizia il secondo atto con altri pezzi di folklore come “La Cucaracha” e con altre poesie di Pascoli (“i 2 fanciulli”, “Dialogo”, “Novembre”, “Pioggia”e “Vagito”). Spesso queste poesie vengono interpretate dai 5 attori che si dividono le parti creando un interessante dialogo e tenendo desta l’attenzione grazie alla varietà dei timbri. Il numero più divertente è stata in ogni caso la riproposizione di una famosa canzone “Vieni pesciolino mio diletto vieni”, che Poli, vestito da donna, cantava tendendo una canna da pesca verso il pubblico. I non più giovani ricorderanno questa stessa canzone interpretata nel varietà televisivo Milleluci del 1974 con Poli, Mina e la Carrà in una performance intitolata “Spettacolo al Tabarin”. Le immagini di repertorio sono facilmente reperibili su Youtube e ve le linkiamo volentieri:

Velocissimi i cambi di vestiti tra una scena e l’altra. Un batter d’occhio e siamo ancora una volta di fronte ad una deliziosa nonnina (sempre coadiuvata dai quattro), questa volta recitante una lunga poesia dal titolo “Italy”. Un altro batter d’occhio e ci troviamo invece un grottesco generale che intona la canzoncina “Tripoli, sventoli il tricolore su le tue torri” (di Giovanni Corvetto su musica di Colombino Arona): siamo in un attimo proiettati nel lontano 1911, in un’Italia ancora coloniale. Senza cambiar costume (stranamente!) ha intonato anche “Bel soldatin” di Mazzoli, con musica di Sergio Ala, mentre portava in scena niente meno che una bottiglia di OLIO DI RICINO!

Concludono infine trionfalmente lo spettacolo la famosa canzone “Fascination” di Dick Manning e Marchetti, ed il valzer di fine atto da “La vedova allegra” di Léhar. Come bis un ulteriore cambio di genere con una citazione del capitolo quarto de “I promessi sposi”  (avremmo preferito una poesia di “Argia Sbolenti”!).

Se non fosse chiaro dalla cronaca, è uno spettacolo tutto giocato sulla sottile ironia. Splendidi i costumi e le scene, per la maggior parte di Emanuele Luzzati, a cui è dedicato un libro con eccezionale apparato iconografico che Poli ha presentato prima dello spettacolo nel foyer del teatro. In questa sua intervista non sono state poche le nostre risate avendo l’attore ancora la sua graffiante cattiveria. Restiamo in attesa di quali nuovi autori si nutrirà la fantasia del nostro per poter godere ancora della sua verve e recitazione “magica”.  All’anno prossimo dunque!

Fabio Tranchida